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Quanta ipocrisia sulle morti per droga

by La Redazione
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Roma, 13 ago – Negli ultimi giorni due casi di intossicazioni mortali da droghe: un ragazzo, portatore inconsapevole di un difetto cardiaco, muore dopo aver assunto una dose di droga ricreativa eccitante; una ragazza muore dopo aver assunto una sostanza ancora non identificata, forse ecstasy di cui andava in cerca.

La tradizione (dis)informativa sulle droghe comprende una linea di ragionamento che si ripete sempre uguale, e cioè che quando le droghe uccidono o producono reazioni abnormi ci dev’essere qualcosa di strano.

Overdose di eroina? Forse era “tagliata male”…Forse era “mescolata” con chissà cosa, forse con qualcosa di “sintetico”. Perché nella mitologia della droga il naturale è meglio del sintetico, e la tossicità deriva non dalla droga ma da contaminanti inseriti forse per sbaglio, forse per terrorismo.

Ecstasy? Avrà fatto male perché è sintetica…E poi, altro elemento della mitologia mediatica sulla droga, il ragazzo che si droga in discoteca, perfino a un rave party, evidentemente lo ha fatto in una condizione di non completa consapevolezza, tanto da ipotizzare con regolarità che qualcuno gli abbia allungato un bicchiere con qualcosa dentro, o che gli abbia dato una pasticca dicendo che magari erano vitamine.

Ora, è vero che esistono droghe somministrate di nascosto per stuprare o derubare le persone, ma qui stiamo parlando d’altro, e cioè del noto e per niente strano fenomeno di massa che coinvolge generazioni di giovani e meno giovani: la ricerca di stimoli tramite sostanze. Non c’entra il naturale o il sintetico: ci sono incidenti con l’alcol e con l’ecstasy. Chi assume queste sostanze lo fa per piacere, e quindi è propenso a accettare il rischio, e anche in maniera non proporzionata alla conoscenza che ha delle proprie reazioni corporee ad una droga. Ad esempio tra le persone che soffrono di problemi mentali e programmano di consumare alcol o droghe, la preoccupazione fondamentale non è l’effetto sulle loro condizioni mentali, ma “farà mica male presa insieme ai farmaci ?”. La pericolosità delle sostanze in sé è sbandierata per distogliere inutilmente i giovani dall’uso, dopo di che quando qualcosa di grave accade si va a cercare l’elemento accidentale (la droga data di nascosto, il taglio maligno etc).

Che la vigilanza sul consumo sia affidata ai gestori dei locali ricreativi è quanto di meno efficace si possa pensare, visto che i consumatori non sono corrotti da qualche spacciatore che si mescola tra la folla, ma sono di regola in cerca di un luogo e di un contesto dove consumare. Non che i gestori dei locali siano tutti al corrente di dove, chi e di preciso cosa si spaccia, ma certamente non è neanche loro interesse approfondire o andare contro il loro target. Che un barista di quartiere rifiuti l’ennesimo bicchiere al cliente alcolista è possibile, che un locale boicotti le tendenze della propria clientela, specialmente se poi gli “atti” di spaccio si consumando tecnicamente fuori dai locali, è veramente improbabile.

In più, è sottovalutato il piccolo spaccio, e da sempre considerato lieve e poco interessante rispetto invece allo spaccio organizzato. Ciò permette una capillarizzazione estrema senza grossi rischi, lo spaccio “tra amici”, lo spaccio occasionale, solo in determinate sere sapendo di incontrare determinate persone.

Fare prevenzione direttamente sul posto non ha modificato granché la situazione, perché può essere utile a chi conosce già il rischio, e impara a gestirlo, più che a chi ha deciso di non tenerne conto o di provare comunque. Va tenuto conto che le sostanze sono euforizzanti, e che le persone ebbre ed euforiche non tendono a moderarsi, ma insistono con i comportamenti euforizzanti, eccedono. In un crescendo esponenziale di rischio: si usa la prima sostanza per essere abbastanza euforici da usare la seconda, poi la terza per bilanciare l’effetto della seconda ed essere ancora più euforici, e così via.

Esiste poi una subdola tendenza, e cioè quella a parlare di più delle droghe leggere, come a supportare la tesi per cui per queste droghe ci vorrebbe sicurezza, mentre per le altre (eroina) vada come deve andare, che si dannino pure. Ciò è sbagliato, sia perché i mezzi per prevenire l’uso e la mortalità da eroina sono maggiori e funzionano, sia perché i rischi delle droghe leggere non sono soltanto la mortalità, ma anche i danni cerebrali, che non finiscono sui telegiornali. Per la marijuana questa tendenza è così consolidata che neanche è menzionata (eppure c’è, eccome) come fonte di casi di cronaca nera o danni sanitari.

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