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Enrico Pedenovi: quando il ricordo costava la vita

by La Redazione
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Enrico Pedenovi

Roma, 23 apr – Esattamente un anno è passato da quel 29 aprile 1975, quando il giovanissimo Sergio Ramelli si spense dopo un’agonia durata quarantasette giorni. Ad un anno di distanza, sta per avvenire la prima commemorazione del giovane del Fronte della Gioventù assassinato da un commando di Avanguardia Operaia. È prevista anche la partecipazione di un volto noto della destra milanese: l’avvocato e consigliere provinciale del Movimento Sociale Italiano Enrico Pedenovi. A quella prima commemorazione non arriverà mai.

Pedenovi, dalla RSI al MSI-DN

Ma facciamo un piccolo passo indietro. Nato il 2 settembre 1926 a Pavia, Enrico Pedenovi aveva scelto appena diciottenne di aderire alla Repubblica Sociale Italiana, arruolandosi nella X Flottiglia MAS. Dopo la guerra conseguì la laurea in giurisprudenza, esercitando la professione di avvocato. In continuità con il sostegno dato alla Repubblica Sociale, nel dopoguerra si iscrisse al MSI e, trasferitosi a Milano, venne eletto consigliere provinciale nella lista MSI-DN. Con l’elezione a consigliere provinciale, Enrico Pedenovi diviene volto noto, entrando di conseguenza nel mirino della sinistra extraparlamentare milanese: in testa a tutti, Lotta Continua e Avanguardia Operaia. Fu proprio Avanguardia Operaia, che si sarebbe di lì a poco resa responsabile dell’omicidio di Sergio Ramelli, a stilare una lista di “militanti fascisti” da colpire. Una vera e propria lista di proscrizione intitolata “Pagherete tutto”. In questa lista era presente anche il nome di Enrico Pedenovi. La lista venne così pubblicata sul giornale di Lotta Continua. E le conseguenze della follia dell’antifascismo non tardarono ad arrivare. Sergio Ramelli venne così sprangato a morte il 13 marzo del 1975 e, dopo quarantasette giorni di agonia, morì il 29 aprile 1975. Come abbiamo detto all’inizio, in occasione del primo anniversario della morte di Ramelli è prevista alla cerimonia anche la presenza di Pedenovi, come figura di spicco del MSI milanese. Avrebbe dovuto essere proprio lui, in quel pomeriggio del 29 aprile 1976 a tenere l’orazione commemorativa per Sergio.

L’agguato a colpi di pistola

La mattina esce quindi dalla sua abitazione in Viale Lombardia, dove vive con la moglie e le due figlie, per andare in ufficio. Dopo aver percorso appena un centinaio di metri in auto verso piazza Durante, si ferma ad un distributore di carburante: un commando di tre uomini armati lo sta attendendo proprio lì. Effettuato il rifornimento, Pedenovi risalare a bordo della propria auto per procedere verso il suo studio, sta per girare le chiavi ed inserire la prima: in quell’istante i tre uomini aprirono il fuoco contro la vettura. Pedenovi muore sul colpo, crivellato da sei colpi di pistola. I tre fuggirono poi a bordo di una SIMCA, rubata apposta per l’esecuzione dell’agguato. Gli autori dell’omicidio erano fuoriusciti da Lotta Continua, che di lì a poco avrebbero dato vita a Prima Linea. L’uccisione di Enrico Pedenovi, infatti, nelle intenzioni degli assassini, avrebbe dovuto essere la prima “prova di omicidio” per i terroristi della futura Prima Linea, organizzazione che sarebbe diventata una delle principali sigle della galassia rossa degli anni Settanta, seconda solo alle Brigate Rosse.

Processo a Prima Linea

Per l’omicidio vennero condannati, nel contesto del più ampio “Processo a Prima Linea”, Bruno La Ronga e Giovanni Stefan come esecutori materiali. Un altro, Piero del Giudice, venne condannato come concorrente morale. Tuttavia, al momento della sentenza, Giovanni Stefan era latitante e quando rientrò in Italia la Corte di Cassazione dichiarò prescritto il reato, mentre Del Giudice si vide assolto dal ruolo di concorrente morale. Esattamente come per l’omicidio di Sergio Ramelli, i colpevoli girano a piede libero tra noi: chi per prescrizione del reato, chi per la bassissima pena a cui è stato condannato. Enrico Pedenovi, come Sergio Ramelli, non era un provocatore: egli era anzi noto per la sua indole pacata e tranquilla, per la sua correttezza sia in ambito professionale come avvocato, sia in ambito politico come consigliere provinciale del MSI. Fu tuttavia scelta per quella tragica “prova di omicidio” in quanto ritenuto un bersaglio facile.

Braccia levate al sole

Pedenovi fu una delle vittime dell’odio antifascista di quegli anni. Anni duri, in cui una scelta come quella di Enrico, così come quella di Sergio, poteva costare di tornare a casa ogni giorno con qualcosa di rotto se non peggio. Tutto questo era frutto, da un lato del fattore di superiorità numerica schiacciante della sinistra extraparlamentare e dall’altro dell’influenza e della sensazione di impunità di cui certi “compagni” godevano (e di cui, diciamolo, godono ancora oggi). Tra pochi giorni ricorreranno i cinquant’anni della morte di Sergio Ramelli e gli ottant’anni della morte di Carlo Borsani. Tra un anno saranno i Cinquant’anni della morte di Pedenovi. Visto che Enrico ha perso la vita proprio nel giorno in cui avrebbe avuto l’onere e l’onore di essere il primo a commemorare Ramelli, questo cinquantenario della morte di Sergio è ancora più importante: cinquant’anni fa Enrico Pedenovi l’avrebbe commemorato per la prima volta. Oggi, dopo cinquant’anni, “sono tutti qui, con le braccia levate al sole” come dice una canzone. Cinquant’anni dopo, quelle braccia alzate al cielo vogliono dire solo una cosa: “Carlo, Sergio, Enrico: ce l’abbiamo fatta!”

Enrico Colonna

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