Roma, 19 mar – La sinistra italiana è in lacrime: oggi è stato “vilipeso” uno dei loro “testi sacri”, proprio alla Camera e proprio dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. A far scoppiare i pianti delle opposizioni è stata la lettura da parte della premier del Manifesto di Ventotene, solo per poi prenderne le distanze: “Non è la mia Europa“.
Il manifesto di Ventotene sbugiardato dalla Meloni
Fornaro (Pd): “La Meloni si inginocchi davanti ai padri d’Europa”. Le reazioni scomposte della sinistra si possono riassumere in una furia isterica e inquisitrice, che dai parlamentari all’Anpi hanno mostrato tutta la loro inconsistenza nel chiedere scuse e abiure. La premier ha iniziato la serie di citazioni, “a beneficio di chi ci guarda da casa e per chi non dovesse averlo mai letto“: “La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista”; “La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso”; “Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente”; “Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro di sé uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni”; “La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria”. E mentre in aula risuonavano urla e proteste delle opposizioni, Meloni si è rivolta verso i banchi del centrosinistra dicendo “fermi, fermi”, ed è intervenuto anche il presidente della Camera Lorenzo Fontana per richiamare all’ordine. Il partito rivoluzionario, ha ripreso poi Meloni proseguendo nelle citazioni del Manifesto di Ventotene, “attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma dalla coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle informi masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato, e intorno ad esso la nuova vera democrazia”. “Non so – ha concluso la presidente del Consiglio rivolta alle opposizioni – se questa è la vostra Europa ma certamente non è la mia“.
Residualità antifascista
In Aula dopo la sentenza Meloniana c’è stato il crac che ha costretto Fontana a sospendere la seduta: proteste dai banchi delle opposizioni che si sono trasformate in una bagarre. Se c’è una cosa che la sinistra italiana non può reggere è quando vengono violate le tavole della (loro) legge. Perchè non importa il contenuto: se è stato scritto da esiliati dal Fascismo è automaticamente intoccabile, anche se ci fosse scritto che 2+2 fa 5. Tra i più incisivi, si fa per dire, Pagliarulo dell’Anpi che ricorda: “Sappiamo bene che non è l’Europa della Meloni. Infatti è la nostra idea d’Europa. È l’Europa degli antifascisti“. Al diavolo l’altra metà (forse qualcosa di più) che invece non è stata mai antifascista ma ha creduto ad un progetto di nuovo ordine europeo che non si fondasse sui loro valori. In ogni caso, la discussione su Spinelli e Rossi è roba da torcicollo, soprattutto perchè ha perso ogni significato di fronte a un’Unione Europea che di certo da Ventotene non ha preso i connotati della giustizia sociale, solo quelli di un utopistico pacifismo anti-nazionale, per poi mischiarli ad un capitalismo finanziario che ha messo l’economia sopra la politica. Il Manifesto di Ventotene è l’eredità utopistica di un progetto mai iniziato. Nemmeno da loro che si professano suoi fedeli. Forse sarebbe meglio riscoprire quello di Verona.
Sergio Filacchioni