Roma, 15 mar – Mondo del calcio e musica. Specialmente in Gran Bretagna, sono due mondi che spesso hanno proceduto sullo stesso piano, con canzoni che non nascono nemmeno abbinate al football, ma che poi ad esso si sono legate inscindibilmente. Penso per esempio a quello che è considerato l’inno da stadio più famoso del mondo. Vale a dire You’ll Never Walk Alone, la cui versione di Gerry and the Pacemakers è diventata l’inno del Liverpool. Oppure I’m Forever Blowing Bubbles, fin dagli anni ’40 cantata dai tifosi del West Ham United e diventata poi un vero e proprio canto di guerra grazie alla versione dei Cockney Rejects. Ma oggi voglio raccontare la storia di un brano forse meno noto, ma a mio avviso ancora più toccante, che ha colto nel segno il rapporto che esiste tra tifoseria, club e comunità di appartenenza. Sto parlando di Sunshine on Leith dei The Proclaimers.
Leith, non solo Trainspotting
I Proclaimers sono un duo pop scozzese, con spiccate influenze folk e punk, composto dai gemelli Craig e Charlie Reid, nati a Leith il 5 marzo 1962. Leith è un distretto di Edimburgo dove si trova il porto cittadino. È diventato estremamente popolare a partire dagli anni ’90 perché lo scrittore Irvine Welsh ne è originario. Ed ha ambientato lì molti dei suoi scritti, tra cui Trainspotting. Grazie alla pellicola di Danny Boyle tratta dal romanzo, Leith è così diventato molto celebre. E, da zona degradata con altissimi tassi di disoccupazione, criminalità e tossicodipendenza, ha subito un’opera di gentrificazione che lo ha portato a diventare meta turistica. E con una fervida attività artistica.
I gemelli Reid, dopo aver suonato in diverse band punk, formano i Proclaimers nel 1983. Successivamente mandano un loro demo agli Housemartins, che ne rimangono colpiti. E li vogliono con loro in tour nel 1986. Nel 1987 esce il loro primo album, dal titolo This Is The Story, ma è con Sunshine on Leith dell’anno successivo che ottengono un successo mondiale. La fama internazionale arriva con il singolo I’m Gonna Be (500 Miles), che al primo ascolto può sembrare una canzone d’amore. Ma le 500 miglia che l’uomo è disposto a compiere sono quelle per comprarsi un pacchetto di sigarette, avendo finito quello precedente! In Scozia è talmente popolare che viene irradiata dagli altoparlanti dello stadio di Murrayfield dopo ogni meta casalinga durante le partite del Sei Nazioni.
Calcio e musica: Sunshine on Leith
Ma ad entrare nella storia del binomio calcio/musica è il secondo singolo estratto dal disco. Sunshine on Leith è una struggente ballata d’amore, sia tra due persone, sia tra le persone e la comunità stessa. Ecco così che la luce del sole su Leith è vista come una benedizione perché illumina la donna amata. Ma come si è arrivati dalla donna alla squadra di calcio?
I Proclaimers sono da sempre grandissimi tifosi dell’Hibernian, il club che ha sede proprio a Leith, precisamente allo stadio di Easter Road. Ecco così che quando nel 1990 si erano diffuse le voci sul fatto che la società potesse essere rilevata dal proprietario degli storici rivali cittadini degli Heart of Midlothian, la comunità di Leith organizzò la campagna Hands Off Hibs (Giù le mani dagli Hibs). Con tanto di marce organizzate in città. Marce alle quali aderirono anche i due gemelli ed ecco che la canzone ne divenne la voce ufficiale di lotta, seguita anche dal successivo singolo I’m on My Way.
Il trionfo in Coppa di Scozia
E così, senza che ci fosse bisogno di rendere ufficiale la cosa, l’inno prese a suonare dopo ogni vittoria importante, culminando con il trionfo in Coppa di Scozia del 2016 (l’Hibernian non vinceva la coppa dal 1902). Migliaia di persone in estasi lo cantarono durante la sciarpata allo stadio e nella successiva parata lungo le strade di Leith. Parole d’amore e di lotta, quindi, che persino in questo calcio stereotipato, riescono a commuovere e a far scendere una lacrimuccia persino ai più duri di cuore.
Concludo con una curiosità: la canzone è così toccante che sempre più gente nel Regno Unito (anche se non tifosi degli Hibs) la richiede come ultimo saluto al proprio funerale.
Roberto Johnny Bresso