Roma, 28 nov – Torno oggi ad occuparmi di sottoculture, consigliandovi un film poco conosciuto che però merita assolutamente di essere riscoperto, vale a dire 16 Years of Alcohol di Richard Jobson. Questo film scozzese del 2003, con protagonista Kevin McKidd (Tommy di Trainspotting, tanto per intenderci), e con un cameo pure di Ewen Bremner (Spud, per farci salire la nostalgia del film di Danny Boyle), ci catapulta nella Edimburgo tra gli anni ’60 e gli ’80, ma non è solo un film, è un vero e proprio pugno allo stomaco, che ci costringe a fare i conti con la nostra vita e le nostre scelte.
Un manuale di istruzioni sulla vita
Ammetto di averlo ormai visto una decina di volte e credo lo vedrò almeno altrettante, perché è una specie di manuale di istruzione sulla vita (almeno per chi la vive in un certo modo) e, se mai diventassi Ministro dell’Istruzione, lo farei trasmettere nelle scuole. L’ho visto quando ero a pezzi, l’ho visto ubriaco, l’ho visto da sobrio, l’ho visto quando stavo bene… Insomma, lo uso un po’ come una medicina. Come forse lo ha usato lo stesso regista, trasferendo sul grande schermo il suo romanzo semi autobiografico che parla tra le righe di suo fratello, ahimè morto di alcolismo.
La storia di Frankie, bambino tifoso dell’Hibernian di Edimburgo, con un padre alcolizzato e infedele, ma di grande fascino, che poi, carico di odio, diventa uno skinhead. Un violento, a sua volta un bevitore, ma che allo stesso tempo trasuda intelligenza, romanticismo e voglia di scappare da questa vita che gli sembra tatuata addosso. Può essere la storia di tutti noi: la storia di sliding doors che si aprono e si chiudono, di scelte che possono condurre al baratro o alla salvezza, di persone che diventano incubi e di altre che conducono ai sogni. Edimburgo è lì da sfondo e da protagonista: giri un angolo e c’è tutta la natura scozzese, ne giri un altro e ci sono i pub bui e solitari che trasudano whisky e angoscia.
“16 Years of Alcohol”, tra Arancia Mecccanica e Canto di Natale
E poi c’è la musica (straordinaria) e lo stile dei ragazzi di strada, ci sono le ombre del passato che non chiudono mai con te e le donne che, forse, sono lì apposta per gettarti l’ancora alla quale attaccarti. Una storia che è metà strada tra Arancia Meccanica e Canto di Natale di Charles Dickens. “Certe volte, per certa gente, le cose non vanno come uno sperava. La speranza è una cosa strana, è come una moneta nelle mani di chi sa di essere un perdente. Più conosci la speranza e meno la trovi attraente. Belle e buie parole sospese tra il dire e l’agire, ma io ho promesse che non voglio tradire…” è il refrain di Frankie e del film.
Si potrebbe pensare che il film sia intriso di assoluto pessimismo allora (e il finale in questo non aiuta, o forse lascia aperta un’ennesima porta? Chissà), ma non credo che in fondo sia così: Richard Jobson ha voluto celebrare la sconfitta del fratello, ma è appunto una celebrazione: lui è anche il cantante degli Skids, la punk band di The Saints Are Coming (l’avrete molto probabilmente ascoltata nella versione degli U2 e dei Green Day) e quindi i Santi stanno arrivando. Non ha senso perdere del tutto la speranza, perché a volte in tasca magari si può trovare la moneta vincente.
Roberto Johnny Bresso