Roma, 22 nov – Ancora polemiche su Biancaneve, remake live action del classico Disney che uscirà nelle sale dal prossimo 20 marzo. Protagonista negativa questa volta è Rachel Zegler, sul set interprete in carne ed ossa della principessa resa celebre dai fratelli Grimm – e successivamente proprio dal film d’animazione del 1937. O meglio un post pubblicato su Instagram, prontamente rimosso e al quale sono seguite le scuse (probabilmente imposte dall’alto) della diretta interessata. Ma andiamo con ordine.
Il post di “Biancaneve”
Siamo all’indomani delle elezioni americane. Donald Trump ha appena ricevuto dal popolo il secondo mandato presidenziale e la signorina Zegler – a dir poco infastidita dall’espressione della volontà democratica – decide di sfogarsi sul proprio profilo Instagram. “Sono senza parole. Altri quattro anni di odio, che ci porteranno verso un mondo nel quale io non voglio vivere, nel quale sarà difficile crescere mia figlia, che la forzerà ad avere un figlio che non vuole” chiosa con un probabilissimo riferimento al discorso sull’aborto (questione che il noto imprenditore demanderà ai singoli stati). Nella prospettiva di “un mondo spaventoso”, con il “cuore spezzato” l’attrice rassicura però i suoi follower: “sono con voi, per piangere, urlare e abbracciarsi”. Mal comune mezzo gaudio,verrebbe da dire.
Ma non è finita qui. “Possano i sostenitori di Trump non trovare mai la pace” continua il post, per poi concludersi – toni che sarebbero piaciuti ai primissimi grillini – con un invito al futuro presidente. Verso dove? Lasciamo ampio spazio all’immaginazione del lettore.
Il woke è eterno finché fattura
Così dopo l’immancabile appello alla fuga da X e la prevedibile pioggia di accuse – si è pur sempre rivolta al 51% degli elettori (consumatori) a stelle e strisce – qualcuno deve aver consigliato alla novella Biancaneve di fare marcia indietro. Un clic per cancellare, un paio di frasi per cospargersi il capo di cenere. Funziona così con il capitale: pare proprio che alla Disney qualcuno inizi a capire che il woke è eterno finché fattura.
Sì, perché (come ben sappiamo) i quadri a libro paga del buon Topolino – tra un blackwashing e un particolare gay-friendly, passando dall’immancabile occhiolino al femminismo – ultimamente ci hanno provato in tutti i modi a farsi volere bene dalla parte di mondo politicamente corretta. Anche la scelta della Zegler – origini colombiane e polacche – per lo specifico ruolo è stata largamente contestata: un profilo che in effetti con la figlia della regina “dalle labbra rosse come il sangue e pelle bianca come la neve” c’azzecca ben poco. Ma, secondo noi, l’analisi dovrebbe essere più profonda.
Una Biancaneve svuotata della sua essenza
Dimentichiamoci quindi la versione della storia che tutti conosciamo: sarà Biancaneve perché “sopravvissuta a una tempesta di neve accaduta quando era piccola, per ricordarle la sua resilienza”. A proposito di uscite grottesche: è stata la stessa Zegler, un quindicina di mesi fa, a dire di aver letteralmente odiato l’originale degli anni ‘30. Senza soffermarsi sulla polemica dei nani – sì, c’è stata anche quella – non aspetteremo nemmeno il principe e con esso il salvifico concetto di amore. Ovvero il completamento della persona nell’unione tra uomo e donna, fumo negli occhi per i talebani del gender. La pellicola non è ancora nelle sale ma la combo di tutti gli elementi descritti rischia davvero di tramutarsi in un grandissimo flop al botteghino.
Prepariamoci a una Biancaneve che “sta sognando di diventare la leader che sa di poter essere” perché “non siamo nel 1937”. Ma il nodo della questione è un’altro: l’essenza della narrazione che tutti conosciamo non è figlia della prima metà degli anni ‘30. Non contestiamo quindi per partito preso eventuali modifiche a storie raccontate e fatte proprie di generazione in generazione. Le fiabe però devono educare, non intrattenere. Non seguono mai la moda del tempo ma si fanno portavoci di un’etica e di uno spirito – collegati al Mito – da tramandare. Parole e simboli che esprimono l’armonia del Cosmos.
Prerogativa di pochi
È una questione di virtù, prerogativa di pochi. Cosa nettamente differente dall’inclusione forzata delle minoranze, da trame svuotate del proprio significato. Anche perché, a dirla tutta, il catalogo Disney era già ampiamente multiculturale di suo – pensiamo ad Aladdin, Pocahontas, Il gobbo di Notre Dame o Mulan. “Se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo” recita l’ironico assioma conosciuto come legge di Murphy. Per lo meno negli studios della Disney – a differenza del recente passato – stanno cercando di metterci una pezza.
Marco Battistini