Roma, 29 lug – Qualcuno l’ha detta giusta. Nella fattispecie, Daniele Scalea del Centro Machiavelli, sulla sua pagina Facebook, scrivendo queste parole: “La Francia aveva un’opportunità per comunicare al mondo la sua storia plurimillenaria, le sue glorie passate, il suo inestimabile contributo alle arti e alla scienza, e invece ha deciso di usare la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi per dire: “Siamo gay”. Perché sì, la sintesi è efficace e incontrovertibile: con lo spettacolo imbarazzante di sabato scorso, con la cerimonia per l’inaugurazione delle Olimpiadi di Parigi, la Francia ha sacrificato agli Lgbt la propria storia. Ovviamente portandosi dietro pure quella cristiana.
La Francia da Voltaire alle blasfemie Lgbt sull’Ultima Cena
Qualcuno potrebbe risalire addirittura a lui, François-Marie Arouet, per gli amici illuministi Voltaire, nel senso critico del termine, ma non ha granché senso. Perché la robaccia a cui abbiamo assistito con il lume della ragione ha ben poco a che vedere. Molto ce l’ha – al contrario – con la difesa di uno status quo, quello della cultura arcobalenata aggressiva e umiliante, desiderosa di conquistare qualsiasi spazio che gli si pari davanti, incluso quello del mondo antico, tra citazioni imbarazzanti sul Dio Bacco e strambi riferimenti al fatto che nell’epoca classica l’omosessualità fosse accettata (peccato che nessun omosessuale di quell’epoca pretendesse di allevare bambini insieme ad altri omosessuali, ma questi sono dettagli che i “colti” forse non conoscono).
La figuraccia francese al cospetto del mondo è ben sintetizzata anche dalla figura pavida di Thomas Jolly, uno degli autori della cerimonia, che si “scusa” per aver rappresentato il dipinto di Leonardo come un guazzabuglio di gay pride, trans e affini. “Non volevamo offendere, non era l’Ultima Cena”. Ora, che lo fosse ci arriva anche un analfabeta, dunque negare l’evidenza non è che sia esattamente un atto di furbizia, ma le scuse mostrano il livello imbarazzante di queste persone, pronte ad alzare la voce solo da posizioni di forza. Il dominio Lgbt sulla cultura di massa è un fatto acclarato, probabilmente sabato hanno tirato troppo la corda. Solo che non se lo aspettavano. E da qui la piena manifestazione della propria mediocrità, dalle idee concepite alla capacità di tenere il punto.
Perfino a sinistra storcono il naso
L’editoriale di Repubblica – non del Primato Nazionale, quindi – ha un titolo inequivocabile: “Olimpiadi, la cerimonia d’apertura una sfilata autocelebrativa che ha oscurato gli atleti”. Per carità, nulla che ponga la questione su binari di lotta per il diritto dell’essere umano a rimanere tale, con tanto di sessi maschile e femminile (e non certamente di inesistenti “donne col pene”), perché si sa, il giornale diretto da Maurizio Molinari non smetterà mai di essere il megafono principale della propaganda distruttrice arcobaleno, ma la pacchianata è riuscita a sconvolgere perfino loro, il che qualcosa vuol dire. Se non di intimamente ravveduto, quanto meno di consapevole, soprattutto del fatto di non potersi aggregare alle figuracce dei francesi per esserne compartecipi.
Francesi che, in molti casi, si sono letti sui social indignati rispetto al “This is France” in inglese del presidente Emmanuel Macron su X. Francesi che ragionano, che il “lume” di Voltaire lo possiedono ancora. Non abbiamo dubbi su questo. Sullo sfondo, una notizia positiva: uno scempio come quello della cerimonia d’apertura dell’Olimpiade parigina potrebbe essere uno ottimo punto di partenza per cominciare a pensare di scavare la tomba alle pretese imbarazzanti di un mondo, quello Lgbt, che ha stancato tutti. Anche molti omosessuali.
Alberto Celletti