Roma, 23 lug -Il popolo vota indiscutibilmente ciò che si è venduto per anni come sovranista, ma i sovranisti per primi abbandonano il sovranismo. Ne consegue che la “situazione sovranista” medesima riguardi più una distanza dalla realtà sociale (almeno la metà della popolazione europea è quanto meno scettica verso l’Ue, con punte di aperta ostilità, e sono numeri in costante crescita dal 2013), che non da quella istituzionale, verso cui i passi negli ultimi anni sono stati decisi, nonostante si siano verificati eventi anche traumatici, come la Brexit del 2016. AfD, Alternative für Deutschland nome completo, non fa eccezione e con l’Ue ha impostato un “esoscheletro di dialogo” da anni, rigorosamente non ricambiato.
AfD è l’unica forza attualmente anti-Ue? Non esattamente
Per certi versi, AfD è l’unica che contesti ancora in modo deciso l’Ue. Quanto meno, sul piano formale, ciò si verifca negli ambiti pubblici. Nel giorno della rielezione di Ursula von der Leyen, Christine Anderson, deputato del partito all’Europarlamento, ha pronunciato un discorso molto duro contro il rinnovato presidente della Commissione, definendola una “vergogna per la democrazia”. Intanto, però, il partito tedesco ha sostituito i propositi di uscita dall’Europa brussellese già nel lontano 2018, senza mai essere andata al governo.
Va detto, per onestà intellettuale, che nemmeno Viktor Orban e la sua Ungheria sono ufficialmente per uno scioglimento dell’Unione, probabilmente ragionando per realpolitik: Budapest è già fin troppo accerchiata ed attaccata ad ogni minima mossa non gradita, non sarebbe realistico immaginare un approccio ancora più deciso. In ogni caso, i magiari sono gli unici del neonato gruppo dei “Patrioti” ad attuare politiche realmente discontinue, non solo sull’immigrazione ma addirittura sulla politica estera e diplomatica riguardante il conflitto russo-ucraino.
Attualmente AfD ha grosso modo – stando ai risultati delle ultime elezioni europee – una base elettorale di un buon 15% dei tedeschi, in crescita costante negli ultimi anni, rispetto all’11% del 2019 e al poco più che 7% del 2013. Una cosa è certa: conta ancora troppo poco per tirare i remi in barca completamente. Se mai ci sarà un exploit su modalità simili a quelle della Lega nel 2019 (quel 34% che di fatto fu l’anticamera dell’abbandono di tutti i temi dissidenti e del successivo crollo di consensi del Carroccio), probabilmente vedremo abbandonare anche l’altra metà della nave…
Gli altri
Il record del “ritiro delle truppe” – come abbiamo sottolineato più volte spetta al Rassemblement Nazional, o meglio all’ex-Front, che abbandona molti dei temi più dissidenti addirittura dal 2017, ma a ben vedere Afd gli contende la palma, dal momento che allo stesso modo, senza mai essere andata al governo, ha tirato i remi in barca già nel 2018, visto che , come accennavamo prima, i propositi di uscita dall’Ue sono mutati in favore del solito “dialogo interno per un cambiamento”, tanto caro anche ai politici nostrani più scettici. Poi vengono i nostrani Giorgia Meloni e, per l’appunto, Matteo Salvini.
Tra i grandi Paesi, non c’è molto altro. C’è Vox in Spagna, più ambigua, sostenitrice di un “ripristino della sovranità” prima delle ultime tornate per l’Europarlamento, così come Geert Wilders in Olanda, sostenitore di “più sovranità” ma senza alcuna “Nexit”. Il riassunto di questa storia è semplice: ai cittadini l’esistenza o meno dell’Ue sembra indifferente se non – in una fetta ormai considerevole – una realtà ostile, laddove i partiti che per anni si sono spacciati come ostili e che ancora oggi mantengono una minima forma sulla questione (ottenendo grassi voti in cambio) viaggiano in una direzione di costante ridimensionamento. Nessun erede di Nigel Farage all’orizzonte, per ora. E a questo punto, è difficile non intravedere una strada simile anche per AfD…
Stelio Fergola