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Il gesto di alzare la coppa? L’ha inventato un italiano

by Marco Battistini
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Roma, 13 lug – Tutto pronto per la finale di Euro 2024. Al di là di come andrà a finire Spagna-Inghilterra, oltre alle giocate di Morata, Kane e colleghi, sappiamo che solamente un fermo immagine rimarrà nella memoria dei tifosi della nazione vincitrice. È, ovviamente, il momento in cui il capitano – con alle spalle il resto della squadra – sarà chiamato ad alzare la coppa. Un gesto, per chi non lo sapesse, inventato da un italiano. Ma andiamo con ordine.

La storia di Hilderaldo Bellini

Il protagonista odierno nasce nel comune paulista di Itapira il 7 giugno 1930. Siamo in Brasile, è vero. Ma entrambi i genitori di Hilderaldo Luiz Bellini – questo il nome completo – sono italiani. La professione è quella del calciatore: dopo i primi calci nel paese natale il nostro passa un paio di stagioni alla São Joanense per approdare – nel 1951 – al Vasco da Gama di Rio de Janeiro.

Nel quartiere dedicato all’esploratore europeo, il nostro si afferma come difensore centrale. Tecnica discreta e affidabilità, gioco rude ma corretto. Per intenderci, un profilo che possiamo definire più italico che brasiliano. Sotto la bandiera nera vince nei primi anni tre campionati carioca. Poi una corposa parte di carriera con il San Paolo prima di appendere gli scarpini al chiodo dopo l’esperienza con l’Atletico Paranaense. Ma è con la maglia della Seleçao che Bellini si farà conoscere al mondo.

Il primo mondiale del Brasile

Giugno 1958, mondiali svedesi. I primi senza l’Italia, quelli del primato di Fontaine (l’avanti transalpino segnerà 13 reti) e dell’esordio iridato di un certo Edson Arantes do Nascimento. Pelé ha appena diciassette anni ma – in particolar modo dai quarti in avanti – risulterà decisivo ai fini del titolo mondiale. Così, mentre le grandi pretendenti – Germania Ovest e Francia – si fermano al penultimo atto, Brasile e padroni di casa vanno a giocarsi la finale.

Neanche quattro giri di lancette e il futuro allenatore di Milan e Roma Nils Liedholm riapre la ferita ancora sanguinante del Maracanazo. “Calma ragazzi, andiamo a vincere”: leggenda vuole che fu proprio capitan Bellini con queste semplici parole a scacciare ogni fantasma dalla testa dei suoi.

Alzare la coppa al cielo

Due volte Vavà, altrettante O Rei. E poi il punto di Zagallo prima dell’inutile 5-2 siglato da Simonsson. Il Brasile (stra)vince così il primo mondiale della sua storia. Alla consegna della Rimet, davanti ai seppur composti festeggiamenti, il buon Hilderaldo pensò bene di alzare la coppa al cielo per meglio mostrarla a pubblico e fotografi. Un gesto forse involontario ma – nei fatti – entrato nella prassi del pallone (e non solo) dalla porta principale.

Ecco, la statua che nell’ex capitale accoglie i tifosi all’esterno del Maracanà è proprio quella precisa raffigurazione del difensore italo-brasiliano. Il quale salirà sul tetto del mondo, seppur da riserva, anche nell’edizione successiva – Cile 1962. Lascerà la nazionale dopo i mondiali inglesi del ‘66 con oltre cinquanta gettoni. E un iconico gesto destinato ad essere reiterato nel corso degli anni. Due scuole di pensiero sintetizzate da un unico giocatore. Un’altra storia (anche) italiana di calcio e vittoria.

Marco Battistini

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