Roma, 11 lug – Premessa che ogni tanto ribadisco: io non sono esattamente “di destra”, forse lo ero più da ragazzo ma in ogni caso semplifico enormemente oggi, soprattutto alla luce di una distinzione che, dopo la caduta del muro di Berlino, è effettivamente diventata “complicata” e spesso solo sfumata.
Semplificare sì, ma con giudizio
Ciò detto: non ho mai creduto al “sono tutti uguali” e ho sempre pensato che “a destra” ci sia più terreno fertile (o meno terreno infertile, a seconda di come la vediamo) per idee discontinue se non addirittura rivoluzionarie. Questo per un banalissimo motivo storico: ciò che si è configurato come “destra”, almeno in Italia, ha raccolto il testimone di chi ha perso la guerra (il quale peraltro “destra” non era affatto, semmai lo è “diventato” post-mortem). Ma in realtà, anche all’estero, i valori “di destra”, anche nei Paesi vincitori, sono decisamente quelli subordinati a quelli della sinistra liberal-progressista nata dopo il 1989. In sintesi comandano loro, anche dove la destra ha vinto la guerra (come in Francia).
Viene da sé che chi proviene dal marxismo nostalgico, pur essendo un altro sconfitto del secolo scorso (ma non della guerra mondiale, e non è una differenza da poco), preservi almeno una parte dei valori percepiti come “giusti” nel messaggio globale, mentre chi trova le sue radici nel fascismo non riesca a farne emergene uno neanche per sbaglio. Perfino se si parla di socializzazione delle imprese c’è qualche demente che si gira indignato perché si tratta di una “idea fascista”. Viene altrettanto da sé che a destra si sviluppino comunque pensieri più discontinui che a sinistra. Renderli pratici, poi, è chiaramente tutt’altra cosa. La conclusione del ragionamento è la seguente: il centrodestra per me è sempre stato “meno peggio” della sinistra. Nonostante la definitiva sepoltura del concetto di destra sociale, nonostante l’europeismo insopportabile, nonostante la resa incondizionata all’immigrazionismo e l’atlantismo da orticaria.
“Sono tutti uguali”: un’ingenuità che va rivalutata
Sono stato enormemente critico di questo governo e lo sono ancora, ma qualche bilancio dopo più di un anno e mezzo deve giocoforza imporre di ragionare e non solo di sbraitare: ci sono stati fallimenti clamorosi, come la resa incondizionata migratoria, appunto, la distruzione senza fine della scuola, o alcuni largamente attesi, come una politica estera imbarazzante (su Israele e Ucraina) e politiche economiche basate sulle “elemosine alla Mario Draghi” (social card e quant’altro), ma per lo meno in Europa si è provato ogni tanto a trattare (purtroppo con risultati scadenti, se parliamo del “nuovo” Patto di Stabilità ma non solo), per lo meno sul Mediterraneo “si pensa” (non dico si faccia, ma almeno “si pensa”: e qualcosina si è fatto comunque, almeno sull’approccio diplomatico), per lo meno sulle derive gender si prova a reagire, per lo meno sul piano delle riforme si sta seriamente provando a rivoluzionare con la riforma della Giustizia (quasi niente con il premierato, ma anche quello in realtà avrebbe un valore culturale da non sottovalutare).
Ogni dissidente di questo mondo – a cui il mio appoggio andrà sempre, fino a che non arriverà al governo ed eventualmente fallirà – dovrebbe riflettere sull’ultimo punto, perché se mai il suo sogno un domani si realizzerà, gli permetterà di avere una mitragliatrice in meno puntata contro quando proverà ad attuare ciò che vorrebbe.
Insomma, il “sono tutti uguali” è una puttanata. Semmai sono tutti sotto lo stesso padrone, quello sì. Ma chi viene da destra è molto più “costretto” di chi viene da sinistra. Non è una giustificazione, è semplicemente una constatazione. Da cui emergono due conclusioni ovvie: la prima è che ci sia più materiale filosofico su cui lavorare, da condizionare in senso positivo, da far maturare in direzioni ben differenti dalle mediocrità attuali. La seconda è che il nemico contro cui concentrarsi in Italia sia il Pd con tutte le sue ramificazioni, partiti satellite, magistratura, impero culturale e via discorrendo. In qualsiasi modo possibile, perfino con il voto turandosi il naso. Gli altri magari possono essere deboli, schiavi, incoerenti o corrotti. Ma metterli sullo stesso piano dell’universo nazareniano significa disperdere le forze della lotta e, di fatto, annullarla.
Stelio Fergola