Roma, 2 lug – Viktor Orban vola a Kiev e perfino la piccola Ungheria, dopo la “non così piccola” Turchia (in ogni caso, non certamente una superpotenza) prova a giocare sul fronte diplomatico nella guerra russo-ucraina. Lo fa da membro della Nato e dell’Unione europea, con una popolazione e un’economia di scarso rilievo ai parametri italiani, e con un ruolo politico storicamente sempre inferiore al nostro.
Orban a Kiev: la missione di pace del governo ungherese
Come riporta l’Ansa, il primo ministro ungherese Orban, presidente semestrale dell’Ue da ieri, è giunto a Kiev: si tratta della prima visita ufficiale dallo scoppio della guerra il 24 febbraio 2022. Secondo il portavoce del governo magiaro Bertalan Havasi, il leader “è arrivato a Kiev per dei colloqui con il presidente Volodymyr Zelensky, malgrado le tensioni anche all’interno dell’Ue per la sua opposizione agli aiuti all’Ucraina e la sua presunta vicinanza politica a Vladimir Putin”. Inoltre, viene esplicitato che “largomento più importante in discussione è la possibilità di costruire la pace”:
Sono previste anche discussioni per eventuali accordi bilaterali. Da parte sua, il presidente ucraino Volodymyr Zelenzky auspica che il semestre ungherese all’Ue “promuova efficacemente i nostri valori, obiettivi e interessi condivisi europei. Nel suo cammino verso l’Ue, l’Ucraina è pronta a contribuire a questi sforzi e al rafforzamento della nostra Europa”.
L’Italia in uno stato di impotenza assoluta
Altro che guardare all’Europa per competere con le superpotenze altrimenti irraggiungibili: l’Italia non è in grado neanche di guardare neanche a sé stessa. Se già si fa fatica a recepire che la Turchia giochi a a fare il bello e cattivo tempo nel Mediterraneo (lo Stato guidato da Recep Erdgoan ha una popolazione superiore a quella italiana ma mezzi economici nettamente inferiori), il quadro diviene ancora più imbarazzante quando le azioni diplomatiche di un certo rilievo sono promosse da Budapest. Insomma, la gravità dell’ignavia italiana si fa ancora più pesante. Tutto ciò che Roma è in grado di fare è fungere da megafono dei diktat statunitensi nel merito del conflitto e dell’opposizione formale alla Russia.
Magari arrivando perfino ad astrusi e assurdi ragionamenti sull’anti-russismo o sugli approcci anti-cinesi, dimenticando il fondamentale dettaglio che né Mosca né Pechino attualmente godano di alcun controllo geopolitico sulla nostra sovranità limitata.
Al contrario, sia Ankara che Budapest sono centri energici di proposizione geopolitica, certamente non perfetti o avulsi da condizionamenti (anzi) ma dinamici al punto giusto da provare a promuovere i propri interessi nelle migliori condizioni possibili. Ciò che un tempo era il ruolo prediletto dall’Italia, ora diventa appannaggioo di medie e piccole potenze dai mezzi ancora più limitati (in certi casi nettamente inferiori, se ci concentriamo sul caso magiaro) nello scacchiere continentale. Dovremmo riflettere su questo, anziché porci il problema inutile di quanto non possiamo essere la Cina, gli Stati Uniti, la Russia o qualsiasi superpotenza presente oggi sul planisfero.
Stelio Fergola