Roma, 4 mag – Negli Stati Uniti Frank Lloyd Wright iniziò a pensare all’architettura introducendo nuovi criteri di progettazione: l’edificio doveva integrarsi organicamente nel paesaggio, lo spazio interno doveva collegarsi direttamente con l’ambiente esterno, la scelta dei materiali doveva essere ripresa dalla natura. Inoltre, doveva prevalere una certa dinamicità volumetrica e libertà compositiva.
Gli inzi dell’architettura organica
Nacque così l’architettura organica come nuova sintesi di arte, scienza e religione. Frank Lloyd Wright la precisò in questi termini: “Quella che chiamiamo architettura organica non è solo una questione estetica, di culto o di moda, ma un vero e proprio movimento, basato sulla profonda convinzione di una nuova unità della vita umana in cui arte, scienza e religione sono una cosa sola: forma e funzione sono considerate come un’unità; va anche con la democrazia”
Non si tratta di imitare la natura, ma di coglierne il movimento creativo, di penetrarne i processi di crescita ed il rapporto dell’insieme con le parti, come sottolineava Goethe nel suo saggio sulla Metamorfosi delle piante. In questo modo, l’architettura diventava espressiva, con un linguaggio che toccava le varie sensibilità dell’essere umano.
Lo sviluppo dell’industrializzazione ha avuto poi una notevole influenza sull’evoluzione dell’architettura, così come sul design contemporaneo, che si è trovato in un certo momento coinvolto in un processo accelerato di sviluppo tecnologico. Molti artisti e designer vedevano in questo movimento la base per una nuova estetica. Rompendo con gli schemi e con il vocabolario del passato, cercheranno di scomporre le forme secondo una geometria semplice e razionale.
Ritorno di forme astratte
Fra gli esponenti di questa tendenza anticipatrice del funzionalismo in architettura, Le Corbusier si affermò come un protagonista assoluto affermando che la progettazione architettonica doveva procedere in accordo con le regole dello sviluppo industriale. Infatti, con l’introduzione della produzione in serie si rese necessaria la razionalizzazione e la standardizzazione dei componenti in architettura. Nella progettazione Le Corbusier immaginò uno spazio geometrico a schema ortogonale. In questo modo le strutture portanti si rendevano indipendenti dalle facciate, consentendo la trasparenza delle vetrate poste in continuità sulle pareti esterne. Il rigore astratto, la scomposizione degli elementi e l’assoluto senso della geometria che caratterizza il movimento moderno si traducono, come dice Le Corbusier, in una macchina per abitare. Le parti costitutive, diventate organi liberi e indipendenti, sono elementi di una cellula base che può essere ripetuta all’infinito, in ogni luogo, in ogni epoca.
Le forme geometriche che ne derivano non sono semplici astrazioni, ma il risultato di leggi applicate a seguito della messa a punto di forme assolute e ripetibili. Si tende al raggiungimento di un’unità della forma, di una ideale combinazione di figure geometriche, non di un’unità espressiva di ciò che vive ed interagisce. Così se si può dire che una sfera di metallo lucido può essere un oggetto apprezzabile esteticamente, un fiore invece è espressione di movimento e di vita. Applicare figure geometriche a oggetti e cose significa standardizzarle, meccanizzarle. Meccanizzare le cose significa meccanizzare in un certo senso la loro vita, che è anche la nostra vita, e quindi ucciderla.
Ripresa dell’architettura organica
Tuttavia, l’architettura organica riprese negli anni Cinquanta e Sessanta, quando si manifestò la crisi del funzionalismo. Quest’epoca vide alcuni architetti trasformare la geometria pura della modernità in un linguaggio più espressivo ed organico. Già negli anni Trenta del Novecento l’architetto finlandese Alvar Aalto aveva proposto nuove strutture organiche che permettessero agli edifici di integrarsi nel paesaggio. Sono significative le parole di Alvar Aalto a tal proposito: “La proprietà più profonda dell’architettura consiste in una varietà e in una crescita che ricordano la vita organica naturale. A mio parere, questo è l’unico stile autentico in architettura. Se le barriere vengono erette contro di essa, l’architettura svanisce e muore” Oltre al recupero di un’architettura che fosse il risultato di un equilibrio ritrovato fra spazi, natura e comunità, era necessario riflettere sullo sviluppo controllato degli spazi abitativi e sul consumo di risorse su scala globale.
La ricerca di un nuovo linguaggio
Bisogna dire che la fine del XX secolo ha visto la rinascita e la riproposizione dell’architettura organica. Si affaccia una nuova generazione di architetti che rivisita il pensiero di pionieri come Whright, Steiner, Aalto, integrandolo nella cultura architettonica e nelle tecniche costruttive locali. Una ricerca che porterà a sviluppare un nuovo linguaggio in grado di dare all’architettura quell’anima perduta che riesca a compensare la disumanizzazione delle città moderne.
L’architettura organica cerca di coniugare la crescita, la diversità e l’espressività del mondo delle forme e dei colori con l’utilizzo anche di materiali eco-compatibili e rispettosi dell’ambiente. Si cerca così di applicare leggi e processi della natura all’architettura e alle tecnologie moderne per creare un ambiente di vita che possa soddisfare le diverse esigenze dell’uomo: fisiche e biologiche, psicologiche e spirituali.
Roberto Ugo Nucci