Roma, 14 apr – La legge sull’aborto, istituita un po’ ovunque in Occidente verso la fine degli anni Settanta, di pari passo (almeno in Italia) con quella sul divorzio, ha messo la parole fine ad ogni “sereno” dibattito sull’argomento. Per decadi, parlare di aborto è stato un tabù, un argomento da evitare, un po’ come la seconda guerra mondiale o il razzismo. Se qualcuno osava dichiararsi contro l’aborto, apriti cielo! Si veniva tacciati di oscurantismo, si evocavano donne morte per colpa della gruccia della Emmona nazionale, si sottolineavano i casi (improbabili) di gravidanze a seguito di violenza sessuale, i feti malformati (che nella maggior parte dei casi si auto eliminano) e la ovvia libertà di scelta della donna (non del futuro padre, sia mai).
Aborto sotto silenzio, ma la cronaca ribalta tutto
E così, l’aborto è finito nel dimenticatoio, spinto in un angolino dal bon ton, considerato con quell’imbarazzo ipocrita molto italiano, ogni tanto riesumato da qualche femminista pelosa, di rado presente nelle omelie domenicali. Dopo tanto silenzio, il tabù, ritorna prepotentemente alla ribalta, per colpa di due casi di cronaca, uno accaduto in Francia e uno in Italia. Qualche mese fa, infatti, un noto comico francese, sotto l’effetto di molteplici sostanze stupefacenti, provoca una frontale con una vettura in cui viaggiava una donna incinta, il cognato e un bambino. La donna viene portata in ospedale e indotta a partorire d’urgenza; sfortunatamente perde il figlio, che, “nasce” privo di vita.
L’altro episodio è quello tristemente noto di Giulia Tramontano, incinta di sette mesi quando viene uccisa dal compagno; inoltre, è di qualche giorno fa la notizia secondo cui quest’ultimo, venuto a sapere della gravidanza di Giulia, abbia cercato sul web come avvelenare il feto ed abbia somministrato veleno per topi alla ragazza fino a due settimane prima del delitto.
Cosa hanno in comune questi due casi? Il comico francese Pierre Palmade, è in attesa di sapere se verrà rinviato a giudizio, poiché per la legge francese non è un omicida, dato che, detto in parole povere, il feto non è considerato un essere umano; e, dal punto di vista giuridico, è normale, perché la legge sull’aborto priva di fatto il nascituro di qualsiasi diritto.
Nell’ordinamento italiano, non è presente una definizione giuridica del termine “concepito”, dunque la sua nozione tecnica si ricava attraverso l’interpretazione delle norme vigenti… come la legge 194 del 1978 (la legge sull’aborto Ndr). Pertanto, il concepito diventa soggetto di diritto personalissimo alla nascita, o, si presume, dopo che siano scaduti i termini per l’interruzione volontaria di gravidanza. L’art. 17 della suddetta legge, recita: “Chiunque cagiona ad una donna per colpa l’interruzione della gravidanza e’ punito con la reclusione da tre mesi a due anni. Chiunque cagiona ad una donna per colpa un parto prematuro e’ punito con la pena prevista dal comma precedente, diminuita fino alla meta’.
Siamo dunque ben lontani dalle pene previste per un omicidio, quindi il dibattito sulla presunta duplice colpevolezza di Alessandro Impagnatiello non solo non è ridondante, ma è assolutamente legittimo. Perché il compagno di Giulia, ha voluto eliminare fisicamente sia lei che il figlio che portava in grembo e, d’altra parte, Pierre Palmade, ha comunque causato la morte di un bambino.
Altri drammi etici che rendono i nascituri oggetti
Naturalmente lo stesso discorso vale per la questione dell’utero in affitto: nell’eventualità in cui la maternità “surrogata” diventi un giorno legge, il concepito passerebbe direttamente dallo stato di “forse un po’ umano dopo che non sia più possibile abortirlo” a quello di oggetto sottoposto ad una compravendita (merce). Dal punto di vista etico, filosofico, morale, umano, solo l’idea di aver pensato ad una cosa simile è abominevole, ma andiamo avanti.
Ora, a latere di questa problematica irrisolvibile, almeno finché le leggi siano queste, assistiamo ad una virata ancor più radicale da parte prima del governo francese con l’iscrizione in costituzione del diritto all’aborto (con tanto di cerimonia da far impallidire il MET Gala e Eyes wide Shut) e ora della comunità europea che ha appena v stato favorevolmente una mozione per inserire lo stesso nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Sembra che ci sia un vero e proprio accanimento che, se fossimo complottisti, potremmo definire quasi satanico. O semplicemente, saremmo portati a pensare – dato che nessuno si sogna oggi di mettere in discussione la possibilità legalmente riconosciuta di mettere fine ad una gravidanza indesiderata – che queste iscrizioni
Nel “marmo” imperituro delle Carte, servano a svilire ancor di più il valore del “grumo di cellule”, per usare le loro orrende parole. C’è addirittura chi insinua che questo spingere per un ricorso all’aborto sempre più giustificato e generalizzato, abbia gravemente penalizzato le nascite europee a favore della presenza “allogena”, situazione questa che renderebbe ancor più rapida ed esacerbata la cosiddetta sostituzione dei popoli. Non a caso, la demografia negativa di paesi come la Francia, avrebbe potuto essere compensata dalle centinaia di migliaia di bambini abortiti ogni anno. Nel 2022, sono stati esattamente 234.300 (i dati provengono dal corrispettivo istat francese: https://drees.solidarites- sante.gouv.fr); questo significa, che la teoria secondo cui l’immigrazione serve perché noi europei siamo popoli morti e sterili, non solo è scorretta, ma anche perniciosa e nefasta dal punto di vista ideologico. Che questa cerimonia lugubre sia l’ennesimo tentativo di requiem per Europa? Ma noi, al contrario dei poveri nascituri, non siamo ancora morti.
Chiara del Fiacco