Roma, 19 lug – In settimana è stato presentato il trailer del film Suicide Squad al San Diego Comic-Con, la convention annuale più grande degli Stati Uniti dedicata alle arti ed ai fumetti. Il lungometraggio – previsto in uscita negli States il 6 agosto 2016 – racconterebbe le avventure di una gang di criminali tratti dall’universo della DC Comics, tra cui spiccherebbe un nuovo Joker, l’ormai più celebre nemesi di Batman. Ad interpretare questa versione del “cattivo” sarà Jared Leto (tra gli altri, Fight Club, American Psycho e Dallas Buyers Club), il quale lo ha già descritto come “un personaggio quasi shakespeariano” e un “bel disastro d’un personaggio“.
L’occasione è troppo ghiotta per non approfittarne, per cui ripercorriamo le principali versioni cinematografiche del supercriminale dei fumetti più famoso e amato da generazioni di bat-maniaci.
L’uomo che ride (Paul Leni, 1928)
Pochi lo ricordano, ma il primo vero Joker in sala fu Conrad Veidt (l’attore tedesco che diede anche il volto a Cesare nel capolavoro muto del 1920, Il gabinetto del dottor Caligari). In realtà Veidt altro non era che il protagonista de L’uomo che ride, film muto del 1928 tratto dal romanzo omonimo di Victor Hugo: nella pellicola l’attore interpreta Gwynplaine, il figlio di un Lord inglese venduto ai comprachicos, una banda di spietati criminali dei bassifondi, che lo sfigurano aprendogli le labbra in modo tale che sembrino contratte in un eterno sorriso. Fu quella, a detta dei creatori del personaggio – Jerry Robinson con la collaborazione di Bill Finger e Bob Kane – la prima e principale immagine di quello che da lì a qualche anno sarebbe diventato il cattivo per antonomasia del fumetto.
Batman (Tim Burton, 1989)
“Dimmi una cosa, amico mio. Hai mai danzato col Diavolo nel pallido plenilunio?”. Alzi la mano chi al suono di queste parole sia in grado di trattenere un ghigno beffardo sul viso. Ovviamente stiamo parlando del primo, vero e forse inarrivabile Joker del cinema (tralasciando la versione seriale, tutta baffi e colori sgargianti, interpretato nella serie del ’66 da Cesar Romero, ndr).
Prima che la sceneggiatura fosse stata scritta, prima ancora che Tim Burton fosse selezionato per il progetto, Jack Nicholson era già la sola ed unica scelta. La leggenda vuole che Bob Kane avesse inviato già sul set di Shining – quindi una decina d’anni prima dell’uscita del film di Tim Burton – una foto dell’attore con i capelli colorati di verde e la pelle bianca.
Il protagonista di Chinatown prese subito sul serio il ruolo, discutendo con lo stesso Kane della versione “moderna” del personaggio, puntando a non renderlo eccessivamente leggero ne’ esagerato: “Metafisicamente” – dichiarò Nicholson – “come Joker finisce immerso in prodotti chimici perdendo completamente la testa, così fa il resto della società intorno a lui. La sua identità è fusa al suo cervello, e scorre come la corrosione”.
Per le sue origini, si fece ampio riferimento al fumetto scritto l’anno precedente da Alan Moore – The Killing Joke, l’albo che meglio affronta la nascita del mito di Joker. Ma a differenza di quello di Moore, il protagonista non è un comico fallito, ma da subito un criminale: nel film Jack Napier è un gangster della mala emotivamente instabile che, cadendo in un pozzo di rifiuti chimici, viene sfigurato e perde completamente il controllo della propria razionalità. Come nel fumetto però, sarà il momento in cui Jack si specchierà subito dopo l’incidente a sacralizzare la trasformazione da Napier al Joker.
Il “cattivo” di Nicholson è saggio ma al contempo completamente folle, imprevedibile, costantemente ironico e raccapricciante. Per non parlare della sua passione per l’arte…morta: ama i corpi in decomposizione e sfigura, metaforicamente e non, ritratti e volti umani. Di lui Tim Burton dichiarerà: “Quando vedi certe immagini è come se un piccolo agente chimico venisse rilasciato gradualmente nel tuo cervello. Una di queste è l’immagine di Joker che conversa con un cadavere. […] È divertente, fa un po’ paura, sai…è come una piacevole conversazione con un teschio annerito”.
Il cavaliere oscuro (Christopher Nolan, 2008)
Ed arriviamo ad oggi, in attesa di vedere quello che sarà il domani in Suicide Squad. Basta manierismi, niente più scenografie gotiche e bizzare di Burtoniana memoria. Il crimine si aggira oggi nelle periferie e tra i grattacieli delle nostre megalopoli, generando terrore brutale e reale poiché quotidianamente tangibile. Il Joker di Nolan, interpretato magistralmente da Heath Ledger, è cosi. L’idea del regista della trilogia del cavaliere oscuro infatti era quella di non rimettere mano al fumetto, bensì di basarsi semplicemente sulla propria memoria del personaggio: “Jack Nicholson ha già interpretato Joker a fumetti con una precisione impressionante” – dichiarerà il regista – “ed era ovvio che facendo la stessa cosa non avrebbe funzionato”. Della stessa opinione era d’altronde lo stesso Ledger: “Sai, sono stato un grande fan di Jack Nicholson. La sua interpretazione del Joker era perfetta per il mondo di Tim Burton. E se Tim fosse venuto da me per un sequel chiedendomi di interpretare Joker non l’avrei fatto. Non avrei potuto. Perché non puoi toccare ciò che ha fatto Jack Nicholson”.
Partendo da questi presupposti si iniziò a lavorare sul re-styling di Joker, in un incrocio che potesse trasformarlo in un cattivo reale, o meglio secondo quanto proposto della costumista Lindy Hemming a Nolan “Joker come Johnny Rotten”. Ed in effetti il Joker di Ledger è la personificazione assoluta dell’anarchia e del caos. “Il male assoluto attraverso l’anarchia assoluta”, come l’avrebbe definito più tardi il regista. Rimaneva sempre, certo, quella prospettiva onirica e surreale che lo caratterizzava, in una versione però in questo caso molto più “punk”, capace di demolire completamente quella “gangster” precedente. A tal fine l’attore ancor prima di leggere la sceneggiatura, ed imbeccato da Nolan, si dedicò alla costruzione del proprio feticcio basandosi su personaggi come Alex DeLarge (il più famoso “drugo” di Arancia Meccanica) e sui quadri di Francis Bacon, arrivando così a definire cosa il “suo” Joker sarebbe stato.
Anche semplicemente nell’estetica è un nuovo Joker: niente più viso dipinto di bianco ed un trucco schizzato in faccia. Il gas esilarante della versione di Burton è qui un semplice coltellino, con cui Joker “disegna” il sorriso alle sue vittime. Una risata disumana la sua, fatta anch’essa di cicatrici di oscura derivazione, a rinnovarne perennemente l’orrore. Il male per la prima volta reale, il cui obiettivo è quanto mai semplice: dimostrare che chiunque spinto nella giusta direzione può diventare “pazzo”.
Suicide Squad (David Ayer, 2016)
Come sarà il nuovo personaggio di Jared Leto? Ovviamente lo scopriremo soltanto il prossima anno. Eppure se c’è qualcosa di cui possiamo essere già certi è che qualunque sia la maschera, nessuno riuscirà mai ad incarnare come Joker quella frase dalle mille sfaccettature: “una risata vi seppellirà”.
Davide Trovato
I mille volti del Joker: dall’uomo che ride alla Suicide Squad
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