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Per la nuova serie Shōgun “attori giapponesi per ruoli giapponesi”. Ma l’identità va bene solo per gli altri

by Andrea Grieco
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Shogun

Roma, 2 mar – Questa settimana, con la distribuzione dei primi due episodi (in Italia disponibili su Disney+), è avvenuto il lancio della nuova serie targata FX Shōgun. Ispirata sull’omonimo romanzo del 1975 scritto da James Clavell, la miniserie ambientata tra le lotte dei signori feudali nel Giappone medievale del XVII secolo è, a tutti gli effetti, il prodotto televisivo del momento. I primi episodi hanno incassato diverse lodi e complimenti dalla critica, in modo particolare per l’attenzione ai dettagli culturali nella ricreazione del contesto storico. Sulla questione si è esposto l’attore e produttore Hiroyuki Sanada in un’intervista a Vanity Fair, il quale ha affermato che “senza attori giapponesi non lo avrebbe mai fatto”.

La nuova serie Shōgun e il Giappone

“Ci sono stati fraintendimenti, mi hanno chiesto di fare versioni stereotipate di qualcosa”, ha aggiunto la star del cinema giapponese. “Prima di accettare il ruolo, ho chiesto agli sceneggiatori e al regista e ai produttori come volessero mostrare al mondo la nostra cultura. Gli ho detto che per accettare la parte avrei avuto bisogno di certe cose, se non avessero ingaggiato attori giapponesi per un ruolo giapponese, non mi sarei fatto coinvolgere. Sono stato chiaro su questo, avevo le mie condizioni”. Le parole di Sanada sono state accolte dalla produzione sottolineando la volontà di “evitare errori culturali che abbiamo fatto negli ultimi dieci anni” e nel rispetto della corretta rappresentazione culturale. Nulla di sbagliato, eccetto il doppiopesismo tipico della nostra società per la quale tutto ciò che è altro ha legittimità anche qualora incarni tematiche eretiche come in questo caso l’identità e il riconoscimento di un nesso etnico (anche biologico) con una determinata terra.

Il richiamo all’identità deve esserci anche da noi

L’ideologia woke e la cultura della cancellazione a cui ci hanno abituato i colossi dell’entertainment (Disney su tutti) pongono dei muri invalicabili. Immaginate parole simili pronunciate da un attore o produttore italiano, tedesco o spagnolo? Solamente accennare ad un concetto che unisca un ruolo attoriale ad una “italianità” specifica farebbe impazzire i sacerdoti del politicamente corretto nostrani. Gli assurdi stravolgimenti o la forzata presenza di determinati gruppi etnici nei cast in nome di un’astratta inclusività sono, purtroppo, normalità nell’ “occidente libero”. Quindi bene Sanada e bene Shōgun, ma è ora di rendersi consapevoli del delirio occidentale che infesta la nostra civiltà.

Andrea Grieco

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