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Terminal per metaniere gas naturale: Biden blocca i permessi per nuove infrastrutture

by La Redazione
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gas naturale Biden

Roma, 31 gen – Joe Biden premia gli ambientalisti e blocca per un periodo imprecisato i permessi per la realizzazione di nuovi impianti di liquefazione destinati all’esportazione via mare del gas naturale. Un favore agli ambientalisti che potrebbe ripercuotersi negativamente sulle tasche dei cittadini europei utilizzatori (direttamente per il riscaldamento o indirettamente per l’elettricità) di gas naturale.

Lo stop al gas naturale americano

Gli Stati Uniti negli ultimi due anni sono diventati a causa del conflitto russo-ucraino il primo esportatore di gas naturale al mondo, esportazione che avviene in gran parte via nave. E così come l’Italia, paese importatore di gas naturale, ha bisogno di impianti di rigassificazione (come quelli previsti a Piombino e Ravenna al centro delle polemiche nei mesi scorsi) il paese esportatore ha bisogno di impianti per la liquefazione e il carico sulle metaniere.

Il boom statunitense delle esportazioni di gas verso l’Europa ha fatto crescere la domanda di terminal di liquefazione e negli ultimi anni soprattutto lungo le coste del Texas è stata avviata la costruzione e progettazione di nuovi impianti. Biden ha temporaneamente bloccato le autorizzazioni dei nuovi impianti per venire incontro alle proteste degli ambientalisti che contestano le emissioni di gas serra di questi impianti.

Blocco delle autorizzazioni che non solo mette a rischio gli investimenti e i guadagni delle aziende petrolifere statunitensi, ma anche i costi dell’energia in Europa. Tanto che il Wall Street Journal, non certo Russia Today, ha titolato il 22 gennaio scorso: Biden gioca con il divieto di esportazione di GNL – Come danneggiare gli alleati e l’economia statunitense per compiacere la lobby del cambiamento climatico.

Suicidio americano?

Una mossa quella del presidente Biden che potrebbe addirittura finire per avvantaggiare proprio Russia e Iran che stanno completando nuovi terminal per la liquefazione del gas e aumentare le loro esportazioni via mare. Nonostante le sanzioni a questi paesi c’è quindi la non remota possibilità che a partire dal 2025 anche sul gas naturale la Russia possa aggirarle sfruttando paesi terzi. È bene ricordare come tra il 2022 e il 2023 le importazioni europee di petrolio e derivati dall’India sia aumentata del 115 % proprio perché utilizzata anche come proxy nell’export petrolifero dalla Russia.

A complicare la fornitura di gas naturale via mare all’Europa c’è anche la minaccia degli Houthi nel Golfo Persico. Il secondo esportatore al mondo di gas naturale è il Qatar che ha già messo le mani avanti, dichiarando mercoledì scorso come il trasporto via mare del gas naturale potrà subire intoppi a causa della situazione nel golfo.

Tra i terminal statunitensi che lavorano già al massimo della capacità e le metaniere qatariote costrette a percorrere la rotta del Capo di Buona speranza a rimanere col cerino in mano è sempre l’Europa. La politica europea si pone sullo scacchiere internazionale piena di buone intenzioni e pii desideri fatti di economia green e sanzioni che dovevano mettere in ginocchio la Russia, ma nella realtà si trasforma in totale mancanza di consapevolezza nei confronti dello scacchiere geopolitico mondiale.

L’Italia

Una situazione complicata che pure potrebbe sfruttare l’Italia, visto che tra i principali esportatori di gas naturale al mondo c’è anche l’Algeria, già collegata alla Sicilia con il gasdotto Transmed completato nel 1983. Vedremo se il molto discusso piano Mattei saprà offrire occasioni di sviluppo anche da questo punto di vista. Si parla di un nuovo gasdotto Italia-Algeria adatto all’idrogeno e lo scorso anno sembrava che stesse per riprendere il progetto del GALSI, Gasdotto Algeria Sardegna Italia dei primi anni duemila ma mai realizzato. Anche perché gli altri paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo non sono rimasti con le mani in mano: Spagna e Algeria hanno inagurato nel 2020 il gasdotto Medgaz in aggiunta all’altro gasdotto MEG entrato in servizio nel 1996.

Ambientalismo versus realtà

A margine c’è un ultima considerazione da fare in merito alla sospensione dei terminal per le metaniere voluto da Biden. Se sulla carta appare come una mossa per consolidare la propria immagine di presidente attento alle tematiche ambientali, per i tempi e i modi della decisione c’è anche un’altra interpretazione: ovvero che la decisione sia unicamente per mettere i bastoni tra le ruote all’economia del Texas, stato impegnato in un duro confronto con Washington per la questione del confine con il Messico.

Nelle scorse settimane infatti il Texas ha messo il confine meridionale dello stato (e degli Stati Uniti) sotto il controllo della propria guardia nazionale, esautorando le guardie di frontiera federali a cui spetterebbe il controllo del confine. Per il Texas l’emergenza migratoria era tale da poter schierare quella parte dell’esercito che cade sotto la responsabilità dei singoli stati (la Guardia nazionale del Texas ammonta a circa 18mila uomini per il solo esercito, più altri 3mila per l’aeronautica) e militarizzando de facto il confine con il Messico.

Una decisione che ha irritato Washington e i democratici, e sul piano del gas naturale il solo Texas (non considerando quindi gli Stati Uniti nel loro complesso) sarebbe il terzo esportatore di gas naturale a livello mondiale (dopo Qatar e Australia). La decisione di Biden non sarebbe quindi ambientale, ma una semplice ritorsione economica. Una situazione, quella del confronto Texas-Washington, che secondo alcuni analisti ha riportato gli Stati Uniti in un contesto analogo a quello che causò l’emergere del conflitto tra Nord e Sud. Conflitto che è bene ricordare non fu causato solo dalla schiavitù che fu solo una delle cause, sicuramente la più importante sul piano della narrazione. Altra grande e dimenticata motivazione della guerra di Secessione l’attrito tra Nord e Sud in merito al commercio estero: il Nord voleva imporre un’economica protezionistica fatta di dazi doganali per promuovere la crescita delle propria inudstria, mentre il Sud, legato all’esportazione di cotone preferiva un approccio soft volto a promuovere il commercio con l’estero e le importazioni.

In quest’ottica la decisione di Biden di bloccare lo sviluppo dei terminal di liquefazione per frenare l’economia texana suona ancor più sinistra.

Flavio Bartolucci

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