Roma, 18 gen – È impossibile, anche con ogni cautela possibile, non puntare l’indice contro il tempismo della magistratura. Quanto meno non riderci su, vista la faccia tosta non curante neanche l’immagine. Si può legittimamente dubitare, osservare, nutrire ogni dubbio possibile sul presidente di centrodestra della Regione sarda e alla sua possibilmente esclusa candidatura bis alle elezioni sarde del 25 febbraio prossimo, ovvero Christian Solinas. Non si può certamente escludere, invece, qualsiasi moto di eventuale illegalità (qualcuno sottolineerà che l’inchiesta sia partita un anno fa). Questo, tanto per partire con le considerazioni banali e ovvie. Ma le azioni e reazioni giudiziarie esattamente in questo momento elettorale non possono quanto meno non suscitare ironie amare e polemiche.
Solinas indagato per corruzione
Come riporta l’Ansa, il sequestro di beni e immobili a carico di Solinas parte con una rapidità e una “giustezza” – per usare un gergo quasi calcistici – impressionante. Così la finanza ha eseguito la requisizione dei beni stessi per un valore di circa 350mila euro nei confronti del presidente, indagato per corruzione. Dalla maggioranza tuonano riguardo il momento, anche se quasi nessuno lo sostiene: questo perché Solinas potrebbe logicamente fare un passo indietro nella corsa alla rielezione, aprendo la strada a Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari già fortemente promosso da Fratelli d’Italia. La Lega è il partito che lo sta difendendo di più, come viene confermato anche dalle parole di Matteo Salvini: “Per me, in linea di principio è sempre meglio sostenere i candidati uscenti ma nel nome dell’unità della coalizione troveremo un accordo”.
Il tempismo della magistratura è di nuovo “attivo”?
Così almeno sostiene Andrea Crippa della Lega: “Si vota il 25 febbraio e con tempismo perfetto, spuntano guai giudiziari per Solinas”. Il deputato leghista conferma la “solidarietà al governatore” e augura in politichese “buon lavoro ai magistrati che dovranno affrontare settimane molto intense”. Ragione, torto? È chiaro che non disponiamo ancora di elementi per saperlo. Una cosa è certa: i giudici italiani, sui quali pesano dati ormai oggettivi di ingerenza sulla politica pluridecennale, sebbene ignorati dal mainstream (libri interi di testimonianze dirette, miriadi di processi finiti nel nulla che in decenni hanno mostrato di avere scopi non propriamente di giustizia) dovrebbero quanto meno curare le loro “pubbliche relazioni”. E mostrare una faccia tosta un po’ meno imbarazzante. Insomma, se proprio ci deve essere una persona nel mirino, almeno che non gli si punti la pistola contro ad appena un mese dalle elezioni. Perché sebbene la sostanza di una politica praticamente controllata dalla magistratura sia proritaria, anche l’immagine vuole la sua parte.
Alberto Celletti