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Indi Gregory: la disumanità di una società che tratta la vita come carta straccia

by La Redazione
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Indi Gregory

Roma, 11 nov – «Mia figlia Indi messa a morte da un sistema diabolico». Sono state queste le parole di Dean Gregory, in un’intervista rilasciata alla Bussola con l’intenzione di lasciare un messaggio di gratitudine per tutto quello che sta facendo l’Italia per la figlia Indi, una bambina di otto mesi che ricorda amaramente il caso di Charlie Gard, il bambino britannico malato terminale di sindrome da deperimento mitocondriale, una rarissima malattia genetica degenerativa che provoca il mancato sviluppo di tutti i muscoli. Infatti, anche la piccola è affetta dalla stessa malattia mitocondriale.

Indi Gregory, una bimba nata in terapia intensiva

Nata a febbraio, Indi non è mai uscita dall’unità di terapia intensiva pediatrica del Queen’s Medical Center di Nottingham, affrontando una serie di vicissitudini,  due operazioni intestinali, un intervento al cervello e una sepsi che ha portato a tre arresti cardiaci. Così piccola e ha già vissuto le difficoltà della vita. Una vita che i suoi genitori non intendono assolutamente stroncare. Infatti, nonostante tutte queste difficoltà Claire Staniforth, 35 anni, e Dean Gregory, 37, la descrivono come una bambina «forte», capace di comunicare come fanno i piccoli della sua età e di muovere tutti gli arti. Purtroppo, i medici non sono dello stesso avviso, in quanto sostengono che non sia nel «miglior interesse» della bambina continuare le cure, anche se sospenderle la porterebbe alla morte.

Gli appelli disperati della famiglia

Una posizione che ha portato i genitori della piccola a presentarsi in udienza davanti ai giudici dell’Alta Corte per fare appello sulla drastica e irreversibile decisione dell’ospedale, ossia non fornire altri cicli di cure alla piccola. Una disperazione che ha spinto i genitori a creare una pagina GoFundMe al fine di raccogliere fondi per la battaglia legale. «Indi è una bambina forte e una vera combattente. Merita una possibilità nella vita. L’ospedale vuole portarle via tutto questo e noi siamo inorriditi. Ha solo bisogno di tempo per riprendersi in modo che possiamo allestire un piano per prenderci cura di lei a casa». E ancora: «Sappiamo che non sarà mai uguale agli altri bambini, perché ha diverse disabilità. Ma ci spezza il cuore pensare che i medici non vogliano darle questa possibilità di vita».

Sono state queste le dichiarazioni rilasciate dal padre di Indy al Daily Mail. Ad intervenire anche il nonno, Michael Gregory, secondo il quale dovrebbe spettare alla mamma e al papà della piccola decidere per la figlia. «È una situazione molto difficile, una di quelle in cui ti trovi intrappolato tra due scelte quasi impossibili. Ma secondo me i tribunali non dovrebbero decidere su queste questioni. Dovrebbero essere i genitori a farlo».

Dovrebbero, un condizionale che è d’obbligo, dal momento che i giudici hanno dato man forte ai medici. Uomini che si sostituiscono a Dio adottando però la condotta di Pilato. Infatti, l’Alta Corte di Londra nei giorni scorsi aveva negato la possibilità del trasferimento in Italia per continuare a mantenerla in vita tramite il supporto delle macchine. Una decisione che ha portato l’Italia a mobilitarsi per far sì che la piccola ottenesse la cittadinanza, cosa di fatto successa.

Tutto questo per aumentare le probabilità che la piccola possa essere trasferita al Bambino Gesù, come era stato chiesto dalla famiglia. L’ospedale pediatrico ha sempre offerto la possibilità di assistere bambini che la giustizia britannica aveva invece deciso di condannare senza concedere loro un minimo di speranza per sopravvivere. Una cittadinanza arrivata solo 50 minuti prima dello scoccare dell’ora fissata per lo spegnimento del ventilatore, al fine così di favorire il trasferimento della piccola dal Queen’s Medical Center di Nottingham all’ospedale Bambino Gesù di Roma.

Una speranza che verrà in parte spezzata, in quanto mercoledì 8 novembre, l’Alta Corte britannica ha deciso che Indi Gregory si spegnerà nell’ospedale dove è in cura in Inghilterra o in un hospice. Questo perché per il giudice Robert Peel proseguire a tenere in vita con la ventilazione artificiale la bambina, affetta da una grave e incurabile patologia mitocondriale, sarebbe un accanimento terapeutico che le porterebbe solo sofferenza.

Per questo motivo il giudice ha ritenuto che Indi non possa essere trasferita in Italia, dove l’ospedale Bambin Gesù si era offerto di accoglierla.

Come Alfie Evans e Charlie Gard, i due bambini inglesi di pochi mesi, anch’essi sofferenti per malattie che lasciavano poco spazio ad una guarigione, ai quali i giudici inglesi non avevano concesso il trasferimento in Italia, unico Paese disposto ad accoglierli nelle strutture del Bambin Gesù.

Il “miglior interesse”

Questi sono solo alcuni dei minori condannati da un tribunale, nel loro «migliore interesse», alla sospensione dei trattamenti vitali. Secondo le associazioni pro-life britanniche, come Christian Concern, probabilmente questi esempi sono solo una piccola parte dei casi che, lontano dai riflettori, si consumano ogni anno in tutta la nazione.

Uno scenario che spiega il perché Dean Gregory, nell’intervista rilasciata alla Bussola, ha parlato di un “Sistema diabolico”.

«In tribunale mi sembrava di essere stato trascinato all’inferno (…) Non può esistere un inferno senza un paradiso e io voglio che Indi vada in paradiso, per questo l’ho fatta battezzare». Dean Gregory era al capezzale di Indi sabato sera quando la Bussola lo ha contattato telefonicamente per questa intervista esclusiva.

Un sistema che, a detta del padre della piccola Indy, è unilaterale. “Il servizio sanitario nazionale, gli avvocati e i medici si spalleggiano a vicenda, si comportano come amici e pranzano persino insieme. La famiglia non ha alcuna possibilità e non ha alcun diritto”.

Il signor Gregory ha dichiarato di essere rimasto “scioccato dalle testimonianze esagerate che i professionisti hanno rilasciato in tribunale per dimostrare che Indi soffre terribilmente”. “Un’infermiera – prosegue – ha raccontato di aver visto Indi trasalire dal dolore quando le dava le medicine. Una ha detto che ha attacchi di tosse che durano fino a dieci minuti. Non è vero, sua madre Claire e io passiamo fino a dieci ore ogni giorno con Indi e ci fermiamo anche la notte se sta male. Se pensassi per un momento che mia figlia stia soffrendo, interromperei le cure, ma non è così. I video di Indi lo dimostrano”.

Ancor più stomachevole è stata la reazione dell’ospedale inglese che, venuto a sapere che Il Bambino Gesù era disposto a prendersi cura della bambina, si è mostrato irritato. Il signor Gregory lo descrive come “molto irritati”, chiarendo che non l’avrebbero lasciata andare. “Sembrava che fosse in gioco la loro reputazione e non potevano permettere che si creasse un precedente che potesse incoraggiare altri a seguire l’esempio, quindi dovevano punirci. Hanno addotto scuse come il fatto che spostarla fosse troppo pericoloso.

Non è questione di religione

Alla domanda sul perché avesse deciso di battezzare la figlia in ospedale, il padre ha risposto: “Non sono religioso e non sono battezzato. Ma quando ero in tribunale mi sembrava di essere stato trascinato all’inferno. Ho pensato che se l’inferno esiste, allora deve esistere anche il paradiso. Era come se il diavolo fosse lì. Ho pensato che se esiste il diavolo allora deve esistere Dio. Una volontaria cristiana visitava ogni giorno il reparto di terapia intensiva e mi ha detto che il battesimo ti protegge e ti apre la porta del paradiso(…) Ho visto com’è l’inferno e voglio che Indi vada in paradiso. Anzi, ho deciso che anche io e mia figlia dovremmo battezzarci. Vogliamo essere protetti in questa vita e andare in paradiso”.

“Ho visto com’è l’inferno e voglio che Indi vada in paradiso”. Parole che richiamano amaramente una frase Shakespeariana “L’inferno è vuoto e tutti i diavoli sono qui”.

Nemes Sicari

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