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Elezioni in Slovacchia, la vittoria di Fico è una scelta patriottica: ecco perché

by La Redazione
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elezioni slovacchia

Roma, 9 ott – La vitroria di Robert Fico sabato 30 settembre 2023, alle elezioni anticipate  in Slovacchia per il Parlamento (Naródná Rada) della nazione porta a una serie di considerazioni e di analisi. Sono stati eletti 150 deputati, che rimarranno in carica (almeno teoricamente) sino al 2027. L’affluenza elettorale è stata altissima: ha toccato quasi il 70%. Non è un caso. Si è trattato, infatti, di elezioni estremamente importanti per il paese, che da circa tre anni si trova in una travagliata crisi economica e politica causata dalle riforme neoliberiste del partito al potere uscente, OL’aNO.

Elezioni in Slovacchia, il contesto

Questa volta, tuttavia, l’evento non ha solo un valore squisitamente interno, i suoi motivi derivano anche da infelici congiunture di molti equilibri geopolitici esteri -cosa di regola insolita per un paese tendenzialmente poco inquieto come la Slovacchia: le “riforme” imposte da Londra e Washington al partito locale di riferimento, che hanno gravemente intaccato un tessuto sociale tendenzialmente assai dignitoso, le sanzioni alla Russia, anch’esse imposte da Londra e Washington, che hanno indebolito la sfera energetica ed aumentato criticamente i costi dei consumi e dei trasporti, con un conseguente crollo delle attività produttive, l’obbligo di sopperire finanziariamente e militarmente alle necessità di Kiev, che ha sfiancato un paese con uno dei budget militari più bassi in Europa… Questi fattori -colpevole anche il difficile periodo in cui si trova la Germania, di cui la Slovacchia è funzionale satellite- hanno fatto nascere nel paese un’acuta conflittualità tra gli esponenti della società liquida globalista, asserragliati a Bratislava tra i vertici di potere politico, accademico-culturale, finanziario, mediatico, e la restante parte della nazione. In un inverosimile moto di incitazioni spontanee e reciproche, di cui sono stato io stesso incredulo testimone per le vie, nelle birrerie, nei supermercati, e che può essere riassunto nel seguente motto: “Se non vai a votare, ti rubano lo Stato!” (“Ukradnú ti Štát, ak neprídeš voliť”) si è assistito, nella mattina del 1° ottobre, ad una delle più clamorose vittorie elettorali delle forze sovraniste in Europa. Vincitore è il partito Smer (Direzione) di Robert Fico (si legge Fitso), un socialista ad orientamento antieuropeista.

Bisogna ripetere che la compatta risolutezza mostrata dall’elettorato slovacco è stata determinata dalla catastrofica gestione triennale dello Stato da parte dei neoliberali. Le precedenti elezioni vennero condotte nel 2020 e si conclusero con la vittoria inattesa (25%) di OL’aNO. In quell’occasione, i partiti ad indirizzo proeuropeista/globalista-neoliberale riuscirono a conquistare più di 90 dei 150 seggi disponibili in Parlamento, raggiungendo quindi la maggioranza costituzionale: la guida di OL’aNO, I. Matovič, divenuto Presidente del Consiglio, formò una coalizione di governo in cui entravano SME RODINA (SIAMO UNA FAMIGLIA), Sloboda a Solidarita (Libertà e Solidarità) e Za l’udí (Per le persone). Lo Smer di Fico, dopo otto anni di governo, andò all’opposizione.

L’inaudito successo politico di Matovič fu una conseguenza dello sdegno nazionale per l’omicidio del giovane giornalista Jan Kucijak, avvenuto nel febbraio del 2018. Le successive indagini fissarono come mandante l’uomo d’affari Marian Kočner e rivelarono una gravissima rete di connivenze nella sfera giudiziaria, i cui elementi deviati aveva insabbiato i crimini di Kočner per anni. Fico, sebbene non fosse assolutamente coinvolto nel delitto e non avesse collusioni alcune con i magistrati incriminati (unico appiglio dei suoi detrattori: una sua assistente, Mária Trošková, si trovava in una relazione sentimentale e di affari con l’imprenditore italiano Antonino Vadalà, sospettato di legami con la ndrangheta) decise di dare le dimissioni per non inasprire le tensioni sociali e dare adito alla comparsa di un majdan slovacco.

Nonostante queste condizioni ideali per l’affermazione del proprio potere, OL’aNO e i suoi alleati non seppero approfittare di una simile vittoria. Nella realtà, questo partito si è rivelato una banale ripetizione dei progetti gatekeeper sperimentati dal neoliberalismo globalista in Italia con Grillo e in Ucraina con Zelenskij. Vale a dire, una volta ottenuto il potere con false promesse populiste e sostenendo la propria autoreferenzialità sulla base della corruzione (nel caso della Slovacchia, mai realmente dimostrata) del governo precedente, le personcine carine in salsa slovacca del buffone “apriscatole” genovese o del giullare sanguinario di Kiev hanno finito per imporre la ferrea conduzione di riforme contrarie all’interesse nazionale e, a partire dal 24 febbraio 2022, la difesa della causa di Kiev nel conflitto russo-ucraino.

Chi conosca la Slovacchia, sa bene che, ad esclusione della regione di Bratislava, essa è composta principalmente da un susseguirsi continuo di paesini rurali, con una concentrazione poco significativa di centri urbani massicci. In questa dimensione, accentuata dal paesaggio severo dei Piccoli Carpazi, che ricoprono quasi tutto il paese, profondissimi sono i sentimenti cattolici e tradizionalisti, che naturalmente hanno accolto la diffusione capillare dell’agenda globalista (LGBT, islamizzazione e africanizzazione forzate) in maniera estremamente negativa, fino al rigetto assoluto. Dopo l’inizio della guerra russo-ucraina, ancora più grave è stato l’errore di costringere a prendere le parti di Kiev un paese dove non solo il 50% della popolazione è russofila o, almeno, non prova sentimenti di simpatia per la parte ucraina nel conflitto in corso, ma è anche proverbiale il detto: “Bandera prišel na Slovensko vraždiť, znásilňovať a lúpiť (“Bandera è venuto in Slovacchia per uccidere, violentare e rubare”). Difficilmente un politico esperto come Fico avrebbe commesso errori simili, che hanno fatto crollare il livello di sostegno dato dagli slovacchi ad OL’aNO, anche perché Fico, uomo di solida cultura, conosce bene la storia e l’anima del proprio paese, a differenza degli uomini di Matovič, in media trentenni cosmopoliti che hanno ricevuto la propria istruzione (quasi esclusivamente giuridica ed economica) negli istituti della Open Society sorosiana. L’inadeguatezza di OL’aNO si è rivelata anche nell’incapacità di evitare crisi di governo: praticamente subito dopo la formazione della coalizione sono intervenuti insanabili motivi di contrasto tra Matovič e Richard Sulik, guida della SaS, che avrebbe infine, nel 2022, abbandonato la coalizione e sarebbe passato all’opposizione, dove il 15 dicembre 2022 avrebbe fatto crollare il governo di Eduard Heger (Matovič si era già dimesso dalla carica di Primo Ministro nel marzo 2021 dopo la scandalo dell’acquisto di un partita di Sputnik V). Sebbene Heger si fosse detto disposto a governare il paese con facoltà limitate sino alle elezioni parlamentari anticipate, questa formula si è rivelata poco efficace e, nel maggio 2023, Heger ha rinunciato definitivamente alle proprie funzioni: il governo del paese è passato ad un gruppo di tecnocrati scelti dalla presidentessa della Repubblica Suzana Čaputova e guidati dall’economista Ljudovit Odor, precedentemente impiegato in qualità di consigliere del Presidente del Consiglio e del Ministro delle Finanze. Tuttavia, nemmeno questo governo si è rivelato in grado di far uscire il paese della crisi e, nel 15 giugno 2023, ha ricevuto un voto di sfiducia da parte del Parlamento con la pianificazione di elezioni parlamentari anticipate per il 30 settembre 2023.

I partiti

Tra i 25 partiti candidatisi il 30 settembre, hanno superato la soglia del 5% e quella del 7% (prevista per le coalizioni: è il caso di OL’aNO, che ha raggiunto uno stentato 8,8% in unione con Krest’janskaja Unija e Za L’judí) ed hanno ottenuto l’accesso al Parlamento solo le seguenti formazioni (enumeriamo in base alla percentuale dei voti ottenuti):

– Smer – sociálna demokracia (“Direzione-Democrazia sociale”). Guida: Robert Fico. Socialisti ad orientamento sovranista ed euroscettico. 23% (42 deputati)

– Progresívne Slovensko (Slovacchia Progressista). Guida: Michal Šimečka. Neoliberali ad orientamento globalista. 16% (32 deputati)

– Hlas – Sociálna Demokracia (Voce. Democrazia sociale). Guida: Peter Pellegrini. Socialisti ad orientamento proeuropeista. 15% (27 deputati)

– OL’aNO (acronimo di Obyčajní L’judia a Nezávislé Osobností, vale a dire: “Gente comune e personalità indipendenti”). Guida: Igor Matovič. Populisti ad orientamento proeuropeista. 9% (16 deputati)

– KDH (Kresťansko Demokratické Hnutie, “Movimento Cristiano Democratico”). Guida: Milan Mayerský. Democristiani di centro-destra ad orientamento proeuropeista. 7% (12 deputati)

– SaS (Sloboda a Solidarita, “Libertà e Solidarietà”). Guida: Richard Sulik. Neoliberali ad orientamento proeuropeista. 5% (11 deputati)

– Slovenská Národná Strana (SNS, Partito Popolare Slovacco). Guida: Andrej Danko. Nazionalisti di centro-destra ad orientamento sovranista ed euroscettico. 5% (10 deputati)

Questo elenco ci permette di fare alcune osservazioni. La legislazione slovacca richiede un quorum di 75 deputati per poter formare il governo, per cui i partiti eletti si trovano nella necessità di formare una coalizione. Nessuno, infatti, arriva da solo al numero previsto. Osservando la disposizione delle forze, comprendiamo quanto sia difficile per Fico assolvere al compito di formare entro quattordici giorni una coalizione realmente capace di formare un governo -compito trasmesso ufficialmente dal Presidente della Repubblica Suzana Čaputová la mattina del 2 ottobre. Tre forze (PS, OL’aNO e SaS) rigettano a priori (almeno per ora) ogni possibilità di intesa, in quanto ideologicamente incompatibili con Smer. Il KDH di Mayerský ha assunto una posizione di attesa, osservando lo sviluppo degli eventi. L’unico vero alleato di Fico è la SNS di Danko, ma il numero di deputati a disposizione di questo partito non è sufficiente per ottenere il quorum. A questo punto diventa evidente l’importanza colossale assunta da Hlas di Pellegrini, che con i suoi 27 deputati permetterebbe ai 52 deputati di Smer e SNS di raggiungere il numero di 79 deputati. Nell’eventualità di questo esito, potrebbe decidersi ad agire anche il KDH, i cui deputati porterebbero la coalizione a 91, vale a dire alla maggioranza costituzionale. Si tratterebbe dell’esito perfetto per Fico. E dell’unico disponibile. Poiché, se viene meno l’appoggio di Pellegrini la coalizione diviene impossibile e, allo scadere dei 14 giorni, l’iniziativa verrà trasferita al PS di Šimečka, per il quale creare una coalizione operativa è, paradossalmente, molto più semplice.

Il problema è che tra Fico e Pellegrini non corre buon sangue: quest’ultimo ha abbandonato Smer nel 2020 per fondare un partito proprio e, nonostante si trovi d’accordo con Fico in quasi tutte le questioni riguardanti la politica interna (posizioni di estrema difesa sociale nel campo del lavoro, potenziamento dei sindacati, riduzione dei costi IVA per i medicinali, divieto per gli assicuratori sanitari privati di generare profitto ecc.), se ne discosta decisamente in quelle di politica estera, soprattutto per le sue vedute nettamente proeuropeiste (le pietre di inciampo principali sono la posizione inconciliabile che Fico ha contro l’Islam e una disposizione estremamente benevola nei confronti di Mosca). Inoltre, comprendendo l’ineludibile importanza rappresentata dal suo partito ai fini della coalizione, Pellegrini sta avanzando delle richieste estremamente audaci: al 4 ottobre risale la sua richiesta di ottenere, al fine di raggiungere un’intesa, il Ministero degli Affari Esteri, quello degli Affari Interni e il posto di Primo Ministro. Secondo il politologo Tomaš Koziak, queste condizioni “sono pienamente accettabili per Fico“, poiché per quest’ultimo il fine supremo è la creazione di un governo dove Smer abbia in ogni caso una voce in capitolo ed un ruolo attivo: lasciare l’iniziativa a PS sarebbe un errore gravissimo, che porterebbe Fico al ruolo anomalo di vincitore alle elezioni relegato all’opposizione. Un governo che nascesse da trattative condotte non da Smer, ma dal PS -precisiamo noi quanto detto da Koziak- sarebbe inevitabilmente incapace e privo di ogni reale vettorialità governativa, poiché il suo fine ultimo non sarebbe la governabilità del paese, ma il lento soffocamento di Smer in ogni frangente d’azione. La stagnazione che ne deriverebbe sarebbe insostenibile. Entrambe le scelte sono in realtà insidiose per Pellegrini: da una parte, concludere una coalizione con il PS e gli altri partiti proeuropeisti porterebbe alle gravi conseguenze appena delineate: una vera disgrazia per la Slovacchia, che difficilmente l’elettore perdonerà a Hlas. Dall’altra, un’unione con Smer potrebbe porre Pellegrini in una posizione gregaria, dato il carattere autoritario di Fico, e creerebbe una frattura insanabile con il Partito dei Socialisti Europei (PES) dello svedese Stefan Löfven, rendendo impossibile la conduzione delle politiche europee con cui Pellegrini ha attratto la maggior parte dei propri elettori.

Coalizione e prospettive

Un altro aspetto estremamente sgradevole (e compromettente) per Pellegrini consiste nella presenza di SNS nella futura coalizione: molti membri del PES trovano inammissibile collaborare con un partito euroscettico di estrema destra (sebbene la stessa SNS si ritenga di centro-destra) e minacciano Pellegrini di espulsione. Un simile quadro si ebbe nel 2006, quando Smer decise di formare una coalizione con la SNS: il PES, formulando le stesse minacce, avvertì prontamente Fico che la guida della SNS, Ján Slota, era in stretti rapporti con Marie le Pen. Fico, un politico coraggioso ed insofferente delle imposizioni altrui, all’epoca ignorò la minaccia, che non ebbe attuazione alcuna: ancora oggi Smer fa parte della rete del PES. Non possiamo, tuttavia, prevedere la reazione di Pellegrini e la sua capacità di resistere alle pressioni.

Insomma, la situazione rimane incerta: al termine della settimana lavorativa (venerdì 6 ottobre), le consultazioni non sembrano aver ancora portato ad esiti positivi, sebbene Robert Kalinjak, il vicepresidente di Smer e braccio destro di Fico, ha assicurato oggi a Bratislava che all’inizio della prossima settimana si saprà senz’altro qualcosa di più certo. Gli specialisti continuano a credere che la coalizione più probabile rimanga Smer-Hlas-SNS, nonostante gli ostacoli non strutturali. Non stupisce quindi più di tanto la notizia annunciata sabato 7 ottobre, alle ore 09:35: la presidenza del KDH si rifiuta definitivamente di governare con Smer, sebbene l’ex presidente del partito, Ján Figeľ, abbia avvertito Mayerský che si tratta di un grave errore: superare le ambizioni del momento e partecipare alla coalizione „aiuterebbe molto di più la Slovacchia e il suo sviluppo politico“.

Una scelta patriottica?

In politica estera, ricordiamo infine che il panorama politico slovacco del dopo-elezioni è stato caratterizzato anche dalla polemica tra Fico e l’UE, che nella figura dell’instancabile Löfven ha reiterato la minaccia di espellere lo Smer dal PES a causa della posizione assunta da Fico nei confronti del conflitto russo-ucraino: cessazione immediata della consegna di armi a Kiev ed avvio delle trattative di pace. Fico ha reagito alle intimidazioni dello svedese commentando semplicemente: “Non cambio le mie convinzioni nemmeno a costo di una nostra scomunica!”.

La serenità di Fico è dovuta al seguente fatto: questo politico ha sempre lavorato bene con gli statunitensi e può contare su una serie di canali in grado di fornire informazioni privilegiate. Degli stessi canali si avvale senz’altro anche la Čaputová, una figura controversa strettamente legata alla cerchia di Soros. Ebbene, il 2 ottobre, subito dopo aver incontrato Fico, la Čaputová rilascia una dichiarazione che ha dell’incredibile, se consideriamo l’indefesso sostegno mostrato sino ad ora a Zelenskij: bisogna rispettare la volontà insita nel voto dato al partito vincitore e arrestare l’invio di qualsiasi ulteriore. Non crediamo nell’improbabile influenza di agenti russi. Né che la Čaputová, alla ricerca di consenso popolare, abbia deciso di passare dalla parte di Fico. Non ne ha bisogno, poiché la fonte del suo sostegno è ben altra. Piuttosto, se vogliamo credere al politico russo O. Tsarev o al politologo bulgaro Plamen Paskov, con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali statunitensi l’Ucraina sta diventando sempre più tossica per gli USA. La necessità di concludere il conflitto, che ha già dato agli USA tutti i vantaggi pianificati (distruzione dell’UE, definitivo allontanamento tra UE e Russia, vendita della propria produzione fossile, di qualità di gran lunga inferiore a quella russa), si fa di giorno in giorno sempre più urgente. In altri termini, nel rifiutarsi di inviare oltre armamentari a Kiev sia la Čaputová che Fico sembrano favorire l’agenda statunitense in chiave anti-inglese e anti-europea. Per quanto riguarda Fico, questo passo può essere inteso anche in chiave patriottica, poiché il sostegno militare offerto a Kiev ha avuto effetti devastanti sull’economia slovacca.

Marco Civitanova

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