Roma, 14 sett – Il punto di partenza deve essere chiaro: del Vannaccismo non abbiamo alcun bisogno. Anche perché si tratta di un fenomeno già visto, tendenzialmente “pappalardesco” (riferito al mai troppo ironizato generale Antonio Pappalardo e alle sue costanti annunciate rivoluzioni di cartapesta) e, diciamolo, anche un po’ grillino. Di produttivo, zero. Ma la riflessione non è su questo, quanto sul successo de Il mondo al contrario, ovvero il polemizzato testo del generale Antonio Vannacci, protagonista dell’estate, delle solite isterie a sinistra ma anche di un atteggiamento non sempre proficuo “a destra”.
Del Vannaccismo non abbiamo bisogno, ma dei nostri temi che riscuotono consensi, sì
Il Vannaccismo sarà al massimo un grillismo con toni reazionari e identitari. Su questo non c’è praticamente alcun dubbio. Magari non esattamente pappalardesco, come si definiva sopra, ma qualcosa a metà strada. Dunque, un altro punto da cui partire, è: ha ragione chi dice che tutto ciò, di risposte pratiche, non ne presenti alcuna. Il soggetto in questione è generale anch’esso, d’altronde. Il sottoscritto ha finito il libro qualche giorno fa (mi si consenta la lentezza della lettura, per oltre 350 pagine “di salute” che compongono l’opera del succitato generale). Amatorialità? Sì. Editing mediocre? Pure (anche se andrebbe ricordato con onestà intellettuale che il lavoro di editing, di norma, lo fanno appunto gli editori sul manoscritto originale, ed è abbastanza ingenuo attenderselo per un testo che, lo sanno anche i sassi, è stato autoprodotto). Gatekeeper? Tutto può essere, ci mancherebbe, ma diciamo che l’improvvisazione della pubblicazione lascia pensare più a una risposta negativa. In ogni caso, non possiamo esprimere certezze.
Ovviamente, non tutti i contenuti del libro di Vannacci possono essere condivisi (su tutti la strenua difesa del “sistema Covid” e l’atlantismo incontestabile), terza e forse ultima premessa da considerare. Ma, insomma, pur nella loro banalità per chi, come noi, affronta questi argomenti da anni (spesso predicando nel deserto) questioni come la censura dei social, come l’identità etnica e culturale, come il delirio dittatoriale degli Lgbt, stanno – di fatto, sono numeri – vendendo diecimila copie al giorno. Diecimila persone ogni giorno vanno a cercarli e a leggerli. Di questi “diecimila giornalieri”, quasi nessuno sarà un fine intellettuale e la maggior parte coglierà solo l’aspetto più superficiale di questi argomenti. Ma non è un dato che può essere ignorato. Non per difendere il Vannaccismo che ha un destino già segnato e inutile, come si scriveva sopra. Ma per “portare” quante più persone di quei diecimila a leggere e soprattuto introiettare questi temi in una direzione giusta, concreta, autenticamente rivoluzionaria.
I temi del dissenso vendono, e non possiamo ignorarlo
I temi del dissenso vendono, ma deviamola dall’aspetto cinicamente commerciale: i temi del dissenso hanno un consenso. Molto più ampio di quanto noi stessi ci aspettiamo. Delle eventuali mire politiche di Vannacci (che personalmente do per scontate, come di un approccio decisamente egocentrico ed autoriferito in quelle che, si presume, saranno le sue numerose ospitate televisive, come ieri sera nella trasmissione Fuori dal Coro condotta da Mario Giordano) non mi curo perché non sono il punto della questione. Il caso di Vannacci non è il solo. Si pensi a quanto ha venduto Il sistema, di Alessandro Sallusti, ovvero il libro-intervista a Luca Palamara che mette in evidenza le incontrovertibili corruzioni della magistratura che comanda la società e soprattuto la politica. Si pensi, su un altro tema, al buon successo riscosso dal testo di Francesco Amodeo intitolato La Matrix europea, uscito ormai diversi anni fa ma diffuso in maniera relativamente importante anche tra i rivenditori più di massa. Non vuole essere una critica ad alcuna visione diversa, che è sempre ben accolta in quanto produttiva di un dibattito genuino. Si tratta solo un invito – il quanto più possibile umile – alla razionalità. Il Vannaccismo sarà una buffonata perché lo abbiamo già visto, in diverse forme. Ciò che deve interessare, però, è capire come intercettare quei consensi, per provare ancora di più a risvegliare una popolazione dormiente da almeno cinquant’anni, portandola nella direzione giusta, quella della costruzione e del consolidamento ideale, quella della consapevolezza vera di massa e non da cartello.
Stelio Fergola