Roma, 29 ago – Dato alle stampe nel 1922, quando cioè il nuovo nazionalismo incarnato dal fascismo sopravanzava e superava il nazionalismo stesso (di fatto inglobandolo l’anno seguente), L’unità e la potenza delle nazioni è il capolavoro di Enrico Corradini che del nazionalismo e dell’Associazione nazionalista italiana (Ani) fu la principale voce. Dopo quasi un secolo dalla sua prima pubblicazione, torna disponibile al lettore grazie a una nuove edizione di Altaforte, curata da Corrado Soldato e con una postfazione di Valerio Benedetti. In un periodo storico come il nostro in cui l’idea stessa di nazione è ridotta a una macchietta, il libro di Corradini ha un effetto risanante. Non solo per trovarvi un antidoto alla globalizzazione e allo sradicamento che trascina con sé, ma anche per ritrovare nel nazionalismo una forza viva.
L’attualità di Corradini contro le distorsioni dell’idea di nazione
Per una strana illusione ottica, anche chi vede nei sentimenti nazionali qualcosa di positivo finisce spesso per depotenziarlo e svilirlo. Da quelli che oppongono nazionalismo e patriottismo per incolpare il primo di tutti i mali possibili, passando per quelli che vedono in esso un principio d’ordine, un qualcosa di spoliticizzante, una stanca conservazione di ciò che è già dato, insomma un punto fermo irenico che vale come rifugio di buon senso per persone invecchiate anzitempo. Opinione che è poi quella di un Furio Jesi, il quale nel suo infamante Cultura di destra descrive come strategia fondante del pensiero politico di destra l’uso del passato come pappa omogeneizzata: “Gli elementi culturali sono per così dire omogeneizzati: in questa pappa, dichiarata preziosa, ma anche digeribile da tutta la classe mediamente istruita, non ci sono più veri contrasti, vere punte, spigoli e durezze”. Una semplificazione del passato e – aggiungiamo noi – dell’eredità nazionale che vale come smobilitazione e pacificazione.
Al contrario, per Corradini la nazione è un qualcosa di dinamico, conflittuale, proiettato all’infuori sia nel tempo che nello spazio: “In ogni nazione il principio di unità e il principio di lotta coagiscono. Quando si sopprima il primo, la nazione è soppressa. Quando si sopprima il secondo, è soppressa la storia di ogni nazione”. Per dirla in altra parole, la nazione è unità ed è anche movimento. Anche nel suo essere fattore unificante il nazionalismo non deve essere culto museale del passato o adorazione delle ceneri, ma è “il ritorno alla comprensione spirituale della vita delle nazioni”. Con la consapevolezza che quest’ultima “è tutta una lotta”. Troviamo qui alcuni termini chiave come spirito, vita, e lotta, che fanno un tutt’uno.
Tra impero e spirito: “L’unità e la potenza delle nazioni”
Vero punto di partenza di Corradini è quello di una “resurrezione dello spiritualismo” contro razionalismo e materialismo. Questi ultimi sono fattori di decadenza, i quali “diminuiscono il mondo in quantità e qualità”. Insomma, ancora prima che fatto politico il nazionalismo è un tentativo di superare lo svuotamento di senso del nichilismo europeo. Ma lo spirito invocato da Corradini non è una sorta di dualismo contro la realtà del corpo o di rifugio in un sovramondo astratto, quanto piuttosto accrescimento della virtù e della vita stessa.
Massima espressione per la nazione di questa “potenza della vita” è l’impero. Quest’ultimo è il naturale sfogo dello Stato nazionale, il quale “di continuo sviluppa e tiene l’unità della nazione e ne pone in movimento e conduce la potenza”. In altre parole, le tensione interne vengono rivolte all’esterno: “Lo Stato porta la nazione alla lotta del mondo, perché nel mondo raggiunga il suo sviluppo che è l’impero”, in quanto “la forza dentro è libertà di agire fuori”. Ciò non risponde solamente a una volontà di conquista e di espansione, ma è anzi necessario affinché l’unità nazionale non porti a imbalsamare le forze vive della nazione né che queste ultime degenerino in lacerazioni intestine. Contro l’equazione comune tra imperialismo e guerra, Corradini nota come la scelta sia tra guerra esterna e guerra civile, tra pólemos e stásis: “quando si vuole la guerra interna si è pacifisti”. Una distinzione tra l’essere attivi o l’essere passivi nel mondo che va oltre il semplice dato militare. Per questo motivo, “la sovranità è nell’unità” e da qui deve cominciare “il rinnovamento della civiltà politica”.
Michele Iozzino