Roma, 8 lug – Era il 1993 ed un libro avrebbe cambiato per sempre la letteratura contemporanea: stiamo parlando di Trainspotting e oggi proveremo ad analizzare cosa ci sia dietro questo vero e proprio fenomeno sociale e di costume.
Un romanzo intollerabile
Il futuro scrittore Irvine Welsh trascorse buona parte degli anni ’80 dipendente dall’eroina nella natia Leith, quartiere sottoproletario di Edimburgo. Appassionato di punk e della squadra dell’Hibernian sbarcava il lunario tra lavoretti e piccole truffe, quando non era troppo fatto. Nel frattempo iniziò a buttare su carta una serie di racconti e pensieri, in parte ispirati alla sua esperienza ed alle persone che incontrava. Una volta disintossicatosi dalla sua dipendenza raccolse questi scritti in un romanzo dalla struttura non lineare: diviso in sette sezioni ci presenta alcuni personaggi principali alternandoli ad altri non legati strettamente alla vicenda. Alcune storie sono raccontate in prima persona, mentre altre in terza ed anche il tono della narrazione cambia a seconda del personaggio. Siamo nei tardi anni ’80 ad Edimburgo e la droga la fa da padrone in una città in piena crisi economica, tanto che un personaggio pronuncia la frase “La Scozia si droga per difesa psichica”. La vita di questi antieroi scorre frenetica tra eroina, calcio, pub e sesso in un vortice che sembra senza speranza né redenzione, il tutto scritto in uno slang scozzese che pare far esplodere ogni singola pagina.
Inutile dire che il romanzo venne rifiutato da quasi ogni casa editrice del Regno Unito, fino a che trovò finalmente un editore. E incredibilmente fu un successo immediato. Il passaparola fece sì che tutti volessero leggere le vicende di Renton, Begbie, Spud, Sick Boy e Tommy. Avventure picaresche al limite del grottesco che però entravano subito nel cuore: Renton l’alter ego dell’autore, Begbie lo spietato hooligan, Spud il tenero irrecuperabile tossico, Sick Boy il cinico senza cuore e Tommy lo sfortunato innamorato. E intorno a loro una serie di figure che non avrebbero sfigurato in una storia piratesca come L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson. Inutile dire che il romanzo cambiò la vita di Welsh, donandogli fama e ricchezza e facendolo diventare la nuova voce più potente di Gran Bretagna, dove il libro vendette oltre un milione di copie, mentre nel mondo verrà tradotto in oltre trenta lingue.
Trainspotting, tutto fuori fase, dunque perfetto
Il finale poi lo conosciamo tutti: il grande tradimento di Mark Renton. Quello “Scegli la vita” che sembra una presa in giro, mentre se ne scappa ad Amsterdam con i proventi della vendita di una partita di eroina. Tutto in Trainspotting è così fuori fase e pur così innovativo da risultare assolutamente perfetto. Ed ecco che allora diventa una pièce teatrale di successo e poi ovviamente non poteva che arrivare al cinema. Nel 1996 il regista inglese Danny Boyle lo porta sullo schermo (impresa tutt’altro che facile data la natura non uniforme del testo), ma la semplificazione di alcune storie ed il concentrarsi solo su alcuni personaggi ottiene l’effetto sperato: la pellicola è un trionfo planetario ed ottiene pure una candidatura agli Oscar per la miglior sceneggiatura non originale, facendo assurgere al ruolo di star Ewan McGregor e Robert Carlyle, rispettivamente nei ruoli di Renton e Begbie.
Da allora ovviamente la carriera di Irvine Welsh è stata un susseguirsi di successi, ma non ha mai abbandonato i suoi amati personaggi. Di fatto tutta la sua opera è ambientata nell’Universo Trainspotting, anche quando i nostri eroi sono magari soltanto accennati. La storia principale però era così ghiotta e richiesta che Welsh non si è potuto esimere dal dedicarle nuove opere. Abbiamo così ben tre seguiti: Porno, che è stato portato sul grande schermo sempre da Danny Boyle con il titolo di T2: Trainspotting, L’artista del coltello, che ci mostra come Begbie abbia fatto fortuna come scultore e Morto che cammina, che vede la dipartita del povero Spud. Infine abbiamo anche il prequel Skagboys, che ci fa vedere i personaggi ancora ragazzi.
Invecchiato come un grande vino
- La cosa più straordinaria, rileggendo il primo romanzo dopo trent’anni, è il constatare come sia invecchiato ottimamente come un grande vino, candidandolo a diventare un classico immortale della letteratura mondiale per i tempi a venire. Welsh ha l’inestimabile pregio di non giudicare ma di farci amare i suoi personaggi anche proprio attraverso le loro debolezze, tanto che, come Oliver Twist che chiede altra zuppa, anche noi chiediamo sempre più Trainspotting.
Concludiamo con due curiosità. Il titolo deriva dal capitolo Guardando i treni alla stazione centrale di Leith, quando un barbone, che poi si rivelerà essere il padre di Begbie, chiede ai protagonisti se stessero facendo del trainspotting, vale a dire se fossero dei disoccupati che ingannassero il tempo osservando i treni. Il romanzo venne candidato al prestigioso Booker Prize e ne era praticamente scontata la vittoria, ma alla fine venne scartato per aver offeso la sensibilità femminile di due dei giudici. Temiamo che oggi, in epoca di Me Too e di cancel culture, forse non avremmo avuto nemmeno la possibilità di leggere il libro.
Roberto Johnny Bresso