A lungo la guerra è stata un fenomeno ibrido tra il politico e il privato, con regnanti che hanno costruito imperi usando mercenari fin dalla notte dei tempi. Anzi, in realtà, la guerra come affare eminentemente ed esclusivamente pubblico è un processo che è storicamente minoritario e si sovrappone quasi perfettamente alla nascita dello Stato-nazione moderno sorto dalla Rivoluzione francese. Il cittadino diventa anche soldato e si fa carico delle esigenze di difesa della propria patria (ché, si sa, ogni guerra è sempre guerra di difesa, tranne quando riguarda i nostri avversari).
Cambio di paradigma?
Tuttavia oggi, con lo sgretolamento dello Stato-nazione, con l’ingresso nell’arena politica sia internazionale che interna di altri attori politici (istituzioni internazionali, organizzazioni, multinazionali, Ong ecc.) la guerra torna a essere affare ibrido. Nei tempi più recenti è stato l’esercito americano a dare una forte spinta a questo processo, cominciando ad «appaltare» alcuni servizi che per motivi economici, strategici o politici poteva aver senso lasciare a qualcun altro.
Durante la seconda guerra in Iraq, si cominciò a delegare alcuni affari secondari afferenti alla logistica a privati (come la gestione postale ad esempio), ma soprattutto si cominciò a capire che si potevano usare i privati per gestire le pratiche che più mettono legalmente a rischio un esercito dal punto di vista del diritto umanitario.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di maggio 2023
Ecco che il sistema detentivo che gli Stati Uniti avevano messo in piedi venne in buona parte subappaltato in modo da potersi lavare le mani in merito a come i prigionieri venissero trattati, e persino alcune pratiche come la raccolta di informazioni da personale militare avversario detenuto vennero ufficialmente gestite al di fuori della responsabilità dell’esercito americano, che non era più totalmente responsabile di come si arrivasse a ottenere alcune informazioni.
I mercenari e l’intelligence
Il processo di privatizzazione, però, è passato sempre più rapidamente dalle funzioni periferiche e secondarie dell’esercito e della guerra a occupare man mano quelle centrali, non solo degli eserciti in senso stretto, ma anche delle strutture di intelligence. Questo per un insieme di ragioni, ma per rimanere a quelle tecniche, possiamo dire che ovviamente la capacità di gestire la tecnologia e di restare aggiornati che hanno i privati è tendenzialmente superiore e pertanto, vista la centralità del fattore tecnologico non solo nel conflitto, ma nell’intera sfera politica oggi, una nuova dialettica pubblico-privato è diventata la norma.
Pensiamo a realtà come i social che, in termini di informazioni su una popolazione di un intero continente (o singola nazione, o città o segmento sociale o addirittura un individuo), possono rivaleggiare con le maggiori agenzie di intelligence del pianeta e surclassare quelle delle maggior parte delle medie potenze.
Gli ultimi sviluppi
Paradossalmente, al contrario di quel che succedeva nell’antichità, dove i mercenari venivano impiegati soprattutto come soldati, come prima linea, come sostituti dei propri soldati a partire dal loro riutilizzo, nel tardo Novecento si è praticamente cominciato ad adoperarli, man mano, ovunque tranne appunto in prima linea. Quantomeno a livello generale: l’uso di mercenari privati in Africa da parte di multinazionali e sotto la supervisione – o almeno la bonaria distrazione – di governi occidentali è effettivamente affare di decenni oramai, ma diciamo che in generale, in prima linea, a sparare, ci vanno i soldati.
O meglio, ci andavano. Perché negli ultimi anni abbiamo sbriciolato anche quest’ultimo tabù e la guerra in Ucraina lo ha definitivamente messo in soffitta come un relitto del passato. Gli statunitensi, negli ultimi anni di gestione del teatro afghano, hanno già delegato operazioni strettamente belliche ad aziende private (contractor per i raffinati, mercenari per gli altri). Si tratta forse di un modo per testare in un teatro strategicamente oramai bollato come secondario la possibilità di delegare direttamente o meno la funzione ultima dell’esercito: fare la guerra, uccidere ed essere uccisi. Ma quel che ha decisamente mostrato che i tempi sono maturi e che «si può fare» è stata la…
1 commento
È l’effetto Rambo…