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Digidog, un cane robot per la polizia: la stretta tecnosecuritaria di New York

by Valerio Savioli
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Roma, 15 apr – Il sindaco di New York, Eric Adams, in compagnia del commissario della NYPD Keechant Sewell, ha presentato al pubblico newyorchese Digidog, il robot cane da 74,000 dollari, sancendo, de facto, l’implementazione e un ulteriore passo in avanti tra sicurezza e tecnologia. Digidog, attrezzato di telecamere, luci e con la capacità di salire le scale e raggiungere la velocità di circa 6 km/h, teoricamente dovrebbe essere utilizzato per le situazioni più pericolose, con l’obiettivo di tutelare le stesse forze dell’ordine nei contesti più delicati: dagli scontri a fuoco, alle minacce esplosive.

Digidog, ci mancava il cane robot della polizia

Digidog non è un progetto del tutto inedito, il cane robot poliziotto era stato infatti annunciato un paio d’anni fa ma fu poi bloccato dalla giunta del sindaco Bill de Blasio a causa delle polemiche scatenate dai sostenitori dei diritti civili (tra cui i Civil Libertarians e sostenitori della riforma della polizia) della Grande Mela: “È inquietante, alienante e invia il messaggio sbagliato ai newyorkesi.” E così il progetto fu stoppato. Momentaneamente perché ormai il dado è tratto e Digidog “è fuori dal canile”, come sostenuto da Adams, il neosindaco già senatore Dem e con alle spalle vent’anni di onorata carriera presso il NYPD.

“Salvaguardare una città moderna”, queste le parole del commissario Sewell riferite a una città che però, dati alla mano, è travolta da un’ondata di rapine, furti con scasso, segnando un aumento del 22% della criminalità grave complessiva rispetto l’anno precedente. La Sewell preferisce ricordare che New York è stata pioniera in materia di dotazioni tecnologiche di sicurezza risultando la prima tra le grandi città americane ad adottare il sistema di chiamata d’emergenza 911 – sì il numero telefonico per le emergenze che anche a queste latitudini si conosce a memoria -, a prendere foto segnaletiche e impronte digitali. 

E la preoccupazione per l’eventuale uso improprio della tecnologia a fini securitari? A questo risponde la stessa Sewell, sostenendo che “L’uso di queste tecnologie sarà trasparente, coerente e sempre fatto in collaborazione con le persone che serviamo. E come per ogni iniziativa del NYPD, ne valuteremo continuamente l’uso e l’impatto sulla nostra città. Il nostro compito è combattere il crimine e proteggere le persone. E questi strumenti sono significativi passi avanti in quella missione vitale.”

StarChase GPS e K5 Autonomous Security Robot

Ma le novità dalla Grande Mela non si fermano al simpatico cagnolino-robot, sono state presentate anche altre due novità: StarChase GPS e K5 Autonomous Security Robot.

StarChase GPS è un dispositivo che offre la possibilità all’agente di sparare un tag “appiccicante” e tracciante direttamente dal paraurti della volante a un’auto in fuga, così da evitare i pericolosi inseguimenti cittadini ad alta velocità e ridurre al minimo gli incidenti collaterali di vittime innocenti.

K5, una sigla che tanto fa venire in mente gli androidi di Guerre Stellari, è un vero e proprio robot alto un metro e mezzo progettato per inviare informazioni al dipartimento di polizia e per scoraggiare il crimine direttamente dalla stazione metropolitana di Times Square; K5 è stato paragonato dal sindaco Adams a un roomba, ossia al robot aspirapolvere, quando invece, prendendo a prestito le dichiarazioni del capo dipartimento Jeffrey Maddrey, sembrerebbe più simile al celebre Robocop di hollywoodiana memoria: “Questo robot K5 fornisce consapevolezza situazionale in tempo reale e intelligenza fruibile ai primi soccorritori e fornisce anche una deterrenza fisica al crimine.” 

Ci si domanda quali siano le informazioni inviate al dipartimento, sebbene sembri che, per il momento, gli automi non siano attrezzati di dispositivi di riconoscimento facciale.

Distopia securitaria a stelle e strisce

“Stiamo esaminando il globo per trovare la tecnologia che garantisca che questa città sia sicura per i newyorkesi, i visitatori e chiunque sia qui in città”, ha affermato Adams. “Questo è l’inizio di una serie di implementazioni”. Sorge spontaneo domandarsi quanto sia sottile il confine che intercorre tra la crescente e distopica pervasività tecnologica delle cosiddette smart cities e la possibile deriva tecno-securitaria, giustificata dall’interesse collettivo. Attenti, perché qualcuno potrebbe rispondervi: “Tanto io non ho nulla da nascondere!”. Una frase già sentita. Purtroppo.

Valerio Savioli

 

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