Roma, 14 apr – Calciatori italiani in gran forma in questa tre giorni di coppe europee. Con il mantra senza alcun riscontro “il nostro calcio non produce più talenti” che andrebbe un attimino ridimensionato (per essere gentili in questa introduzione, più “aggressivi”, come vedremo, nel finale di questo pezzo), quanto meno a guardare la realtà e non il puro pregiudizio sfiorante il puro auto-razzismo.
Da Calabria a Barella, i calciatori italiani nelle coppe brillano (e sono decisivi)
In Champions, in Europa League, in Conference. C’è poco da stare a discutere, i calciatori italiani escono in grande stile da questa tre giorni di coppe, e chi non è d’accordo dovrebbe farsi visitare da un oculista specializzato (oltre che da uno psichiatra, ma la questione in quel caso è un attimino più complessa e investe l’essenza stessa del penoso stato in cui versa la cultura calcistica italiana da decenni). Brilano Alessandro Bastoni e Nicolò Barella nella vittoria dell’Inter sul Benfica in Champions, brillano Davide Calabria, Sandro Tonali e Giovanni Di Lorenzo nel derby italiano Milan – Napoli. Brillano Mattia Perin e Federico Gatti nella vittoria di misura della Juventus sullo Sporting in Europa League. Non male anche giocatori sottovalutati in carriera e ormai sul viale del tramonto come Giacomo Bonaventura in Conference League. C’è poi chi è autore di una stagione straordinaria ma nell’ultima occasione era in affanno, come Manuel Locatelli, ma ci sta. Chi dopo una stagione straordinaria, quella scorsa, quest’anno è decisamente in ombra, come Lorenzo Pellegrini (nonostante le doti siano poco discutibili, a meno di non soffrire sempre di problemi di vista piuttosto seri). C’è chi, purtroppo e nonostante esordi da record in Champions quest’anno, non è ritenuto idoneo di essere nemmeno in zona semiperiferica nei progetti del proprio club, come Giacomo Raspadori (un calciatore che, se continua così, finirà presto nell’ombra, ed è difficile dargli delle responsabilità, viste le prestazioni di quest’anno le poche volte che è stato chiamato in causa con continuità).
È tempo di intervenire su quella che è a tutti gli effetti una patologia culturale
“Il calcio italiano non sforna più talenti” è una idiozia e va descritta nel solo modo in cui può essere inquadrata. Non serve l’inflazionata frase retorica “capirne di calcio” per smentirla. È sufficiente guardare a cosa mostra il campo. Senza troppi fronzoli. Senza fiducia e investimento, nessuno emerge. No, non può emergere neanche il potenziale top player, se chi è di grado superiore (dirigenti e tecnici) non decide di metterlo in campo. Non è dotato di poteri divini che scavalchino le gerarchie, il potenziale top player. Sta accadendo a Raspadori (ennesima vittima di questa triste pratica) e potrebbe accadere anche a Nicolò Fagioli, calciatore di cui solo in uno stato di ubriachezza non si potrebbero notare le doti nettamente sopra la media. Ma, per fortuna, la Juventus sembra puntarci e anche con una discreta convinzione. Con un ammonimento però: il ragazzo ha 23 anni. È già “tardi”, e sarà un attimo perché ne compia 25 o 26. O lo si lancia definitivamente adesso oppure, come la storia dimostra, non lo si farà più. Sconfiggere la patologia culturale dell’anti-italianismo calcistico (una pratica ancora più totalizzante di quanto non ci sia sulla sfera politica) non è facile. Ma da qualche parte bisogna pure cominciare: in questo caso, denunciandola con forza.
Stelio Fergola
1 commento
[…] Coppe europee, la lezione dei calciatori italiani: tante prestazioni super […]