Roma, 21 giu – Il trionfo del sole, ma anche l’inizio della sua caduta. Oggi è il solstizio d’estate, il giorno in cui il sole è più alto rispetto all’orizzonte, il giorno in cui abbiamo il massimo delle ore di luce, nonché, ovviamente, l’inizio ufficiale dell’estate.
Fino a oggi le giornate si erano progressivamente allungate, ora riprenderanno ad accorciarsi fino al 21 dicembre con il solstizio d’inverno. E poi il ciclo ricomincia, con l’eterna morte e rinascita del sole a scandire i tempi dei popoli che in esso si rispecchiano.
Astronomicamente, solstizi ed equinozi sono dovuti alla traiettoria con cui il nostro pianeta orbita intorno al sole: l’asse di rotazione della Terra e il piano dell’orbita non sono perpendicolari, ma si incontrano invece con un angolo di circa 23,5 gradi, un’asimmetria che dalla Terra genera il moto apparente del sole nei cieli durante il corso dell’anno.
Nel nostro emisfero quindi, per tutto l’inverno il sole sale ogni giorno un po’ più del precedente rispetto all’orizzonte, arrivando all’altezza massima, quest’anno, il 21 giugno alle ore 16:38, per poi iniziare la sua discesa, che si conclude solitamente il 21 dicembre, quando il ciclo ricomincia.
Il solstizio così come lo conosciamo noi è una tradizione tipicamente boreale. Nell’emisfero australe, infatti, le cose vanno al contrario, sia astronomicamente che spiritualmente: il 20/21 giugno è il giorno più corto dell’anno, mentre il 21/22 dicembre è il più lungo.
Per gli indoeuropei, il solstizio d’estate era la “porta degli uomini”, laddove il solstizio d’inverno rappresenta la “porta degli dei”. In un celebre passo, Omero parla di una grotta all’entrata di Itaca dal forte sapore simbolico ed esoterico, su cui in seguito molto si soffermerà Porfirio. In quest’antro sacro alle ninfe, “due sono le porte, l’una che scende verso Borea è per gli uomini, l’altra verso Noto, è per gli dei; per di là non entrano gli uomini, ché è la via degli immortali” (Odissea, XIII, 102-112).
La porta degli uomini è rivolta a Borea, cioè a nord, perché al solstizio estivo il sole si trova a nord dell’equatore celeste. Quella degli dei è rivolta a Noto, ovvero a sud, perché l’astro al solstizio invernale si trova a sud dell’equatore.
Nel cristianesimo, come spesso accade, queste tradizioni furono riprese e trasfigurate. Se la nascita di Cristo cade attorno al solstizio d’inverno, al solstizio d’estate si celebra la nascita di Giovanni Battista, di cui Gesù stesso disse: “In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista”. Di nuovo: una porta celebra il figlio di Dio, l’altra il più grande dei figli degli uomini.
Entrambi i solstizi, sia quello d’inverno che quello d’estate, sono caratterizzati dal fuoco, dai falò, quasi a connettere le anime e le comunità con il sole stesso, in un rispecchiamento fra le anime e l’astro sacro. Questo nesso solare è il fulcro della nostra coscienza ancestrale.
Il 24 giugno 1933, Martin Heidegger si trovò a celebrare il solstizio nell’università di Friburgo, in cui in quel momento era rettore.
“I giorni declinano. Il nostro animo cresce.
I giorni declinano – incontro all’oscuro e ai rigori dell’inverno.
Il nostro animo cresce – l’animo di infrangere l’oscuro e di far fronte e resistere da uomini ai rigori che giungono.
Fuoco! Parlaci: non dovete diventare ciechi nella lotta, dovete invece mantenervi lucidi per l’azione.
Fiamma! Che il tuo ardore ci faccia sapere chiaramente: la rivoluzione tedesca non dorme, sparge la sua nuova fiamma tutt’intorno e illumina il cammino sul quale, per noi, non c’è più ritorno.
I giorni declinano. Il nostro animo cresce.
Fiamme, brillate!
Cuori, incendiatevi!”.
L’esegesi paranoica di Emmanuel Faye ha voluto vedere in quel discorso aspetti sinistri e lugubri richiami. Si tratta, in realtà, di un richiamo spirituale: a partire dal solstizio d’estate, il sole comincia a ritirarsi. È quindi necessario che le anime si fortifichino in vista dell’oscurità, recando in sé quella luce che un giorno tornerà a trionfare. È quando il sole è morente, che occorre provare se stessi. È quando il momento è più duro, che occorre tenersi saldi. È nel dominio dell’Occidente (del sol occidens) che occorre portare con sé il fuoco della rinascita europea.
Adriano Scianca