Roma, 18 giu – “Elezioni per Roma il prima possibile. Prima che la città venga sommersa dai topi, dalla spazzatura e dai clandestini #marinodimettiti”. Così cinguettava su Twitter Beppe Grillo, nella mattinata di ieri, soffiando sul fuoco della crisi in Campidoglio. Una esternazione volutamente provocatoria che ha generato, però, polemiche più per l’aspetto lessicale che per il significato politico.
Nel volgere di pochi minuti il tweet del leader pentastellato ha scatenato la reazione isterica dei paladini del politicamente corretto. Tra le centinaia di risposte indignate, ovviamente, spiccavano in breve tempo quella della presidente della Camera, Laura Boldrini, e di Nichi Vendola. “Accostare topi, spazzatura ed esseri umani non è politica, ma disprezzo. La democrazia si basa sul rispetto delle persone e delle differenze” scriveva la terza carica dello Stato. Le faceva eco il leader di Sel, con un paternale “Caro @beppe_grillo, mettere sullo stesso piano i topi e i clandestini vuol dire regalare le parole alla barbarie…”.
La risposta dei social ha indotto il comico genovese, o il suo ufficio stampa, a porre un freno modificando la frase. Nella serata di ieri, su Twitter come sul blog, si poteva leggere “#MarinoDimettiti prima che Roma venga sommersa dai topi, dalla spazzatura e dai campi dei clandestini gestiti dalla mafia”. Un tentativo di riconciliazione con il popolo della rete che non ha sortito gli effetti desiderati. Le accuse di razzismo a Grillo sono proseguite, così come l’inevitabile accostamento del Movimento 5 Stelle alle posizioni di Salvini e CasaPound, i soggetti politici più citati nei vari commenti.
La gara a chi è più antirazzista e politicamente corretto ha trasformato il tutto nell’ennesima gazzarra da pollaio, ulteriore dimostrazione di come sia impossibile instaurare qualsiasi forma di dibattito su certi temi. A mettere tutti d’accordo resta Ignazio Marino: sul fatto che si debba dimettere nessuno ha osato proferire parola. E pensare che, fra le migliaia di interventi, anche i topi hanno avuto i loro difensori d’ufficio.
Francesco Pezzuto