Roma, 16 giu – Ci dicevano che era un’emergenza gestibile. Ci dicevano che usare termini troppo forti significava solo sfruttare le paure della gente. Ora ci dicono che il mondo sta vivendo “la più grave crisi dei rifugiati dalla seconda guerra mondiale”.
Parola di Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. Le persone sfollate nel mondo, spiega, sono 50 milioni, di cui 16 milioni ufficialmente riconosciute come rifugiate. Le emergenze riguardano la Siria, i migranti nel Mediterraneo, l’Africa subsahariana e il Sud-Est asiatico.
In un rapporto intitolato “La crisi globale dei rifugiati, la cospirazione della noncuranza”, Amnesty precisa che i rifugiati ufficialmente registrati per la crisi siriana sono 4 milioni, per il 95 per cento ospitati nei confinanti Turchia, Libano, Giordania e Iraq, e quelli per le guerre nella regione subsahariana 3,3 milioni.
Per quanto riguarda i migranti che attraversano il Mediterraneo sui barconi, Shetty ha sottolineato che al 31 maggio di quest’anno i morti sono 1.865, rispetto ai 425 dello scorso anno.
Nel Sud-Est asiatico, invece, 300 persone sono morte nel Mare delle Andamane nei primi tre mesi del 2015 a causa di fame, disidratazione e abusi da parte degli equipaggi delle imbarcazioni.
“L’attuale crisi – ha affermato ancora il segretario generale di Amnesty – non potrà essere risolta se la comunità internazionale non riconoscerà che si tratta di un problema globale che richiede agli Stati di rafforzare significativamente la cooperazione internazionale”.
Giuliano Lebelli