Con il trascorrere del tempo il dibattitto culturale francese tra le due guerre assume, con crescente limpidità, la funzione di spazio ideale nel quale si riflette la «guerra civile europea» (1914-1945). Per varie ragioni. Ma soprattutto per una, la più significativa: l’impegno dell’intellettuale. Quella degli intellettuali per la politica è un’«attrazione fatale». Nelle sue memorie Raymond Aron sottolinea come gli scrittori degli anni Trenta non saranno in grado di sfuggire il tornante della storia. Come, ad esempio, Pierre Drieu La Rochelle, André Malraux, André Gide, Louis-Ferdinand Céline, Thierry Maulnier, Louis Aragon, solo per citarne alcuni. Per una ragione o per l’altra, la stragrande e composita pattuglia di intellettuali (perlopiù giovani e di talento), finiranno trascinati da protagonisti (convinti o perplessi) nella catastrofe europea.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di gennaio 2023
Era stato Drieu, negli scritti giovanili, ad indicare la necessità per il romanziere di non prescindere dall’autobiografia, mescolando il sangue con l’inchiostro. La sua tinta sarà nera, così come quella del fratello-nemico André Malraux sarà rossa. In Francia, nella contrapposizione delle idee, si riflette non solo la complessità della situazione interna, ma anche di quella internazionale. L’arrivo al potere di Lenin, Mussolini, Hitler. E poi la guerra d’Etiopia, il conflitto spagnolo, l’espansionismo tedesco e italiano. La minaccia sovietica. Fino all’invasione della Polonia e alla dichiarazione di guerra.
Il richiamo della storia
Il patto Ribbentrop-Molotov dell’agosto 1939, ad esempio, ha una serie di ripercussioni notevoli, sconquassando certezze consolidate. Malraux abbandona la causa comunista. La destra favorevole alla Germania è esterrefatta. L’antigermanesimo di Maurras, ormai in declino, riprende vigore. I comunisti prima sbandano, sembrano allontanarsi da Mosca. Poi si compattano, per disciplina di partito, diventando la «quinta colonna», nemici della nazione – prendono il posto dei fascisti che hanno strizzato l’occhio al nazionalsocialismo – dopo essere stati, ai tempi del Fronte popolare (1936), i salvatori della nazione dal pericolo montante della destra.
Il finanziatore occulto del comunismo europeo, inventore dell’antifascismo militante, il tedesco Willy Münzenberg, residente a Parigi, da meno di un anno non è più il «megafono di Stalin». Temendo di sparire nel nulla, non ha risposto all’ordine di tornare a Mosca. Il «miliardario rosso» di colpo ha lasciato tutto: macchina, autista, guardia del corpo, vestiti di sartoria, tavole dei migliori ristoranti della città, ingenti somme di danaro fatte confluire – di preferenza nell’ombra – su iniziative all’apparenza neutre e innocue, ma nella realtà propagandistiche. È tornato a essere un semplice fuoriuscito sul quale i tedeschi vorrebbero volentieri mettere le mani, per regolare vecchi conti dell’età di Weimar. Quando apprende dell’alleanza tra Mosca e Berlino e del brindisi di Stalin in onore di Hitler, trasecola. E scrive un articolo di fuoco: una «pugnalata alla schiena» per la classe operaia e per i rivoluzionari comunisti. Le mani al collo gliele metterà Stalin pochi mesi dopo, facendolo tacere per sempre.
La terza via di Maulnier
Spesso si ha l’impressione che la linea di demarcazione nel dibattito intellettuale francese sia netta: due forze in contrapposizione. Destra-sinistra. Fascismo-antifascismo. Comunismo-anticomunismo. Ma c’è, nella stagione della «guerra civile europea», una terza forza, non omogenea ma ricchissima di talenti: i cosiddetti «non conformisti». Si tratta di un gruppo di intellettuali non apertamente schierati, impegnati a combattere la decadenza politica e morale di una nazione infiacchita e in grave crisi di identità. Fra loro spicca Thierry Maulnier, di cui è appena uscito un saggio chiave del suo pensiero: Oltre il nazionalismo (arricchito da un’utile presentazione di Corrado Soldato). Maulnier (in realtà si chiama Jacques Talagrand ed è nato nel 1909), tipico prodotto delle alte scuole di formazione francesi, come l’amico e compagno di studi Robert Brasillach, si forma nell’accogliente fucina, per nulla settaria ma aperta a personalità differenti (in special modo dopo la condanna vaticana del 1926), dell’Action française. Poi si avvicina alla «giovane destra», coniugando il nazionalismo con il pensiero di…