Roma, 18 gen – Alla continua riscoperta delle sue radici in una modernità meticcia, soprattutto negli ultimi anni e anche grazie a fortunate serie televisive, il mondo occidentale è sempre più affascinato dalla cultura vichinga. Quando si parla di questi omoni scandinavi che salpavano con i loro drakkar a caccia di avventura in nuove terre da razziare, non si può però non pensare anche alla loro scrittura magica. Stiamo ovviamente parlando delle rune; simboli alfabetici dal potere energetico che nei caratteri ricordano a noi italiani le antiche iscrizioni etrusche. Come ci spiegava nel 2018 il direttore Adriano Scianca su il Primato Nazionale, “l’“alfabeto” runico è detto fuþark (il segno þ corrisponde al suono th dell’inglese think), dalla sequenza dei primi 6 segni che lo compongono (Fehu, Uruz, Þurisaz, Ansuz, Raido, Kaunan). Il fuþark è composto di 24 segni, anche se a un certo punto ne è comparso uno semplificato di soli 16 segni. Il fatto che le iscrizioni runiche che abbiamo ritrovato siano relativamente tarde non significa che tale scrittura non esistesse precedentemente”.
“La più antica pietra runica databile al mondo”
Fino ad oggi erano circa 6900 le iscrizioni runiche ritrovate, la cui quasi totalità è stata scoperta in territorio scandinavo, soprattutto in Svezia. Le più antiche iscrizioni conosciute fino ad oggi risalivano al I secolo d.C., molte delle quali scoperte in Germania. Oggi, però, in Norvegia gli archeologi sostengono di aver trovato quella che potrebbe essere la pietra runica più antica del mondo. Gli studiosi scandinavi affermano infatti entusiasti che “tali iscrizioni hanno fino a 2000 anni e risalgono ai primi giorni dell’enigmatica storia della scrittura runica”. il Museo di storia culturale di Oslo, in queste ore ha spiegato che il blocco piatto e quadrato di arenaria brunastra, ritrovato dagli archeologi in Norvegia, presenta delle rudimentali incisioni che potrebbero essere il primo esempio di parole registrate per iscritto in Scandinavia. Secondo gli esperti potrebbe quindi essere “la più antica pietra runica databile al mondo”.
“Questa scoperta ci darà molte conoscenze sull’uso delle rune nella prima età del ferro. Questo potrebbe essere uno dei primi tentativi di incidere le rune sulla pietra in Norvegia e Scandinavia”. A dichiararlo è Kristel Zilmer, professore all’Università di Oslo, di cui fa parte il museo, e secondo il quale per effettuare l’antica incisione sarebbe stato usato un coltello. Come ci spiegava Scianca nel suo articolo su Alain De Benoist, rune più antiche sono state trovate su altri oggetti, soprattutto in Germania ma non sulla pietra. Il primo ritrovamento runico è su un pettine d’osso trovato in Danimarca.
La pietra di Idiberug da sabato esposta al museo
La pietra runica è stata scoperta alla fine del 2021, durante uno scavo presso una tomba vicino a Tyrifjord, a ovest di Oslo, in una regione nota per numerosi reperti archeologici monumentali. Gli oggetti nella fossa di cremazione, tra cui ossa bruciate e carbone, indicano che le rune furono probabilmente incise tra l’1 e il 250 d.C. “Avevamo bisogno di tempo per analizzare e datare la pietra runica”, ha annunciato per la prima volta ieri (martedì) Kristel Zilmer. La pietra runica misura 31 cm per 32 cm e presenta diversi tipi di iscrizioni, non tutte con un senso linguistico. Sulla parte anteriore della pietra, otto rune si leggono “idiberug” e potrebbe essere il nome di una donna, un uomo o una famiglia che qui fu sepolta. Da questo sabato 21 gennaio, la pietra runica sarà esposta per un mese al Museo di storia culturale, che ospita la più grande collezione norvegese di manufatti storici, dall’età della pietra ai tempi moderni.
Andrea Bonazza