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Tragedia al Cpr Brindisi: gambiano appicca il fuoco per protesta, muore un marocchino

by Cristina Gauri
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Brindisi, 20 dic — Tragedia nel Cpr (Centro permanenza per il rimpatrio) di Restinco, in provincia di Brindisi: un immigrato di origine marocchina è morto soffocato nel sonno dal fumo di un rogo divampato intorno alle 13, mentre un altro straniero è rimasto intossicato. Trasportato al pronto soccorso, le sue condizioni non destano preoccupazione.

Tragedia al Cpr di Brindisi, uno straniero morto per un rogo

Sarebbe stato proprio l’ospite intossicato ad appiccare il fuoco, per protestare contro le difficili, degradate condizioni di vita del Cpr in provincia di Brindisi: si tratterebbe di un cittadino del Gambia. La vittima, invece, sarebbe un immigrato marocchino di circa 40 anni. Stando alle prime ricostruzioni il piromane avrebbe acceso il rogo incendiando un materasso: le fiamme, e soprattutto il fumo, si sarebbero propagati velocemente all’interno dei locali, sorprendendo l’immigrato nordafricano nel sonno. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco del Comando provinciale di Brindisi, la polizia e le autoambulanze del 118. Il personale sanitario non ha potuto fare altro che constatare il decesso del clandestino. 

Stando a quanto riferito dalle cronache locali non si tratterebbe dell’unico rogo: nell’arco della giornata sono stati appiccati, sempre per protesta, una moltitudine di incendi in punti diversi del Cpr, domati senza conseguenze per gli ospiti.

Che cosa sono i Cpr

I Cpr sono strutture detentive dove vengono reclusi i cittadini stranieri irregolari, cioè clandestini sprovvisti di regolare titolo di soggiorno che rimangono in attesa di espulsione. Attualmente in Italia ce ne sono dieci e e si trovano a Torino (C.so Brunelleschi), Milano (Via Corelli), Gradisca d’Isonzo (Gorizia), Ponte Galeria (Roma), Palazzo San Gervasio (Potenza), Macomer (Nuoro), Brindisi-Restinco, Bari-Palese, Trapani-Milo, Caltanissetta-Pian del Lago. In origine i clandestini potevano essere trattenuti per un periodo massimo di 30 giorni. Oggi, dopo una serie di estensioni, la durata massima di permanenza non può superare i tre mesi. Un lungo periodo trascorso in strutture fatiscenti che finiscono con il diventare vere e proprie polveriere sociali. Fino alle estreme conseguenze, come nel caso del Cpr di Brindisi.

Chi gestisce le strutture?

Lo Stato delega la gestione dei Centri di permanenza a soggetti terzi, come cooperative o grandi multinazionali europee (uno su tutti il Gruppo Ors, che gestisce strutture di accoglienza e trattenimento in Svizzera, Germania, Austria, Italia) attraverso gare d’appalto in cui viene selezionata l’offerta economicamente più vantaggiosa. La quale, va da sé, coincide con tagli dei costi e massimizzazione dei profitti che vanno a riverberarsi inevitabilmente sulle condizioni di vita degli ospiti: cibo scadente, alloggi fatiscenti, pessime condizioni igieniche. Nel 2015, proprio Ors divenne l’oggetto di un Rapporto di Amnesty International che denunciò le condizioni disumane all’interno del Centro austriaco di Traiskirchen: «Progettato  per  1.800  persone,  era  arrivato  a ospitare  4.600». La morte dell’immigrato marocchino al Cpr di Brindisi può dirsi conseguenza di questo genere di gestione.

Cristina Gauri

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1 commento

fabio crociato 20 Dicembre 2022 - 11:39

I rimpatri dovrebbero essere eseguiti con immediatezza pagati con tutti i proventi degli spacciatori di ogni specie, genere e grado ed il riciclaggio del loro prodotto per usi di utilità pubblica.

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