Altro giro, altra corsa. Al governo c’è una maggioranza di centrodestra, e il carosello degli «umanitari» di sinistra è subito ricominciato. Del resto, in qualche modo bisognerà pur proteggere le proprie mangiatoie, no?
«Sono solo affari»
Dopo anni di vacche grasse (con il Pd al potere), nel 2018 arrivò al ministero dell’Interno Matteo Salvini, e ci furono la vicenda Aquarius, nave di Medici senza frontiere, e – caso ancora più eclatante – la Sea Watch di Carola Rackete, che non esitò a speronare una motovedetta della Guardia di finanza pur di scaricare a Lampedusa il suo prezioso carico di carne umana.
In tutti questi casi, le Ong ottennero l’appoggio incondizionato (e interessato) dell’intero apparato politico-mediatico della sinistra. Se Saviano si inventò la bubbola del «reato di umanità» (un modo assai singolare di camuffare il concetto di immigrazione clandestina), il Partito democratico pensò bene di inviare sulla Sea Watch alcuni suoi parlamentari (Graziano Delrio, Nicola Fratoianni, Davide Faraone, Matteo Orfini e Riccardo Magi), mentre la stampa di servizio fece partire il processo di beatificazione della speronatrice Rackete (indimenticabile il documentario agiografico sull’attivista tedesca trasmesso da Rai3).
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di dicembre 2022
Ma non furono solo giornalisti, politici e pseudo-intellettuali a fare da megafono alle – a dir poco – controverse Ong. Anche la magistratura offrì il suo cospicuo contributo. Tanto per cominciare, il gip di Agrigento Alessandra Vella non convalidò il fermo della Rackete, accusata di resistenza e violenza a nave da guerra. Motivo? «Ha salvato vite umane in mare». Così, per decreto savianesco. Tant’è che il procedimento a carico della signora si concluse con un nulla di fatto: l’inchiesta fu archiviata e tanti saluti. In pratica, i giudici stabilirono che speronare una nave militare italiana non è reato.
Solo mele marce della magistratura? Non proprio. Una volta scoppiato il caso Palamara, che ha travolto le varie consorterie delle «toghe rosse», si ebbero le inconfutabili prove che molti giudici intendevano attaccare Salvini anche se, da un punto di vista giuridico, la sua politica dei porti chiusi era inattaccabile. «Mi dispiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Indagato per non aver permesso l’ingresso a soggetti invasori. Siamo indifendibili. Indifendibili», fu lo sfogo di Paolo Auriemma, capo della Procura di Viterbo, in una chat con Palamara. Il quale rispose: «Hai ragione… ma ora bisogna attaccarlo». Il vaso di Pandora era ormai scoperchiato.
La sinistra e la guerra delle parole
Oggi, con la Meloni a Palazzo Chigi, le cose non sono molto cambiate rispetto al biennio 2018-2019. L’apparato mediatico italiano, decisamente sbilanciato a sinistra, è tutto schierato dalla parte dei «taxi del mare». E chi contesta l’immigrazionismo dei «buoni» è letteralmente un «bastardo». Questo, infatti, è l’epiteto che Roberto Saviano indirizzò a Salvini e alla Meloni nel dicembre del 2020, durante una puntata di Piazzapulita (ovviamente senza contraddittorio). Per queste parole al miele, il «bardo cosmopolita» è stato querelato per diffamazione dall’attuale presidente del Consiglio, con il processo che si terrà proprio in questo periodo. Anziché ritrattare, però, Saviano ha rilanciato: «Sento di aver speso perfino parole prudenti, di aver gridato indignazione perfino con parsimonia», ha dichiarato di recente a Fanpage con un invidiabile senso di impunità. Naturalmente, ci scommettiamo già da ora, cascherà in piedi.
Se i toni si alzano notevolmente quando c’è da rampognare i politici di destra, la strategia della sinistra cambia totalmente registro quando bisogna edulcorare una realtà inaccettabile. La strategia è arcinota, ma purtroppo spesso vincente. Osservando la neolingua gender, abbiamo potuto apprezzare la trasformazione di una pratica abominevole come l’utero in affitto nella più rassicurante «gravidanza solidale». È così che fanno i globalisti. Certo, qui c’è ancora del lavoro da fare, ma in altri casi la guerra delle parole è stata già vinta. Basti pensare a termini come «immigrato», «extracomunitario» e «clandestino», ormai stralciati dal vocabolario italiano per decreto boldriniano. Come vi ricorderete tutti, nel 2015 – anno della cosiddetta «emergenza immigrazione» – la sinistra impose di…