Roma, 6 giu – Avete un romanzo nel cassetto su un’avvincente storia d’amore contrastata dalle famiglie degli amanti? Fra i 15 e 19 anni avete scritto un diario raccontando la vostra vita in cui non è successo pressoché nulla? Sul vostro pc c’è una cartella che racchiude tutti i vostri studi di filologia romanza che chissà perché nessun editore ha mai voluto pubblicare?
Fino ad oggi questi vostri hobby erano considerati con un misto di fastidio e condiscendenza da conoscenti aridi e senza cuore. Ora, però, le cose cambiano per tutti i grafomani impenitenti. La rivoluzione è stata annunciata da un tweet: “Faremo la Biblioteca Nazionale dell’Inedito. Un luogo dove raccogliere e conservare per sempre romanzi e racconti di italiani mai pubblicati”. Firmato: Dario Franceschini, ministro dei Beni e delle attività culturali.
No, non si tratta di un fake, non è un falso profilo gestito da qualche burlone, è proprio lui, c’è il bollino blu che lo certifica. È proprio Dario Franceschini. Uno che evidentemente non ha altre cose urgenti a cui pensare, se trova tempo per bislacche proposte giustamente spernacchiate in tempo reale dalla rete.
Intervenendo alla premiazione di un concorso di scrittura dedicato agli studenti, il ministro ha spiegato: “Vorrei lanciare una nuova iniziativa, la Biblioteca nazionale dell’inedito, in cui raccogliere tutti gli inediti che ci sono nel nostro Paese. Sarebbe la memoria di un intero Paese. Chissà quante storie di famiglie, quante storie perse che farebbero memoria”. Farebbero memoria per chi? Le biblioteche funzionano perché uno ci va e sa cosa cercare, se ci sono libri la cui esistenza è nota solo all’autore e a Franceschini chi se li legge?
Ma soprattutto, un ministero che non riesce a gestire l’esistente come può pensare di dedicarsi all’inesistente? Quante biblioteche vere cadono a pezzi? Quanti autori di importanza oggettiva e acclarata potrebbero essere promossi e riscoperti prima di dedicarsi alle pièce teatrali scritte da anonimi ragionieri la sera prima di andare a letto?
Le motivazioni di Franceschini sono del resto quasi più agghiaccianti della proposta in sé: “Molti non osano scrivere perché temono di confrontarsi, ma scrivere è una terapia straordinaria, è un atto di grande creatività e libertà, che tutti dovrebbero fare, al di là del talento o dell’essere o meno portati”.
Scrivere sarà pure una terapia straordinaria, non lo mettiamo in dubbio. Anche fare una corsetta quotidiana al parco lo è, ma fortunatamente non abbiamo un ministro dello Sport che proponga di creare un archivio delle attività sportive amatoriali, con filmati di improbabili partite di calcetto fra cinquantenni panzoni e match di tennis di ambientazione fantozziana.
Del resto la fantomatica “Biblioteca Nazionale dell’Inedito” già esiste: è internet. Sono i social network, in cui ogni giorno milioni di sociologi improvvisati dicono la loro sul mondo. Sono i blog. Per non parlare del self publishing, che permette a chiunque di vedere stampata nero su bianco qualsiasi cosa. Gli italiani già scrivono, stampano e leggono le loro cose in proprio. Siamo sicuri che gli serva l’incoraggiamento di Franceschini?
Adriano Scianca
(articolo pubblicato su Libero del 6 giugno 2015)
Adriano Scianca