Roma, 20 lug — Della controversa proposta di legge inglese denominata “Online Safety Bill”, ne abbiamo già scritto in passato e per l’occasione ne riprendiamo la definizione ufficiale – ritenendola più esaustiva del comunicato rap postato su Tik Tok dalla sua promotrice, Nadine Dorries: “Un disegno di legge per la previsione e in connessione con la regolamentazione da parte dell’OFCOM di determinati servizi Internet; per e in connessione con reati di comunicazione; e per scopi connessi”. Nello specifico, quello che sulla carta si presenta come uno strumento per combattere l’odio su internet potrebbe rivelarsi lo strumento ideale per comprimere il residuo spazio di espressione e opinione.
E’ d’altronde noto ormai a tutti che il web, originariamente visto come materializzazione definitiva della libertà di parola e di opinione, si sia dimostrato, alla distanza e nello specifico, una vera e propria chimera. Il perché potrebbe addirittura risiedere nella logica stessa del (post) liberalismo, a sua volta generatore di una forma di governo che potremmo spingerci a chiamare democrazia totalitaria, la quale non ammette di buon grado il pensiero critico, soprattutto se questo è foriero di visioni ed opinioni che si posizionano in netto contrasto con la narrazione dominante di turno. Negli ultimi due anni, prima con la pandemia e ora con il conflitto nel cuore dell’Europa, abbiamo assistito a una netta accelerazione della censura, dell’etichettatura e dell’ostracismo. Quello che più preoccupa è che questo sembra non preoccupare.
Direttamente da Albione: Ministero della Verità e credito sociale online
Il conservatore John Penrose ha proposto un emendamento all’ormai famigerato “Online Safety Bill” in pieno stile orwelliano – e ci perdonino i lettori per l’abuso del termine – ha proposto che il governo obblighi i social network a offrire un punteggio che indichi quanto sia “veritiera” e “credibile” una persona, in base all’attività online come, ad esempio, ai post o ai tweet: il pretesto è sempre lo stesso, ossia tutelare gli utenti dalla disinformazione, o dalle ormai arcinote fake news.
La proposta di Penrose sostiene la necessità di affiancare agli utenti, i cui commenti hanno un certo numero di visualizzazioni, un vero e proprio punteggio denominato “truth score” un “punteggio verità”, in pieno stile credito sociale online. Il controllore, come scritto precedentemente, sarà OFCOM, il regolatore per i servizi e per le comunicazioni del Regno Unito.
Le prospettive sono chiare a tutti
Crediamo non sia necessario lasciare troppo spazio all’immaginazione e quali prospettive, un determinato strumento, possa offrire in termini di controllo sociale, sebbene talvolta sembri che ci si dimentichi quanto siano ormai, inesorabilmente, interconnessi i due mondi: quello digitale e quello reale, quanto l’uno possa plasmare l’altro, attraverso raffinatissimi e costantemente testati strumenti di controllo.
Infine, l’Online Safety Bill si presterebbe perfettamente al controllo dell’informazione sull’attualità più stretta, quella della guerra: “le piattaforme di social media dovranno affrontare in modo proattivo la disinformazione russa e di altro tipo sponsorizzata dallo stato volta a minare il Regno Unito in base ai cambiamenti che i ministri stanno apportando alle nuove leggi sulla sicurezza di Internet [Online Safety Bill N.D.A.]”
“Non possiamo consentire a stati stranieri o ai loro burattini di utilizzare Internet per condurre senza ostacoli una guerra online ostile”, ha affermato Nadine Dorries. “Ecco perché stiamo rafforzando le nostre nuove protezioni per la sicurezza di Internet per assicurarci che le società di social media identifichino e sradichino la disinformazione supportata dallo stato“.
Malumori tra i Tories
Ma, proprio dagli stessi conservatori si levano voci di preoccupazione, come quella di Lord Frost e altri importanti esponenti Tories tra cui gli ex ministri David Davis, Steve Baker e Sir Graham Brady: “questo [regolamento N.D.A.] potrebbe portare alla “censura politica” online poiché le società di social media risponderebbero sopprimendo tali contenuti e consentendo a un futuro segretario di stato di usare il potere di appoggiarsi ai giganti della tecnologia per rimuovere i discorsi che soggettivamente non amano. […] L’effetto a catena sulle nostre libertà civili sta già avvenendo in tempo reale. Il Partito Laburista ha espresso l’intenzione di espandere il quadro normativo per includere disinformazione e disinformazione in materia di salute. […] Ciò potrebbe portare i social media designati dallo Stato come arbitri della verità online e presentare seri problemi per la libertà di parola”.
La proposta di legge passerà in ultima lettura presso la House of Commons per poi passare ai Lords, prima di essere approvata.
La via d’uscita
Ci si domanda di che verità si stia parlando, se la verità in sé o la loro verità. E se la domanda è puramente retorica, per sottrarsi a un futuro che stila classifiche e assegna premi di obbedienza basterà invertirne la portata e la sua efficacia, dove un basso punteggio ci aiuterà a capire chi prendere in considerazione. E’ la realtà che dovremo ribaltare. La loro. Stavolta.
Valerio Savioli