Roma, 15 giu — Sanità italiana polverizzata dagli ultimi dieci anni di tagli: tra il 2010 e il 2019 gli italiai hanno assistito al calo di oltre un migliaio di strutture ospedaliere (da 1.165 a 1.054), con un definanziamento del Ssn di 37 miliardi che ha portato alla scomparsa di circa 25mila posti letto di degenza ordinaria (da 215mila a 190mila). Non solo: in una decade il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale (Ssn) è calato di 42.380 unità (da 646.236 a 603.856).
Tagli alla Sanità, in dieci anni quasi 40 miliardi
Un’ecatombe che si abbatte sulle categorie più fragili ed economicamente svantaggiate denunciata dal Forum delle società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari italiani (Fossc), che in una conferenza stampa online sottolinea le carenze strutturali del sistema sanitario e ne ribadisce le inefficienze. A cominciare dal mancato potenziamento della medicina territoriale, problema emerso con la pandemia che ha portato alla luce l’attuale crisi dei pronto soccorso dopo anni di tagli. «Concordiamo sulla necessità di potenziare la medicina del territorio — afferma Francesco Cognetti, coordinatore del Forum — ma riteniamo che non sia sufficiente per risolvere i problemi dell’ospedale, a partire dalle liste di attesa e dal collasso dei Pronto soccorso».
L’ospedale esteso al territorio
Secondo Cognetti «la storica dualità fra ospedale e territorio» va superata «a favore di un unico sistema di servizi interconnesso, continuo e complementare in cui prevalga l’idea di ospedale esteso al territorio e adeguato alle necessità della popolazione, avendo ben presente la sua complessità scientifica, clinica e organizzativa. Per questo vanno rivisti completamente i parametri organizzativi dei nosocomi sanciti con il Decreto ministeriale 70 (DM 70 del 2 aprile 2015), di cui auspichiamo una profonda e radicale revisione». le strutture ospedaliere vanno dunque ripensate. «È necessario che il numero di posti letto di degenza ordinaria cresca ben oltre i 350 per 100mila abitanti odierni fino a raggiungere almeno la media europea di 500». Stesso dicasi per i posti di terapia intensiva: «deve superare i 14 posti, peraltro rimasti sulla carta e mai raggiunti, per raggiungere almeno i 25 per 100.000 abitanti».
Perché gli errori e le carenze della pandemia non vengano replicati è necessario strutturare l’incremento di aree di terapia semi-intensiva sia nel Dipartimento medico che nel Dipartimento d’emergenza. In fine, Cognetti pone l’accento sul grave, «progressivo appannaggio di prestazioni a favore del privato rispetto al pubblico che viene così depauperato».
Cristina Gauri