Roma, 14 mag – La sentenza della Corte costituzione sull’illegittimità della norma, voluta dalla Fornero, che aveva bloccato la rivalutazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo Inps, si sta rivelando ben più di una gatta da pelare. Il buco lasciato in eredità dalla decisione della Consulta non è ancora quantificato, ma oscilla fra i sei e i dieci miliardi di euro a seconda dei calcoli. Anche prendendo per buona la stima più bassa, si tratta di una cifra capace di mangiarsi quasi quattro volte il tesoretto da 1.6 miliardi che si paventava ad aprile.
Soluzioni in vista, al momento, non ce ne sono. Ipotesi sul tavolo molte, concretamente poco o nulla. Padoan e l’Unione Europa spingono per risolvere a breve la questione, ma il premier Matteo Renzi non sembra essere d’accordo. Da Palazzo Chigi sembra infatti in procinto di uscire un decreto che rinvii la decisione a settembre. La legge esclude la possibilità di sospendere l’applicazione delle sentenze della Corte costituzionale, ma la stessa Costituzione, all’articolo 81, ha in sé il principio del pareggio di bilancio: l’applicazione della sentenza in questo istante farebbe saltare i conti dello Stato, ponendosi così al di fuori del perimetro tracciato dalla carta fondamentale.
Da qui l’opportunità di posticipare il tutto all’autunno, facendo rientrare la questione all’interno della legge di stabilità. Il rinvio avrebbe anche l’effetto di bloccare la valanga di ricorsi che si preannunciavo in arrivo alla presidenza del Consiglio. L’avvocato Riccardo Troiano, rappresentante di Federmanager, ha già messo le mani avanti: “Un intervento che preveda rimborsi solo ad alcune fasce di pensionati o una graduazione con restituzioni parziali sarebbe illegittimo. Le categorie promotrici dell’azione finita alla Consulta sono pronte a fare ricorso”.