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Nancy Pelosi non vola più a Taiwan: “Ha il Covid”. Niente “guerra” con la Cina

by Eugenio Palazzini
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Roma, 8 apr – Nancy Pelosi, speaker della Camera Usa, è risultata positiva al Covid, dunque salterà la visita a Taiwan in programma domenica 10 aprile. “Dopo essere risultata negativa questa settimana, la speaker Pelosi ha ricevuto un risultato positivo al test Covid-19 ed è attualmente asintomatica”, ha twittato il vice capo dello staff di Pelosi, Drew Hammill. “La speaker è completamente vaccinata ed è grata per la solida protezione fornita dal vaccino”.

Nancy Pelosi non andrà a Taiwan. Pericolo scampato

Hammill ha poi fatto sapere che la prevista delegazione del Congresso in Asia, guidata da Pelosi durante le due settimane di pausa del Congresso, “sarà posticipata a una data successiva”. Nulla di sconvolgente, si dirà. Non fosse che la mancata visita istituzionale a Taipei della speaker americana, la prima da 25 anni a questa parte come scritto ieri su questo giornale non sarebbe stata propriamente un segnale di distensione nei confronti della Cina.

Il timore di una escalation militare anche nell’Indo-Pacifico non è infatti trascurabile. Non a caso, proprio ieri, Pechino ha reagito duramente alla notizia circolata sui media giapponesi e di Taiwan (non confermata ma neppure smentita dagli Stati Uniti). “Se la Speaker della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi, si recherà in visita a Taipei, “la Cina adotterà misure risolute ed energiche per difendere fermamente la sovranità nazionale e l’integrità territoriale e gli Stati Uniti dovranno essere pienamente responsabili di tutte le conseguenze”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian.

Insomma, nel bel mezzo di una guerra in Europa e con la Russia sempre più legata alla Cina, la mossa americana non avrebbe fatto altro che spingere Pechino a reazioni imprevedibili. Nonostante il dragone asiatico non sia l’orso russo, nel senso che si è sempre mostrato più cauto, preferendo il soft power al forzare la mano con interventi militari. Ma la “provocazione” calcolata degli Stati Uniti rischiava davvero di far precipitare la situazione.

Eugenio Palazzini

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