Roma, 22 nov — Quando si dice «mobilitarsi in massa per le battaglie che contano»: in un liceo di Pisa gli studenti hanno occupato le aule dell’istituto per protestare contro il «no» della direzione a concedere il cambio di nome (o «carriera alias», per usare il termine che va di moda ora) a una studentessa affetta da disforia di genere, cioè trans. La ragazza, cioè, si identifica come maschio e ha chiesto alla scuola di poter essere iscritta con il nome di «Geremia».
La studentessa trans vuole il nome da uomo, i compagni occupano il liceo
Siamo al liceo classico Ulisse Dini, e gli studenti hanno ben chiare quali siano le priorità della scuola italiana: non le strutture obsolete e fatiscenti, non il futuro inesistente fatto di precarietà, insicurezza e crisi che li aspetta, no. Quelle sono battaglie inutili, troppo difficili, troppo poco conformi. Meglio scodinzolare dietro agli smalti di Fedez e agli appelli di Lady Gaga. Quindi, all’iniziale esitazione della dirigenza, i ragazzi hanno risposto compatti occupando le aule da martedì mattina. La preside Adriana Piccigallo alla fine ha ceduto, decidendo di andare incontro alla disforia della ragazza trans.
Parla il rappresentante di istituto
«La nostra — spiega Samuele Badalassi, uno dei rappresentanti di istituto — è una scuola molto grande e non ci conosciamo tutti. Ma quando Geremia, che frequenta la quarta, ci ha raccontato la sua storia abbiamo deciso che dovevamo fare subito qualcosa». I ragazzi hanno chiesto un incontro con la Piccigallo, che ha rispedito la richiesta al mittente. Almeno inizialmente. «Ci ha detto che la scuola non era pronta per iniziare questo percorso».
Gli studenti hanno presentato una serie di richieste, dalle aule più grandi al cambio di nome della studentessa trans. «Vogliamo aule più grandi – spiega Samuele –, ma vogliamo anche che Geremia possa sentirsi a suo agio con la sua scelta. E vogliamo che la nostra scuola faccia di tutto per aiutarlo nel suo percorso che certo non sarà stato facile. La maggior parte dei professori appoggia la sua scelta, solo qualcuno di loro ha una mentalità più antiquata. Ma le idee che ledono la libertà degli altri non vanno bene, giusto?».
La preside cede alle richieste
Alla fine la preside ha calato le braghe. «Dopo aver coinvolto il suo consiglio di classe — spiega — i cui insegnanti usano il nome da lui scelto, abbiamo in programma di studiare la carriera alias attraverso il nostro referente del progetto sugli stereotipi di genere, per poi presentarla al collegio docenti. C’era già un accordo con i rappresentanti di istituto che mi avevano chiesto di attivare questo percorso». Che ne è del rifiuto iniziale? «La mia perplessità – continua la dirigente – era solo nei tempi e nei modi, proprio perché sapevo che questo tipo di percorso era una novità assoluta. Io stessa non ne ero a conoscenza. La delicatezza dell’argomento mi aveva fatto propendere per la riservatezza, mentre invece per quel ragazzo era importante diffondere la sua situazione».
Insomma, dopo i ragazzi in gonna «contro le discriminazioni di genere» del liceo di Monza e l’introduzione dell’asterisco per il genere fluido al Cavour di Torino, ora anche l’occupazione per il cambio di nome della ragazza che si sente un ragazzo. Ridevamo tanto delle idiozie progressiste made in Usa, e alla fine ce le siamo ritrovate in salotto.
Cristina Gauri
3 comments
E se desiderassi un nome maschile nei giorni pari e un nome femminile nei giorni dispari ?!
O un nome maschile in estate ed un nome femminile in inverno ?!
O un un nome bisex in primavera ed autunno ?!
E do’ sta il problema? Avete tutti un codice fiscale e chiamatevi come desiderate… si modifica il cf in un attimo. Occhio però a non diventare del tutto solo numeri e poi, rivoluzionariamente, lamentarvi. La rivoluzione ha tempi non umani… buon studio!
Se la “studentessa” in questione vuole un nome maschile immagino sia un maschio transessuale, quindi di conseguenza va scritto STUDENTE.
Per il resto, mi sembra assurdo che una scuola non accetti chi transgender. Non è il desiderio di avere un nome diverso ma di essere riconosciuto come uomo e non come donna.