Milano, 20 ott — I consiglieri comunali meneghini non hanno ancora da sedersi sugli scranni del consiglio che il neo-rieletto Beppe Sala ha subito messo le cose in chiaro: bisogna che tutti presentino l’implacabile «dichiarazione di antifascismo» altrimenti non si va da nessuna parte. Cosa si intende per «antifascismo militante»? Quello di chi mette a ferro e fuoco le città durante le manifestazioni dei centri sociali? Quello che armò le mani assassine contro Sergio Ramelli? Sala non lo ha chiarito. Ma transeat.
Feltri: la dichiarazione di antifascismo non la firmo
Vittorio Feltri, eletto consigliere con Fratelli d’Italia, spiega bene su Libero cosa Sala dovrebbe fare con la «dichiarazione di antifascismo». «Una stupidaggine simile — il fondatore di Libero — non si era mai registrata in alcun municipio patrio. Evidentemente Sala dimentica che coloro incaricati di amministrare la città sono stati votati dagli elettori e soltanto ad essi devono rispondere». Sicuramente non al soviet di Palazzo Marino. «Ma siamo impazziti?», prosegue. «Tutta la mia lunga vita testimonia rigoroso rispetto della legge suprema della repubblica democratica, e secondo il primo cittadino, dovrei dire a lui ufficialmente di essere una persona perbene, per giunta priva di simpatie per l’infausto Ventennio dominato dal Duce. Se lo scordi, il signorino Sala».
“Ma chi si crede di essere?”
Poi l’annuncio: Feltri non firmerà mai la dichiarazione di antifascismo. «Non firmerò mai una simile buffonata che mette in dubbio 78 anni della mia esistenza disciplinata, impeccabile. Se non è sufficiente la mia reputazione per contribuire a far crescere Milano, ci metto due minuti a mandare al diavolo un sindaco che combatte le dittature inesistenti con metodi da despota». Poi l’affondo: «Ma chi crede di essere, Hitler? Quando sarò seduto in Consiglio comunale e lui mi chiederà di siglare il fetente documento provvederò a dirgli in faccia le parole che fin qui ho vergato».
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Già in passato Feltri aveva espresso chiaramente la propria opinione contro la pratica della «dichiarazione di antifascismo». Due anni fa, aveva osservato che «è rimasto come un tic quello dell’antifascismo. Quando uno non sa cosa dire dice “ma tu sei un fascista”, oppure “populista”, oppure “sovranista”. Tutti questi termini hanno sostituito gli insulti classici tipo “cornuto”, “figlio di p…” eccetera».
Cristina Gauri
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