Roma, 21 ago – Dopo la malsana idea di rendere pignorabile la prima casa, adesso l’aggiornamento del catasto. Il mattone, bene-rifugio per eccellenza degli italiani (ultimamente molto più dei Titoli di Stato) è sempre nel mirino del fisco. Specie se, a questo giro, l’imposizione arriva direttamente – diremmo quasi sotto minaccia – da Bruxelles.
Aggiornamento del catasto: ecco a cosa punta il Ministero
Le linee-guida messe per iscritto nell’Atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2021-2023 non lasciano, d’altronde, spazio a dubbi. Nel corso dei prossimi anni, spiega il ministero dell’Economia, il tema dell’aggiornamento del catasto sarà centrale. Da qui una serie di sinergie operative, da conseguirsi tra le varie agenzie, con l’obiettivo tra gli altri “di una più equa imposizione fiscale”.
Peccato che, dal lato della sbandierata equità, non si vada oltre un generico “presidiare il territorio al fine di far emergere gli immobili non dichiarati in catasto”. Per i restanti – quelli che, per capirci, le imposte sulla casa le pagano puntualmente – il rischio “stangata” è dietro l’angolo. Più che di aggiornamento del catasto, infatti, l’atto sembra malcelare l’intenzione di puntare ad aggiornare i valori catastali. Parliamo della base imponibile su cui si calcolano le imposte che gravano sulle case italiane. Come se non fossero già tra le più tassate d’Europa.
Il Recovery Fund incombe: si prepara un aumento dell’imposizione sulla casa?
L’ipotesi di lavoro non è nuova. E conduce direttamente al Recovery Fund, il piano comunitario entrato in azione ad oltre un anno e mezzo dall’esplosione della pandemia. Con tutta calma, distribuendo giusto una manciata di miliardi sotto forma di anticipo. Il grosso arriverà dopo. Insieme al carico di vincoli e imposizioni. Tra essi il rispetto delle raccomandazioni specifiche per Paese, che in un florilegio di spinta verso sempre nuove frontiere di austerità non mancavano di sottolineare proprio la necessità di un aggiornamento del catasto, al fine di allineare i valori fiscali degli immobili a quelli di mercato.
Il senso del “suggerimento” (da leggersi con la voce di Vito Corleone) era ed è quello di spostare la tassazione dal lavoro alle rendite. Condivisibile, non fosse che – eccezion fatta per i grandi titolari di immobili – a venire colpiti sarebbero soprattutto i piccoli proprietari. Quelli che, per investire i risparmi di una vita, hanno magari – e senza scopi speculativi – acquistato una seconda abitazione. Saranno loro i primi a pagare il conto del Recovery?
Nicola Mattei
1 commento
Si desidera rendere le case sempre meno “stabili”, più ad obbligo di affitto, eventualmente pure abbattibili per guadagnarci sopra ancora di più. Il momento è propizio per ampliare l’ uso di liquidità tra gli amici degli amici. Con i costi che ci sono (specie di ristrutturazione, il 110% in buona parte l’ abbiamo già dovuto lasciare nelle banche noi!), i valori catastali dovrebbero pure scendere! Ma no, l’ inflazione deve smorzare la leva debitoria di lor signori…