L’antirazzismo radicale tende a capovolgersi nel suo opposto: diventa esaltazione di una società frammentata in ghetti sempre più ostili tra di loro, con l’istituzionalizzazione di «caste» che hanno diverso punteggio nella scala dell’importanza. È notizia del mese scorso la nascita di un gruppo di pressione che predica l’obbligo di scegliere traduttori neri per dare voce a personaggi neri dei film di Hollywood, e precedentemente si era accesa la polemica sul fatto che un «maschio bianco europeo» avesse osato tradurre i versi di una poetessa di corte della presidenza Biden, senza avere l’adeguato curriculum evidentemente legato alla omogeneità cromatica. Inutile rimarcare l’assurdità di simili pretese rispetto alle stesse premesse della battaglia antirazzista. In base a tali criteri, chi mai nell’universo potrebbe avere titoli per tradurre un Dante Alighieri: forse un guelfo bianco dell’Arkansas?
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di giugno 2021
La tribalizzazione della società
[…] Siamo di fronte a una rabbiosa ideologia che congiunge la «cultura del piagnisteo» con rivendicazioni sempre più frenetiche di «quote». D’altra parte, soltanto una buona dose di accondiscendenza potrebbe impedire di notare quel che è ormai evidente: questi gruppi, che recriminano di essere discriminati ora o tre secoli fa, sempre più si caratterizzano per un forte senso di superiorità razziale. Razzisti, insomma, ma neri.
Prendiamo il caso emblematico della Nation of Islam, il movimento afroamericano di confessione islamica a cui apparteneva il terrorista Noah Green, che il 3 aprile si è lanciato con la propria macchina sul Campidoglio di Washington uccidendo un agente e ferendone gravemente un altro: tale movimento, fin dalla sua fondazione, afferma l’obbligo per tutti gli afroamericani di convertirsi all’islam. L’islam, in quanto grande religione alternativa al cristianesimo degli euroamericani, con una palese semplificazione, viene interpretato come la religione dei neri; in realtà, gli arabi furono i primi grandi mercanti internazionali di schiavi neri (ma, va detto, anche di schiavi bianchi, considerando le centinaia di migliaia di europei rapiti e fatti schiavi sulle coste d’Italia e Spagna).
Razzisti e suprematisti neri
È difficile considerare la Nation of Islam un movimento antirazzista: negli anni Sessanta, il suo leader Elijah Muhammad riteneva che i neri rappresentassero l’umanità originaria, dotata di adamitica bontà e qualità superiori. Quasi come in un mito gnostico contemporaneo, l’afroamericano Elijah credeva che il diavolo avesse corrotto la razza originaria color ebano generando un ramo degenerato: i bianchi appunto, inferiori per intelletto e intrinsecamente malvagi. Il guru dei musulmani neri trasmise queste categorie al carismatico Malcolm X, già convinto di suo che tutti i bianchi, senza alcuna eccezione individuale, fossero creature malefiche. Il magistero di Elijah viene descritto nel film celebrativo di Spike Lee Malcolm X, che se da un lato non occulta il grintoso razzismo biologico dei personaggi, dall’altro stende un velo pietoso sulla visione escatologica di Elijah, il quale profetizzava una curiosa apocalisse ufologica: dischi volanti da una dimensione superiore sarebbero scesi sulla terra per riscattare i neri e restituire ad essi il primato che gli spettava e, nello stesso tempo, per punire i bianchi. Ci sono stati autori marxisti che hanno avuto il coraggio di valorizzare…