Roma, 15 mag – Se chiedessimo “Chi sono gli Antonelli?” probabilmente, ma solo dopo una ricerca, tutti risponderemmo con i nomi di Roberto e Luca, padre e figlio, entrambi ex giocatori del Milan. Nessuno – mettiamo la mano sul fuoco sicuri di non scottarci – parlerà di una famiglia romagnola.
Originaria di Gatteo, piccolo paese situato nella campagna tra Cesena e Rimini, a metà strada tra la costa adriatica e il primissimo appennino, a cavallo tra il 1500 e il 1600 fu espressione di quel genio italico che tanti riconoscimenti ha avuto all’estero. E che per secoli ha permesso alla nostra amata nazione di essere davvero centro del mondo. Erano anni in cui l’Italia, seppur divisa, rappresentava la frontiera orientale dell’impero spagnolo. Ultimo baluardo contro l’avanzare turco. Per ovvi motivi quindi i rapporti commerciali e culturali tra le due penisole, italiana e iberica, erano più vivi che mai.
Sulle orme di Colombo
Tre generazioni di ingegneri idraulici e architetti militari. Poco noti nella storia locale e pressoché sconosciuti a livello nazionale. Protagonisti per un secolo di fortificazioni nel levante spagnolo, nelle coste nordafricane e nell’area caraibica. Connazionali che contribuirono all’affermazione spagnola in Europa e alla sua espansione nel nuovo mondo pochi decenni dopo le imprese di un altro italiano ben più famoso, ossia Cristoforo Colombo.
Delle esperienze prettamente nostrane della famiglia si poco. Solamente che il fratello maggiore di questa famiglia, gli Antonelli appunto, fu “inzegnere” per i conti Guidi, casata allora dominante in Toscana, in Emilia e in Romagna, e che partecipò tra il 1552 e il 1559 all’assedio di Siena a fianco di Carlo V e di Vespasiano Gonzaga Colonna, l’umanista che avrà il merito di formare professionalmente la famiglia cesenate.
Il capostipite: Giovanni Battista Antonelli
Giovanni Battista Antonelli (1527-1588) fratello maggiore di 5, prestò servizio al re di Spagna Filippo II. Si suppone che viaggiò prima dei trent’anni, coltivando quella che diventerà una profonda preparazione. Tra il 1560 e il 1580 si occupa di fortificazioni nel levante spagnolo e nei porti del nord Africa. Dal 1580 fino alla morte si dedica con successo allo studio di opere idrauliche per la navigazione dei fiumi iberici. Il primo impegno è un sopralluogo per la fortificazione costiera tra le città di Cartagena e Valencia.
Nel 1580, in seguito all’occupazione del Portogallo, inizia a studiare le vie di comunicazione lusitane per favorire il trasporto logistico di vettovaglie e materiale militare. Viste le irregolarità dei terreni e le pessime condizioni in cui si trovano le strade, l’architetto romagnolo pensa bene di sfruttare le reti fluviali, in particolare il fiume Tago, per il trasporto di queste pesanti attrezzature. La relazione presentata lascia il monarca positivamente colpito, soprattutto per i vantaggi commerciali e il prestigio internazionale che l’opera completa avrebbe garantito.
Quattro anni più tardi lo stesso Filippo II volle verificare personalmente l’avanzare dei lavori. Nel gennaio 1588 abbiamo testimonianza del primo viaggio di 7 scialuppe che in 15 giorni da Toledo raggiungono Lisbona. Nel viaggio di ritorno un improvviso malore è fatale a Giovanni Battista, mentre si trova alle prese con l’elaborazione di altri progetti di navigazione fluviale.
Dalla penisola iberica ai caraibi
Battista Antonelli (1547-1616) minore dei cinque e unico fratello ad attraversare l’Atlantico (sbarcò a Rio de Janeiro nel 1582), si trasferisce in Spagna poco più che ventenne su chiamata del fratello maggiore Giovanni Battista. Si tratta del personaggio di spicco della famiglia. Dotato di maggior talento e con più sicurezza nelle questioni tecniche e capace di realizzare le opere più importanti.
Mentre è impegnato con il fratello e con il nipote Cristoforo Roda nello studio delle vie di comunicazione portoghesi, gli viene affidata un’importante missione nel Nuovo Mondo: raggiungere lo stretto di Magellano (attuale Cile ed ex dominio portoghese), unico passaggio navigabile allora conosciuto tra l’Atlantico e il Pacifico, e costruire due forti a ogni lato del canale per assicurare così alla corona spagnola il controllo di questo snodo strategico. La spedizione però è un fallimento totale, in quanto nel gennaio 1583 la nave affonda con tutto il carico.
Battista torna per un breve periodo a Madrid ma riparte per un secondo viaggio oltreoceano e raggiunge l’area caraibica nel 1586. Obiettivo studiare le locali coste con l’incarico di individuare i punti da fortificare per mezzo della costruzione di bastioni. Il progetto venne denominato “Piano di difesa delle Indie Occidentali”. E’ un periodo in cui il predominio marittimo spagnolo nelle americhe è seriamente messo in discussione dalle esplorazione di Inghilterra, Francia, Olanda e dai saccheggi dei pirati. Il Mar dei Caraibi da ispanico sta diventando sempre più europeo.
Le fortificazioni tra Atlantico e Pacifico
La cedola reale che incarica Antonelli prevede lo studio di nuovi sistemi difensivi per Cartagena delle Indie (attuale Colombia), Chagre, Portobello, Panama e L’Avana (Cuba). In particolare la baia di Portobello e il fiume Chagre sono oggetti di studi approfonditi per le caratteristiche naturali in quanto funzionali alle vie del commercio con le coste del Pacifico (Filippine e Perù).
Nella capitale cubana invece viene progettato (1587) e successivamente eretto il Castillo del Morro, definito dagli storici come “complesso omogeneo che integra organicamente la natura con l’eredità medievale e l’astrazione geometrica del razionalismo rinascimentale”. Torna quindi in Spagna per presentare le intuizioni al re proprio mentre le flotte inglesi e olandesi mettono fine all’egemonia della Invencible Armada nei mari americani. La forticazione delle terre ispano-caraibiche diviene quindi la priorità.
Nel 1588 un’altra cedola regia incarica il nostro Battista alla costruzione di strutture difensive nei 5 siti già visitati (Cartegena delle Indie, Chagre, Portobello, Panama, L’Avana) e alla progettazione e relativa edificazione militare anche a Santo Domingo, Puerto Rico e in Florida. Nel mandato reale sono comprese anche un’ispezione in Messico, più precisamente a Veracruz, e alla Baia di Fonseca.
Un’impresa ciclopica
Il terzo viaggio oltreoceano di Antonelli dura un decennio. Nonostante l’impresa richiesta si possa tranquillamente definire ciclopica (chi commissiona queste opere molto spesso non poteva né conoscere le distanze, l’estensione e la conformazione fisica proprie del continente americano né paragonarle quindi con la realtà spagnola), il lavoro svolto dall’ingegnere romagnolo è qualcosa di stupefacente e glorioso.
Le “vecchie” soluzioni di fortificazione iniziano infatti a mostrare la loro inefficienza a fronte dell’evoluzione dell’artiglieria e dello sviluppo delle città. Pertanto gli studi si direzionano verso risposte di architettura militare che fossero innovative per l’epoca. I bastioni caraibici antonelliani hanno una particolarità che differenzia la scuola italiana rispetto ai modelli con base regolare e simmetrica: presentano un tracciato irregolare ma armonioso che meglio si adatta alla forma del terreno. Stesse caratteristiche che, ad esempio, ritroviamo anche a Pisa e a Ostia.
Vale la pena ricordare che in quel periodo il continente americano è area periferica, sia a livello culturale che di genio civile e militare. Lavorare tanti anni lontano dal centro del mondo (l’Europa) voleva spesso dire non essere al passo con nuove teorie e nuove tecniche. Nonostante questo “handicap” Battista si occupa anche di organizzare la difesa del territorio per mezzo di trincee, fossati e barriere. Questo forte senso di pragmaticità militare risulterà utile a Panama quando nel 1596 il corsaro inglese Francis Drake non riuscirà a saccheggiare il lembo di terra posto tra Costa Rica e Colombia.
Non solo strutture militari
Il lavoro caraibico di Antonelli non si ferma però solo all’arte del fortificare. Nella capitale cubana, ad esempio, nel 1590 viene progettato anche l’acquedotto che consentirà a L’Avana, prima piazza fortificata dei Caraibi, l’arrivo di acqua potabile dalla canalizzazione del fiume La Chorrera. Terminato il decennio americano, vengono lui commissionate opere nel levante spagnolo, a Gibilterra e nelle coste marocchine. Il quarto e ultimo passaggio al di là dell’Atlantico lo vede accompagnato dal figlio Gian Battista (1585-1649 chiamato “el mozo”, unico Antonelli nato in Spagna e figura conclusiva dell’attività di famiglia), con meta le preziose saline nel litorale venezuelano orientale, minacciate dagli illegali traffici olandesi. Sarà poi lo stesso discendente a fortificare la zona nel 1622.
Poco prima di morire, come da testamento dona 625 scudi per istituire nel paese d’origine il “Monte Frumentario”, banca del grano a favore dei più poveri. Lascito importante, una casa di tre piani adibita a magazzino e abitazione dei custodi, rimarrà in vigore fino a metà Ottocento. Degli ultimi anni di Battista abbiamo poche notizie, tra queste che si isola dagli affetti e muore a Madrid nel 1616.
Gli “altri” Antonelli: la dinastia continua
I nipoti di Giovanni Battista e di Battista, figli di due delle tre sorelle, usarono il cognome delle proprie madri per beneficiare di tale prestigio.
Cristoforo Roda Antonelli (1560-1631) figlio di Rita, sorella di Giovanni Battista e Battista. Il più longevo della famiglia, grande lavoratore, vive per 40 anni nelle americhe. Impegnato fin dalla giovane età insieme agli zii nelle fortificazioni levantine e nordafricane, approda, su chiamata di Battista, a Cuba nel 1591. E’ il principale artefice delle fortificazioni di Cartagena. Definito “l’uomo delle mura” della stessa città: accompagnato dal cugino Gian Battista, addirittura migliora il progetto dello zio. Personalità dal carattere spigoloso, muore povero in terra colombiana.
Cristoforo Garavelli Antonelli (1550-1608) e Francesco Garavelli Antonelli (1557-1593) figli di Catalina, sorella di Giovanni Battista e Battista, servono i reali di Spagna più che altro nella penisola iberica e nel Nordafrica come architetti militari e idraulici. A differenza del fratello Cristoforo, che non superò mai l’Atlantico ma viaggiò ed edificò molto in territorio spagnolo con lo zio (Navarra, Catalogna, Valencia, Cartagena, Cadige, Malaga e Gibilterra), Francesco raggiunse nel 1591 all’Avana il cugino Cristoforo Roda.
Preparazione e professionalità: buon sangue non mente
In questo nostro viaggio nel tempo e nello spazio, abbiamo potuto constatare che Battista Antonelli fu il personaggio con più talento. Tutti gli Antonelli di cui vi abbiamo parlato dimostrarono però preparazione e professionalità. Un filo che lega per stile, capacità di integrarsi al terreno e utilità militare quanto costruito da questa famiglia italiana. Dalla fortezza di Mazalquivir (1574 – attuale Algeria) al castello d’Araya (1622 – attuale Venezuela).
Riconoscimenti postumi alle opere antonelliane vengono anche dall’Unesco, che include nei “patrimoni dell’umanità” il Castello del Morro e quello di San Salvador de la Punta a L’Avana, il castello di San Pedro de la Roca a Santiago de Cuba, i porti e le fortezze di San Felipe e di Santa Cruz a Cartagena de las Indias in Colombia, la fortezza di San Juan di Porto Rico, la città vecchia e la fortezza di Portobello a Panama.
Come la storia ci insegna, per noi italiani dopo una Caporetto c’è sempre una battaglia di Vittorio Veneto da vincere. Così è successo a Battista Antonelli. Se si fosse arreso al flop della prima spedizione oltreoceano il suo genio probabilmente non si sarebbe potuto esprimere in tutta la sua grandezza. A volte la semplicità dei personaggi tende a far scivolare vere e proprie eccellenze nel dimenticatoio. Rimangono però gli spunti, le opere, le azioni a testimonianza eterna di quello che dovremmo riscoprire ogni giorno. La bellezza e l’orgoglio di appartenere ad un popolo che può trovare il suo posto nel mondo solamente ponendosi al centro di esso.
Marco Battistini