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I Btp battono ancora una volta il Recovery Fund (che non esiste)

by Filippo Burla
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Roma, 8 apr – E’ ancora record per i nostri Btp, anche se il ministero dell’Economia continua a tenere il “braccino corto” sulle emissioni. Le ultime ieri, quando via XX Settembre ha collocato tramite sindacato un nuovo titolo a 50 anni e riaperto il Btp a 7 anni. Più che lusinghieri i risultati. Il titolo cinquantennale, con scadenza marzo 2072, ha strappato un tasso annuo (in due cedole semestrali) al 2,15%. Il secondo, con scadenza a marzo 2028, sconta un rendimento lordo pari allo 0,362%.

Domanda record per i nostri Titoli di Stato

Il dato più importante, tuttavia, è quello relativo alla domanda. Gli ordini pervenuti superano i 130 miliardi di euro: più di 64 per il Btp a 50 anni, 66 per il settennale. A dimostrazione che i nostri Btp sono sempre appetibili e riscuotono il favore di investitori a caccia di un “porto sicuro”. Segno che l’Italia non ha mai perso l’accesso ai mercati. Né rischia di farlo a breve, tanto più alla luce degli oltre 84 miliardi di liquidità di cui dispone attualmente il dipartimento del Tesoro.

Nonostante la corsa ai Btp, il ministero ha scelto ancora una volta la linea del freno a mano tirato. A fronte dei 130 miliardi di domanda, infatti, sono stati collocati in totale solo 12 miliardi. Un decisione – in perfetta continuità con la gestione Gualtieri – a tratti incomprensibile: perché non sfruttare il momento più che propizio per consolidare (per non dire blindare) il nostro debito pubblico, in specie quello di medio/lungo termine? Da gennaio a oggi sono giunte richieste per quasi 400 miliardi di euro, soddisfatte con emissioni pari a 45,5. Meno dell’11,5%.

Btp meglio del Recovery Fund

L’unica spiegazione è che anche il governo Draghi, così come il precedente, invece di fare il pieno si stia sollazzando in attesa del Recovery Fund. Risorse che non arriveranno, stando al cronoprogramma, prima di fine estate. Questo ad essere ottimisti, perché il “bazooka” europeo (in realtà sempre più una pistola ad acqua) prima di veder la luce deve sottostare a numerosi e non scontati passaggi. Detta in altre parole: la ratifica da parte di alcuni Stati (Germania in primis) è ancora in alto mare.

Sarà già un successo, insomma, se il Recovery vedrà la luce entro la fine di questo 2021. Vale a dire quasi due anni dall’inizio della pandemia, a sottolineare l’incapacità ormai conclamata (e cronica) dell’Ue di offrire concrete risposte ai propri membri. Un’attesa infinita, inaccettabile. Con la domanda record per i nostri Btp potremmo raccogliere nel giro di un paio di emissioni l’intero ammontare dei prestiti e delle risorse a fondo perduto su cui la Commissione si balocca da mesi. Evitando, peraltro, tutto l’accrocchio di burocrazia, condizioni, disciplina di bilancio (alias austerità) e costi che verranno in futuro caricati sulle nostre spalle.

Filippo Burla

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