Roma, 9 mar – La sceneggiata che il parlamentare del Pd Emanuele Fiano ha messo in atto ieri sera, a La Gabbia, non appena il vicepresidente di CasaPound Italia, Simone Di Stefano, ha preso la parola segnala, al netto dei drammi familiari dell’onorevole, che il livello di isteria antifascista in questo Paese sta oltrepassando i livelli di guardia.
Il picco di consensi di Matteo Salvini e il fatto che il leader leghista sia non fascista, come molti dicono, ma sicuramente estraneo alla cultura antifascista manda su tutte le furie le élite culturali. Che inorridiscono, si indignano, gridano allo scandalo: “Ma dove andremo a finire, l’Italia non è più antifascista?”. Ebbene, c’è una notizia, per lorisignori: non lo è mai stata.
Parliamoci chiaro, la cultura antifascista, in Italia, è sempre stata una cosa d’élite, che il fascismo debellò completamente con la repressione ma anche con il consenso, che riemerse in alcune zone assolutamente limitate del nord Italia a guerra quasi finita, con alterne fortune e comunque con un’esplosione di affluenze avvenuta solo quando non si rischiava più nulla e improvvisarsi partigiano pagava, non solo in senso morale.
Già nel dopoguerra, una volta terminata la mattanza sui vinti, il fascista entrò ben presto nell’immaginario collettivo come figura tipica e in fondo innocua del paesaggio sociale. Così appare per esempio il missino nei film comici degli anni ’50. In un contesto nazionale e internazionale assai complesso, la coscienza antifascista fu risvegliata ad arte negli anni ’70, con gli effetti che sappiamo (“Uccidere un fascista non è un reato”), che però furono ben presto fagocitati dal riflusso degli anni ’80. Da quel momento in poi, dell’antifascismo non fregò più nulla a nessuno.
I progressi della storiografia, anzi, cominciarono a smontare l’agiografia resistenziale, mentre parallelamente Renzo De Felice cominciava a raccontare la complessità del fenomeno mussoliniano fuori da ogni demonizzazione aprioristica. Oggi, secondo un sondaggio realizzato un paio d’anni fa dall’istituto Swg per Rai Tre, alla domanda “il fascismo ha avuto ombre ma anche luci, è d’accordo?” il 47% degli intervistati ha risposto di sì. “È un dato costante da oltre 15 anni”, ha commentato Roberto Weber, presidente dell’istituto Swg.
Metà degli italiani, insomma, pensa che il fascismo abbia fatto anche cose buone (che è una ovvietà, ma che ad orecchie antifasciste suona ancora come una bestemmia).
Del resto la costruzione di uno stato sociale, la fondazione delle città, il fatto che anche nel più piccolo paese l’ufficio postale, il comune, i tombini, i lampioni – insomma tutto ciò che in maniera concreta rappresenta per il cittadino lo Stato – rechi ancora l’emblema del fascio, tutto questo non si può cancellare con un colpo di spugna. Piaccia o non piaccia, l’Italia non è antifascista.
Sono sempre esistiti i fascisti militanti, insieme alla ben più ampia percentuale di chi fascista non è ma guarda a quel periodo senza acrimonia alcuna. Il Duce tira sulle riviste, sui calendari, sulle bottiglie di vino, alimentando anche un mercimonio trash del tutto impolitico che però segnala un rapporto del Paese reale con quel periodo molto più pacificato di quanto non accada fra le élite.
In Italia ex combattenti non pentiti della Rsi come Walter Chiari o Raimondo Vianello sono delle colonne della commedia. Intellettuali anche di sinistra come Carlo Lizzani, Margherita Hack, Andrea Camilleri hanno serenamente riconosciuto – complice la vecchiaia che fa tornare sinceri come i bambini – che sotto il regime non erano stati affatto male e che Mussolini modernizzò l’Italia.
Ovviamente tutto questo non significa che l’Italia oggi sia fascista. Anzi, questa sorta di tolleranza un po’ ipocrita, cerchiobottista, soporifera è forse più pericolosa, per chi abbia oggi ideali rivoluzionari fascisti, di quanto non lo sia un’aperta ostilità. Ma resta il fatto che il furore ideologico e la logica escludente degli antifascisti militanti siano sempre stati, in Italia, una roba per pochi eletti. Che, gridando allo scandalo in un Paese che non se li fila di striscio, appaiono oggi tutt’al più patetici.
Adriano Scianca
8 comments
ma infatti si sapeva che l’italia è una repubblica fondata sull’idiozia.
Già Christopher : la repubblica italiana è fondata su un’ idiozia : la resistenza.
Vinta dagli alleati: quelli che fino a poco fa chiamavate “invasori capitalisti”.
purtroppo la resistenza rossa non è riuscita ad uccidere l’80% degli italiani non comunisti e non se lo perdoneranno mai i figli di Togliatti… quello che disse delle foibe “gli sta bene così imparano a non essere comunisti”
Certo che è antifascista: anzi, è anticomunista, che è molto meglio.
[…] che l’antifascismo, in Italia, è stato un fenomeno d’élite. Già qualche tempo fa facevamo notare come suonassero stonate e in fondo incomprensibili per l’Italiano medio gli appelli alla […]
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[…] punto è che l’antifascismo, in Italia, è stato un fenomeno d’élite. Già qualche tempo fa facevamo notare come suonassero stonate e in fondo incomprensibili per l’Italiano medio gli appelli alla […]