Roma, 19 feb – Verso un nuovo grillismo. «Toninelli ha detto che la fiducia che hanno dato a Draghi non è scontata. “Ogni giorno se la deve conquistare”. Cioè Draghi deve aspirare ad avere la fiducia di Toninelli». Lo scrive, su Twitter, Marco Castelnuovo, direttore dell’edizione torinese del Corriere della Sera. Insomma, uno di quelli che nel corso di questi anni hanno voluto insegnarci la Costituzione, ma a cui sembra essere sfuggito, per esempio, l’articolo 94 della medesima, quello in cui si dice che «il governo deve avere la fiducia delle due Camere». Sì, anche se il governo è presieduto da Mario Draghi. Sì, anche se nelle Camere è stata eletta gente come Danilo Toninelli.
I grillini e il killeraggio mediatico
Riflessioni come questa, del resto, si contano a centinaia, in questi giorni di ingresso nell’era Draghi, e non esprimono solo analfabetismo costituzionale. No, c’è di più. C’è quel disprezzo di casta che era stato a malapena represso per la durata del Conte bis, quando il giornalismo responsabile aveva deciso la tregua con i grillini per superiori ordini di scuderia e il Corriere della Sera stesso si era adoperato in una spericolata operazione di sdoganamento dei pentastellati. Caduti questi ultimi in disgrazia o giù di lì, le dighe al rancore giornalistico sono state abbassate e la fiumana ha tracimato dagli argini.
La vetta insuperata e forse insuperabile di questo killeraggio mediatico l’ha toccata, con poca sorpresa, Fabrizio Roncone che, sempre sul Corrierone, ha tracciato un ritratto da scemo del villaggio di Vito Crimi, pieno di roba simile: «Draghi e Crimi. Uno di fronte all’altro. Qualcuno scatti una foto». Il portavoce dei 5 stelle veniva ripetutamente chiamato «orsacchiotto», si notava come «Crimi ha preso anche qualche chilo», lo si definiva «populista, cattivello, minacciosetto» (Roncone, invece, è un pezzo di pane, lo si capisce subito). Si raccoglievano pettegolezzi sul suo primo matrimonio («una pacchianata»), e si chiudeva il tutto con questo: «Adesso scegli la cravatta giusta, Vito. E ricordati di chiedere una foto. Con Draghi, non ti ricapita».
Le basi per un nuovo grillismo
Ora, intendiamoci, i grillini meritano critiche radicali e feroci. Per la loro insipienza politica e per essere oggettivamente funzionali a meccanismi di spoliazione dello Stato, però, non per le ragioni lombrosiane in virtù delle quali l’autorevole quotidiano della buona borghesia italica vomita loro addosso cattiverie gratuite e maramaldesche. Il punto, però, non è solo relativo al galateo minimo del dibattito pubblico. È una questione schiettamente politica. Questo tipo di approccio al confronto politico non ha altro scopo che porre le basi per la rifioritura di un nuovo grillismo. Se uno fosse complottista, verrebbe quasi da pensare che ci abbiano studiato a tavolino: distillare periodicamente alte dosi di razzismo sociale per generare una reazione scomposta che dia luogo a una opposizione carnevalesca.
A cosa porterà il nuovo grillismo
La lotta dei «popoli contro le élite», formula con cui è stata riassunta la stagione sovranista, è stata per lo più un gioco delle parti: «competenti» odiosi e saccenti che insultavano la plebe, generando una risposta che, per reazione, era sempre più plebea, la quale a sua volta provocava nuova indignazione altezzosa e così via. Un meccanismo perverso in cui tout se tient, una formula da talk show. Stanno facendo di tutto – per riflesso pavloviano, intendiamoci, non per vera intelligenza cospirativa – per farci ricadere in questo circuito impazzito della spocchia che genera becerismo che a sua volta causa spocchia che di nuovo richiama il becerismo. No, grazie, abbiamo già dato. Il derby Stronzi vs Stupidi non ci appassiona più. Invadiamo il campo e diamo fuoco ai seggiolini.
Adriano Scianca