Roma, 18 feb – Il sì del Senato alla fiducia al governo Draghi è arrivato poco prima di mezzanotte: 262 voti a favore, 40 contrari e due astenuti. Numeri alla mano, l’esecutivo dell’ex presidente della Bce non ce l’ha fatta a superare quello “lacrime e sangue” di Mario Monti che il 17 novembre del 2011 ottenne la fiducia a Palazzo Madama da 281 senatori. A pesare sono i 15 no dei dissidenti del Movimento 5 Stelle. Dopo aver incassato la fiducia a Palazzo Madama, oggi il premier Mario Draghi bisserà alla Camera: dalle 9 alle 16 si terrà la discussione generale. Alle 18 si svolgerà la replica del premier, a cui seguiranno le dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi parlamentari. La votazione finale per appello nominale partirà dalle 20 circa.
Il discorso di Draghi al Senato
In mattinata Draghi aveva parlato in Senato per ottenere la fiducia: nel suo discorso di circa un’ora ha delineato il programma, tra piano vaccinale e Recovery plan. Tredici cartelle divise in 10 paragrafi, dallo stato del Paese in preda alla pandemia alle priorità per ripartire. Ma anche la parità di genere, il Mezzogiorno, gli investimenti pubblici. E poi soprattutto Next Generation Eu. Il succo del discorso del premier si può riassumere nei punti cardine su cui si basa l’azione di governo: la totale adesione ai diktat Ue sul fronte delle riforme obbligatorie per investire i soldi del Recovery plan secondo i parametri di Bruxelles. Quindi difesa dell’ambiente e transizione ecologica, irreversibilità della scelta dell’euro e cessione di sovranità nazionale. Un programma che non è esattamente ispirato dalle palesi priorità su cui intervenire in una economia devastata dalle restrizioni imposte dal governo giallofucsia per contrastare la pandemia.
Il voto di fiducia a mezzanotte, i no di FdI e dei dissidenti M5S
Poi, dopo gli interventi e la replica del premier, in tardissima serata il voto di fiducia. Nel M5S sono 15 che votano no, a cui vanno aggiunti 6 assenti che non rispondono alla chiama. A questi si aggiungono i 19 voti contrari di Fratelli d’Italia, unica formazione all’opposizione, e poi i no dal gruppo Misto di Alfonso Ciampolillo (che ha votato ancora una volta all’ultimo momento), Elena Fattori, Michele Gianrusso, Carlo Martelli, Paola Nugnes e Luigi Paragone. Cinque i senatori in congedo: Umberto Bossi, Giorgio Napolitano, Salvatore Sciascia, Liliana Segre e Orietta Vanin dei 5 Stelle. Otto gli assenti e di questi abbiamo detto sei sono del M5S. In missione invece Pier Ferdinando Casini, Eugenio Comincini di Iv e Francesco Castiello di M5S. Due infine gli astenuti: Tiziana Drago del Misto e Albert Laniece delle Autonomie.
Le dichiarazioni di voto dei partiti di maggioranza
Tra le dichiarazioni di voto si segnalano i 5 Stelle che avvertono il premier che il loro sì non sarà mai scontato, Italia Viva super entusiasta, con la Bellanova che ricalca il tripudio del suo leader Renzi. “E’ finalmente evidente a tutti perché un drappello di visionari riformisti ha avuto ragione indicando i limiti di un esecutivo che aveva nell’emergenza il suo unico motivo di esistenza”, afferma trionfante l’ex ministro delle Politiche agricole. Forza Italia si dice convinta dal discorso del premier e il Pd chiede di mettere da parte le divisioni.
Salvini dice sì alla cessione di sovranità nazionale
Menzione a parte infine merita l’intervento di Matteo Salvini. “La ringraziamo per avere riportato serietà in quest’aula, non vediamo Ciampolillo…”, è l’esordio ironico del leader della Lega. In verità il senatore “responsabile” per Conte, ormai totalmente inutile, si è palesato all’ultimo secondo scatenando le ire della presidente Casellati. Tornando a Salvini, per non essere da meno del premier – che invocato Cavour e il Papa -, cita De Gasperi, ovviamente in chiave europeista. “Diceva che la libertà occidentale va difesa ad ogni costo, siamo con lei in questa opera di difesa a prescindere da tutto”, afferma. Poi, con parole lontane anni luce dalle posizioni sovraniste di un tempo, Salvini dice che si può cedere “una quota di sovranità se è democratica l’entità cui si cede questa quota”. “Non penso – sostiene il leader della Lega – che i padri fondatori dell’Europa pensassero all’Europa dell’austerity e dei vincoli di bilancio. Se l’Europa sbaglia a ordinare i vaccini criticarla non è un diritto ma un dovere”. Sul fronte immigrazione infine Salvini elogia le parole di Draghi sui rimpatri. “L’Europa ci chiede di difendere i nostri confini che sono i confini dell’Europa”, conclude con una evidente forzatura.
La posizione del premier sul fronte dell’immigrazione
Proprio sulla questione sbarchi e rimpatri nel corso della discussione sulla fiducia al governo Draghi in Senato era stato fatto presente al premier di non aver approfondito. “Mi scuso se non ho affrontato il tema dell’immigrazione”, è la replica di Draghi. Secondo l’ex numero uno della Bce la questione potrà avere una sua risposta efficace solo se le istituzioni europee si assumeranno le loro responsabilità. C’è uno stallo politico – riconosce il premier – con la contrapposizione tra i Paesi più esposti ai flussi, come l’Italia, e quelli del Nord Europa che vogliono evitare movimenti secondari di migranti dallo Stato di primo ingresso. La linea su cui insistere per il premier è dunque quella della redistribuzione dei migranti pro quota. Staremo a vedere.
Adolfo Spezzaferro