Ferrara, 5 gen – “Case popolari: prima gli italiani“, è uno slogan spesso utilizzato da coalizioni politiche a scopo elettorale per poi essere messo nel cassetto una volta vinte le elezioni. Non è questo il caso di Ferrara dove, grazie al nuovo regolamento approvato nel marzo scorso, l’esito della nuova graduatoria per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica è stato sorprendente. A differenza del passato, quando i primi posti della graduatoria erano costantemente monopolizzati da extracomunitari, stavolta nelle prime 157 posizioni ci sono tutte persone di nazionalità italiana.
Case popolari agli italiani, esulta il sindaco di Ferrara
Esulta il sindaco leghista della città Alan Fabbri: “Abbiamo raggiunto un risultato rivoluzionario. Grazie all’introduzione della residenzialità storica abbiamo ristabilito una equità sociale che era stata cancellata dai finti buonismi delle amministrazioni Pd e abbiamo garantito il diritto alla casa alle famiglie che da più tempo risiedono nel nostro Comune che erano da anni penalizzate. Il criterio della residenzialità storica valorizza chi da più tempo abita nella nostra città, italiano o immigrato che sia, e chi lavora e vive Ferrara contribuendo alla sua crescita e al suo sviluppo assegnando un punteggio per ogni anno di vita a Ferrara”.
Ma “oltre a questo – precisa Fabbri – abbiamo valorizzato le giovani coppie e i nuclei monogenitoriali, compresi quelli separati con figli, andando incontro a quelle che sono le nuove e reali necessità della popolazione. Abbiamo messo in piedi una rivoluzione dolce che porta con sé un significato importante: la casa popolare non deve più essere considerata un servizio dedicato quasi esclusivamente alle famiglie immigrate, ma un servizio a disposizione di tutti, utile alle famiglie come momento di passaggio che sostiene le famiglie nella ricerca di una autonomia economica futura”.
Il “caso Ferrara”, un esempio da seguire
Oltre alle modifiche nei criteri di assegnazione, vi è stato anche un importante investimento da parte dell’amministrazione comunale nel campo dell’edilizia pubblica. “Abbiamo cercato di accogliere quante più domande possibile, investendo circa 320 mila euro di bilancio per recuperare alloggi vuoti” – afferma l’assessore comunale alle politiche abitative Cristina Coletti. Critiche da parte del Vescovo di Ferrara, Gian Carlo Perego, ex-direttore della Caritas Migrantes, secondo il quale “il nuovo bando non aiuta a costruire la città di domani che non potrà che vedere convivere persone di diversa provenienza”, e dal sindacato inquilini di sinistra Sunia. Il “caso Ferrara” insegna che è possibile rimettere i cittadini italiani al centro delle politiche di emergenza abitativa. La speranza è che anche altre amministrazioni locali abbandonino timori e inerzia e seguano l’esempio della città estense.
Lorenzo Berti
1 commento
ovvio che il vescovo critica:
vuole continuare ad amministrare la minestra,
cosi ce n’è di più per loro.
ci si dimentica sempre che la chiesa…
NON è dalla parte della gente,dovunque operi:
essa persegue i SUOI interessi,che non di rado collidono pesantemente con
la società dove svolge i suoi affari.
e l’interesse del clero qui in italia,è almeno trent’anni che si è rivolto solo all’islam,agli immigrati,ai rom e ai delinquenti:
cioè a quei settori che possono garantirgli un ritorno economico e di potere
(approfittando dell’industria della solidarietà e del politicamente corretto,
già imposti alla società da centinaia di anni di cattolicesimo)
destabilizzando in contemporanea il vero antagonista delle religioni,che sono gli stati nazionali e
e il governo laico.
ma gli anni passano…
la gente legge e si informa,
e il gioco diviene scoperto,così come
le conseguenze di queste politiche…
E PARLO ANCHE PER GLI STATI,infiltrati dall’interno dalle CELLULE CANCEROSE del politicamente corretto.
(sinistrati in genere,ma non solo)
quindi personalmente credo otterranno l’effetto contrario:
e presto arriverà l’onda di ritorno…di cui questa decisione del comune di ferrara sarà solo uno dei tanti effetti:
ma non l’unico…e nemmeno il peggiore:
per citarne solo uno,
dopo una cinquantennale tradizione familiare di solidarietà,
io e mio fratello abbiamo troncato di netto TUTTO ciò che facevamo nel sociale
(parliamo di migliaia di euro,in italia e all’estero…
e di centinaia di ore di volontariato all’anno)
per la manifesta impossibilità di controllare dove destinare i nostri aiuti,
e per il disgusto,di vedere che venivo mandato ad aiutare intere famiglie di immigrati nullafacenti e sussidiati
da comune e caritas,mentre i nostri pensionati con la minima dovevano decidere se pagare bollette
o il cibo.
e quando tutti coloro che adesso ancora si spendono nel sociale…
faranno i nostri stessi ragionamenti,cosa ne sarà
dell’italiano brava gente?