Roma, 3 mar – L’attentato avvenuto ieri a Vienna ha scosso l’Europa non soltanto per il drammatico bilancio di 4 morti e 17 feriti. Ci sono altri due elementi preoccupanti: per la prima volta il terrorismo jihadista ha colpito in Austria; a differenza degli ultimi attentati in Francia – per quanto la modalità dell’attacco non sia ancora del tutto chiara – è difficile sostenere la tesi del lupo solitario simpatizzante dell’Isis, nonostante avesse giurato fedeltà allo “Stato islamico”. In ogni caso, relativamente al primo suddetto elemento, qualcuno è corso a precisare: in realtà si tratta del secondo attentato compiuto dal terrorismo islamico a Vienna, visto che nel 1981 due persone vennero uccise proprio nella Seitenstettengasse, la strada presa di mira anche ieri sera e in cui si trova un’importante sinagoga. E’ assurdo però azzardare un collegamento tra i due attentati, perché dal primo sono passati quasi 40 anni e perché allora a colpire furono due palestinesi. Epoche e scenari sono dunque completamente diversi.
Vienna, centro della politica internazionale
Fondamentale è capire quindi come mai è stata colpita Vienna adesso. Le ipotesi degli analisti e degli esperti di terrorismo internazionale si sprecano. Una di queste, ad esempio, verte sulla presunta neutralità austriaca in politica estera. O per meglio dire sul ruolo sopra le parti svolto dall’Austria negli ultimi anni, considerato che Vienna è sede dell’Opec (l’Organizzazione dei Paesi produttori di petrolio) nonché dell’Osce (l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) e dell’Aiea, l’agenzia atomica dell’Onu. Vienna è insomma centro nevralgico neutrale e al contempo strategico della politica internazionale, per questo secondo alcuni osservatori viene presa di mira.
Scontro diplomatico
Nulla può essere escluso in questi casi, ma a nostro avviso è necessario guardare altrove per trovare la causa degli attacchi di ieri. E questo altrove si chiama Turchia. In quest’ottica tutto ha inizio il 24 giugno scorso, quando a Vienna vi furono dei pesanti scontri tra manifestanti curdi e turchi. Un episodio apparentemente di poco conto e che invece scatenò uno scontro diplomatico tra Austria e Turchia.
Il 28 giugno il governo di Ankara, convinto che la manifestazione curda fosse stata organizzata da gruppi legati al Pkk, se ne uscì così: “L’ambasciatore austriaco ad Ankara sarà invitato al Ministero e informato della nostra preoccupazione”. Erdogan accusò inoltre le forze di sicurezza austriache di aver usato un metodo “troppo duro” contro i manifestanti turchi. Il 29 giugno, il ministero degli Esteri austriaco, replicò secco: “Il ministro degli Esteri Alexander Schallenberg ha espresso all’ambasciatore turco la chiara aspettativa che egli contribuisca alla riduzione dell’escalation anziché versare benzina sul fuoco”. Anche in questo caso potremmo parlare di una vicenda tutto sommato trascurabile, ovvero di una classica schermaglia diplomatica destinata ad arginarsi in breve tempo.
Le rivelazioni di un ex 007
Da allora però i rapporti tra Vienna e Ankara non sono affatto migliorati, anzi. Nei mesi successivi un dipendente in pensione dell’Agenzia nazionale per le informazioni (Mit), cioè i servizi segreti della Turchia, rivelò di essere stato contattato per pianificare diversi attentati in Austria. Chi lo aveva contattato? Come riportato dal quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung, l’ex 007 turco disse all’intelligence austriaca di essere stato ingaggiato da “un contatto a Belgrado” per compiere un attentato contro la politologa di origine curda Aygul Berivan Aslan. Poi però lo stesso ex agente segreto turco rivelò che avrebbe dovuto colpire anche altre persone, tra cui Peter Pilz, già deputato austriaco. Perché proprio loro due? Perché entrambi avevano denunciato l’attività delle reti di spionaggio di Ankara in Austria. Il governo turco ha sempre negato queste accuse, ma dopo le confessioni dell’ex 007 del Mit, l’intelligence austriaca iniziò a indagare sulla rete di spionaggio turca.
La spia turca
Lo scorso 2 settembre il ministro dell’Interno austriaco, Karl Nehammer, annunciò l’arresto di un uomo che aveva confessato di essere una spia turca. Di più, “l’uomo arrestato ha confessato che l’intelligence della Turchia l’ha assunto per spiare i cittadini turchi e austriaci per conto dei servizi segreti del paese asiatico“, disse Nehammer. Ora, è doveroso precisare che tutto questo può non essere correlato agli attacchi di ieri, siamo senza alcun dubbio sul piano delle ipotesi. Ma se pensiamo pure ai recenti strali di Erdogan contro l’Europa, se non altro possiamo dire con certezza che il clima di tensione innescato ha contribuito a creare un terreno fertile per la propaganda dei fanatici jihadisti, che se non hanno ricevuto “chiamate dirette” alle armi quantomeno hanno pensato bene di cogliere l’attimo per imbracciare il mitra.
Eugenio Palazzini