Roma, 18 lug – Testimonia Utrera Molina, esponente di punta della Rivoluzione conservatrice spagnola e del Franchismo ortodosso, che di fronte alla sovversione del ’68, vista immediatamente dagli ideologi del Movimiento Nacional come sintesi del neomarxismo e del peggior americanismo, il generalìsimo Franco identificò nella rivoluzione legale mondiale guidata dal “Socialismo nichilista” la ideocrazia di base di europeismo e occidentalismo. La Spagna falangista, guidata secondo Preston dalla Destra “catastrofista” sino al 1975, avrebbe dovuto ergersi ad avanguardia politica e culturale della nuova Crociata dell’anti-’68 e dell’anticatastrofismo, in continuità storica con l’Alziamento del 18 Luglio ’36. Tali tesi sono sorprendentemente simili a quelle teorizzate da Schmitt in quegli anni.
Schmitt e la Spagna franchista
Di recente in Spagna, almeno quattro ricerche, oltre a numerosissimi articoli, hanno cercato di fare luce sui rapporti tra Schmitt e il franchismo. L’attrazione schmittiana per la cultura filosofica spagnola (Francisco de Victoria), per quella politica (Donoso Cortes) e per quella artistica (Siglo de Oro) è nota. Quella per il Governo Nazionale (sorto dopo il colpo di stato del 18 luglio 1936) molto meno.
Del resto sarebbe stato sufficiente leggere le pur episodiche annotazioni del Glossario o la corrispondenza con Fraga Iribarne per comprendere il significato metafisico riservato dal giurista alla Spagna falangista tradizionalista: dall’ammirazione per il modo con cui Franco realizza una pragmatica “ragion di stato sovrana”, soprattutto nella relazione bilaterale diretta con gli Stati Uniti, rifiutando a differenza di Salazar l’ingresso nella Nato, non concedendo agli statunitensi le basi per incursioni anti-arabe, all’ipotesi che lo statista di Madrid fosse veramente la “sentinella d’Occidente” contronichilista o il κατέχον propagandati dalla retorica del Movimiento.
Carl Schmitt visitò non a caso innumerevoli volte la Spagna franchista e stabilì strette relazioni con l’élite di destra catastrofista, al punto da esserne divenuto secondo diverse fonti accreditato consigliere. Rimangono a disposizione dello studioso le preziose conferenze spagnole sulla teoria del partigiano, pubblicate in Italia da Adelphi, o quelle sulla “rivoluzione legale mondiale” del socialismo nichilista tecnocratico globalista.
La “terza via” falangista
Proprio riferendosi alla teoria schmittiana del partigiano, nell’agosto del ’64 Franco si smarca dal fornire aiuto militare agli americani sul fronte vietnamita, esplicitamente richiestogli dal presidente Johnson. La politica estera dello Stato falangista fu chiaramente sovranista: per Seregni essa fu, non tanto dogmaticamente antistatunitense, quanto antiamericanista sul piano ideocratico e un diplomatico notoriamente antifranchista come Ludovico Incisa di Camerana precisò negli anni ’70 che senza l’ispirazione di Franco non vi sarebbero stati esperimenti terzaforzisti contro Yalta quali peronismo, falangismo boliviano, nasserismo, nazionalismo algerino, nazionalismo rivoluzionario peruviano di Velasco Alvarado.
La politica sociale dello Stato falangista, messa in rilievo da una serie di eccellenti studi di Torres Garcìa, fu assolutamente all’avanguardia sia sul piano sanitario che su quello pensionistico al punto che vari storici di sinistra hanno dovuto riconoscere la sorprendente riduzione delle distanze tradottasi in armonia sociale, evento mai verificatosi con tale forza nella storia spagnola.
La prima “Rivoluzione colorata” della storia
Il generale Franco, lo statista più schmittiano del ‘900, avendo con il suo spirito galiziano ben sintetizzato decisionismo metafisico e realismo politico, si mostrò però poco schmittiano nei momenti finali. Secondo un pensiero comune all’odierno conservatorismo spagnolo, la Spagna fu vittima della prima “Rivoluzione colorata” della storia e per la prima volta nella sua vita Franco non seppe fronteggiare il nemico, quella famosa “cospirazione nichilista di Sinistra” che fu un suo leitmotiv.
E’ ormai certo che il drammatico assassinio di Luis Carrero Blanco (Operaciòn Ogro), numero due del generalìsimo e anima centrale della transizione neofranchista quale monarchia populista e contronichilista, che non avrebbe affatto contemplato l’ingresso nell’europeistica Cee o nella Nato, fu pianificato da Kissinger e dalla egemone corrente di sinistra di Cia e MI6. Il motivo era da vedersi nel fatto che il modernizzatore carrero Blanco stava conducendo, evidentemente senza il consenso di Usa e Urss, la “fortezza Spagna” all’ingresso di forza tra le potenze nucleari, come testimonia con precisione storiografica Pilar Urbano. Attentati e violenze anarchico-marxiste che si susseguirono, con sinistra continuità, furono abilmente progettate nelle ambasciate straniere (in particolare in quella sovietica e americana) o nelle segrete stanze di potenti cardinali progressisti, il loro fine fu quello di annientare la “democrazia organica”.
Furono necessari anni, ai rivoluzionari della Nato e del “cattocomunismo”, prima di aver definitivamente ragione di falangisti e conservatori del “bunker” franchista. Ma alla fine vinsero. Sebbene nel 1975, quasi totalmente il popolo di Spagna fosse su tutta la linea con gli ortodossi franchisti del “bunker”, si ricorderà del resto come Madrid avesse accolto pochi anni prima Donna Rachele Mussolini o si ricorderà la partecipazione commossa di quasi tutta la popolazione alle esequie del Caudillo, una minoranza terroristica con l’appoggio delle due superpotenze dell’epoca e del superstato globalista si riuscì ad imporre. Furono i rivoluzionari colorati, con il sangue ed il terrore, a imporre ai conservatori e ai falangisti lo “stato d’eccezione” teorizzato in epoca moderna da Schmitt, non il “bunker” franchista ortodosso. In pochissimo tempo, la Spagna avrebbe buttato al vento quel tesoro di conservatorismo costruito in decenni di disciplina, patriottismo, democrazia plebiscitaria organica al punto da essere all’ordine del giorno la sua totale estinzione come comunità storica e naturale Spagnola.
La Spagna è oggi irriconoscibile, ha detto Benedetto XVI a colloquio con Jorge Fernàndez Diàz: la storia dello zapaterismo è proprio la storia del “socialismo nichilista” egemone con il suo annientamento scientifico di moralità, spiritualità e tradizione. Per questa sostanza conservativa rivoluzionaria che contraddistinse il falangismo tradizionalista, ben oltre il nazionalcattolicesimo reazionario, Carl Schmitt opponeva la banalità del bene e la moralità del bene dello Stato Franchista alla banalità del male di Hannah Arendt: “La Spagna falangista, con la sua battaglia solitaria contro il nichilismo, è l’esempio più alto per l’Occidente. La Spagna non è indietro, è all’avanguardia… E’ il caso di dire caro camerata: Arriba España!”.
Mikhail Rakosi
6 comments
Bellissimo articolo, ben dettagliato e articolato con coerenza e anche molto attuale.
Complimenti
Arriba Espana
Meno male che c’è qualcuno che sa scrivere così !! Può salvare anche taluni cervelli rivolti verso l’ ammasso…
Menuda diarrea mental tienes.
[…] movimento culturale conservativo rivoluzionario, viveva prima di Mussolini e vivrà dopo di lui. Il franchismo spagnolo fu una rivoluzione nazionale basata sul Mito, realmente controilluministica e antiscientista, il Caudillo fu uno statista fascista come Petain e […]
[…] fu pure quello di Carl Schmitt, in fondo, per il quale tanto il fascismo italiano quanto il falangismo tradizionalista spagnolo si caratterizzarono come le rivoluzioni conservatrici del ‘900. Nolte stesso non fu esente da […]
[…] fu pure quello di Carl Schmitt, in fondo, per il quale tanto il fascismo italiano quanto il falangismo tradizionalista spagnolo si caratterizzarono come le rivoluzioni conservatrici del ‘900. Nolte stesso non fu esente da […]