Roma, 14 giu – Una e dieci del 12 giugno 1961. Il primo bagliore, il primo fragore. Bolzano piombò nell’oscurità più profonda. Poi ancora e ancora, dalle pendici dei monti e dei colli bolzanesi barbagli scintillanti annunciarono il trionfo della violenza sulla ragione. Dalla valle Aurina al Burgraviato, dalla val Venosta alla Bassa Atesina, l’odio etnico ammorbò di sé le contrade altoatesine. A Salorno, il nero angelo del tritolo ghermì la prima anima innocente, abbandonandone, a brandelli, il corpo straziato su di un asfalto che si tingeva di rosso: Giovanni Postal. Il capoluogo piombò nel buio e centinaia di persone si riversarono impaurite e sgomente sulle strade della città. Le tenebre furono ripetutamente violate solo dai funesti fulgori delle deflagrazioni, che imbrattarono il cielo bolzanino con affreschi apocalittici.
Giovanni Postal: la prima vittima della Notte dei Fuochi
Per molti sembrò di tornare indietro nel tempo, quando, meno di vent’anni prima, il capoluogo altoatesino aveva subito i violenti bombardamenti angloamericani.
Alcuni attentati avrebbero potuto procurare un bagno di sangue. Ma dove né il Fato né la Fortuna vollero intervenire per salvare una vita umana, fu nei pressi di Salorno, lungo la strada statale a cavallo delle due province del Trentino-Alto Adige, dove trovò la morte il lavoratore dell’Anas Giovanni Postal. Gli infami collocarono la carica alla base di un enorme pioppo alto 12 metri che faceva bella mostra di sé sull’arteria automobilistica, che da Trento conduce verso il Brennero.
La bomba aveva due sistemi d’innesco: uno a orologeria e il secondo a strappo. Se non fosse esplosa mediante il congegno a tempo o qualcuno l’avesse scoperta prima dell’ora stabilita e tentato di asportarla, la micidiale trappola avrebbe in ogni caso falcidiato le sue vittime. L’intenzione era dunque quella di uccidere: non l’innocente cantoniere, ma alcuni agenti di polizia. Infatti, proprio sotto quella pianta era solita sostare nel corso del servizio notturno una camionetta della Pubblica Sicurezza.
La sveglia fece cilecca e i poliziotti non si accorsero della presenza della dinamite. La rinvenne invece Giovanni Postal, cantoniere dell’Anas di 67 anni, sposato e padre di tre figli, abitante a Grumo, sobborgo di San Michele all’Adige. Non era la prima volta che Postal s’imbatteva in un ordigno esplosivo. Infatti, quasi tre mesi prima, nella notte del 27 marzo, i terroristi, per celebrare il centesimo anniversario della proclamazione di Roma capitale d’Italia, compirono una serie di attentati. Tra i quali uno simile, in cui piazzarono una bomba su di un albero nei pressi di una baracca dell’Anas, sulla facciata della quale scrissero «Hier ist Südtirol». Giovanni Postal notò l’ordigno, vi si avvicinò e lo maneggiò, ma quella volta non successe niente perché la miccia era stata collocata male e si spense prima di provocare lo scoppio.
Il mattino del 12 giugno 1961 intorno alle 9.30, il cantoniere, provenendo da Salorno dove aveva appena eseguito un’ispezione, stava pedalando sulla statale dirigendosi verso una baracca dell’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade. A un certo punto fu attirato da un non so che non andava, forse c’era qualcosa che bruciacchiava lì, attaccato all’albero. Come due mesi prima frenò, appoggiò la bicicletta a un pioppo lungo il ciglio destro della strada e attraversò. Pochi passi verso una terribile morte. Probabilmente fece appena in tempo a notare un involucro, nel quale friggeva qualcosa e da cui usciva un fioco fumo bianco. Come la volta precedente, si avvicinò al tronco e scorse una bomba. Come nella passata circostanza tentò di asportare il pacchetto, ma quel giorno non potette più riderci sopra con i giornalisti. Un attimo dopo, la tremenda esplosione. Giovanni Postal fu scagliato al centro della strada mentre l’albero crollò sul selciato, e sull’asfalto iniziò a estendersi una gigantesca macchia rossa. Il primo automobilista in transito, fermatosi perché già in lontananza si era accorto del pioppo abbattuto, lo vide lì a terra sfigurato, privo delle estremità delle braccia e con il corpo tutto bruciato dalle ustioni.
Eriprando della Torre di Valsassina